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Per il pesce è l’ora della tracciabilità: le guide per non sbagliare

La filiera del pesce è lunga e le frodi sono frequenti, per questo monitorare i prodotti è fondamentale. Le norme europee e italiane si sono moltiplicate ma orientarsi non è semplice. GS1 Italy ha messo a punto due documenti per andare a colpo sicuro nello scambio di informazioni con i partner commerciali

Il pangasio che viene spacciato per merluzzo. Le crocchette di pesce realizzate con pelle e lische invece del filetto. I pesci surgelati venduti come freschi. I dubbi sul trattamento del pesce crudo usato nel sushi delle migliaia di ristoranti giapponesi proliferati in pochi anni. Ce n’è abbastanza perché i consumatori diventino sempre più esigenti, e diffidenti, in materia di tracciabilità del pesce. Per dare risposta a queste richieste sono intervenuti negli ultimi anni provvedimenti sia in campo europeo che nazionale. Non sono pochi e ci si può fare un’idea della complessità della normativa da questa figura che peraltro non vuol essere esaustiva.

I riferimenti normativi per il settore ittico

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A mettere ordine, a beneficio degli operatori del settore che si devono destreggiare tra le nuove norme, ci hanno pensato due documenti elaborati dal gruppo di lavoro organizzato da GS1 Italy e relativi al settore ittico: la “Linea guida soluzioni standard GS1” e la “Soluzione condivisa raccomandata”. Come nel caso degli analoghi vademecum nel settore della carne, le indicazioni hanno riguardato quattro tipologie di scambio di informazioni. In primo luogo ci sono le etichette fisiche, che contengono informazioni sia in chiaro sia attraverso i codici a barre. Sono destinate agli operatori della filiera e ai consumatori finali, con livelli di complessità diversi. Il mondo delle etichette fisiche che utilizzano i codici a barre va sotto la sigla di AIDC (Automatic Identification and Data Capture). Ci sono quelle più semplici, con codici a barre EAN-13, e quelle più complete, che utilizzano il GS1 DataBar per l’unità consumatore e il GS1-128 per imballi ed unità logistiche.

Allo scambio di informazioni su supporto fisico si affianca sempre più spesso quello per via elettronica, attraverso i codici EDI (Electronic data Interchange). Ma l’avanzare delle esigenze di tracciabilità e di condivisione di dati di alta qualità ha fatto predisporre altri due strumenti: l’allineamento delle informazioni descrittive di prodotto – GS1 GDSN® (Global Data Synchronisation Network); e lo scambio di informazioni in tempo reale – EPCIS (Electronic Product Code Information Services). L’ultima della lista è una modalità di scambio relativamente poco utilizzata ma di grande utilità, perché permette di seguire come si muove un oggetto lungo tutta la filiera. In ogni passaggio dà la risposta a una serie di domande specifiche che servono per avere visibilità sul prodotto: cosa, dove, quando e perfino perché.

Rilevazione evento tramite EPCIS

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La filiera del pesce, d’altra parte, è tutt’altro che semplice, e le informazioni da registrare sono diverse a seconda dei percorsi seguiti, a partire dalla fonte: pesca o acquacoltura. Ci sono poi i diversi processi di trattamento e le varie modalità di conservazione. Anche in questo caso, una rappresentazione grafica arriva in aiuto:

La filiera del settore ittico

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Le informazioni sulle etichette, sempre di più, danno moltissime informazioni. In quelle destinate ai consumatori è per esempio obbligatorio indicare la zona geografica di cattura o di allevamento, il metodo di produzione (se il prodotto è pescato in mare, pescato in acque dolci o allevato) e perfino la categoria di attrezzi da pesca usati nella cattura. Altre informazioni sono invece facoltative. È possibile infatti indicare lo Stato di bandiera del peschereccio, le informazioni ambientali e quelle etico/sociali. In alcuni casi, come quello del tonno (la cui pesca è stata oggetto di inchieste in diverse occasioni) le informazioni aggiuntive finiscono per essere cercate con attenzione dai consumatori.