gs1 sostenibilità

Il digitale per la sostenibilità e la sostenibilità per il digitale

Perché l'economia circolare trae vantaggio dagli standard sui dati dei prodotti

L'idea che ai prodotti debba corrispondere un passaporto digitale non è nuova e sicuramente non lo è in GS1.

Il passaporto digitale proposto dall’Unione europea contribuirà alla circolarità, alla trasformazione digitale e infine anche alla riconciliazione dei dati di sicurezza per i consumatori. Sono essenziali anche le questioni etiche e di trasparenza della supply chain legate ai contenuti del passaporto dei prodotti. Il passaporto dei prodotti, inoltre, è rilasciato in base a requisiti stabiliti per legge e non come un accordo volontario tra imprese basato sulle esigenze dei consumatori. In questo caso le istituzioni svolgono un ruolo innovativo molto importante in Europa, con un impatto sulla comunità globale.

Da  Bruxelles e per la prima volta negli ultimi 25 anni, noto anche con un certo entusiasmo,  che il Green Deal europeo riconosce la natura intersettoriale della sfida climatica e impone una visione circolare nei diversi campi politici, e nelle varie strategie settoriali.

Gli obiettivi del Green Deal si trasformano in azioni davvero più concrete, come ad esempio:

Tutte queste politiche e normative sono essenziali per raggiungere l'obiettivo di zero emissioni di CO2 nel 2050, ma l'Iniziativa per i prodotti sostenibili, pubblicata nel primo trimestre del 2022, costituisce  la pietra miliare dell'impegno dell'Unione europea nell'economia circolare. L'iniziativa avanza proposte di revisione della Direttiva sulla Ecoprogettazione (Directive 2009/125/EC) e altre misure per rendere i prodotti sostenibili non più l’eccezione ma la norma sul mercato europeo. Inoltre, introdurrà una struttura di dati intersettoriali per i passaporti digitali dei prodotti.

Ci si può chiedere perché il passaporto digitale di prodotto sia sancito tramite regolamento e condividere l'idea che, siccome "i consumatori richiedono la progettazione di prodotti sostenibili", sia opportuno adottare un approccio legislativo integrato con una progettazione ecocompatibile che soddisfi i requisiti ecologici dei “nuovi” consumatori.

La Commissione europea stima che l'80% dell'impatto ambientale dei prodotti risalga alla fase di progettazione e per questo il passaporto digitale del prodotto indicherà, quando tutte le leggi saranno adottate, i dati di provenienza delle materie prime e le emissioni di CO2 del prodotto. Inoltre, dovranno essere inclusi importanti fattori di impegno e trasparenza lungo le filiere come l'assenza di lavoro minorile e i sistemi di certificazione. Il Regolamento sulle batterie sostenibili, pubblicato nel 2020, rappresenta il primo esempio di legislazione settoriale sul concetto di passaporto digitale di prodotto, in anticipo sul regolamento per i prodotti sostenibili.

Come nel caso delle batterie, è importante sottolineare che il passaporto di prodotto non contribuirà solo genericamente alla digitalizzazione e alla circolarità. Saranno infatti richieste norme sui dati di prodotto e specifiche tecniche, tra cui la Green Taxonomy in fase di sviluppo, l’elenco delle sostanze chimiche rapportate al codice di identificazione del prodotto finito, dati esatti sull'ubicazione, serializzazione di massa (per alcune categorie di prodotti), identificazione dei componenti dell'imballaggio, eventi aggiuntivi di tracciabilità, ecc. È chiaro che nell’Unione europea la digitalizzazione sta diventando il motore della transizione ecologica. Ritengo che siano necessarie anche norme in materia di ICT (Information and Communication Technologies) sostenibili che possano agevolare la digitalizzazione ecologica. La circolarità non può e non deve avere come conseguenza indesiderata una maggiore generazione di CO2 per via delle soluzioni digitali adottate rispetto alle emissioni risparmiate.

A che punto siamo oggi

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Diversi governi nel mondo stanno adottando misure per raccogliere dati sui prodotti per varie finalità. Nel caso della UE, il passaporto digitale di prodotto dovrebbe far progredire la digitalizzazione e agevolare la circolarità verso l'obiettivo del 2050 di zero emissioni di CO2. Infatti, la digitalizzazione è riconosciuta come un acceleratore dell'economia circolare e stanno emergendo diverse soluzioni digitali, seppur ancora frammentate a causa di diversi fattori: la complessità della transizione da un modello economico lineare a uno circolare o il fatto che finora le politiche europee sono state adottate separatamente senza una visione  che agevoli il collegamento cross-settoriale tra digitale ed ecologico.

È importante sottolineare che le aziende hanno a lungo cercato di trasformare la supply chain investendo sul digitale, l’ecologico e il sostenibile ma che non hanno sempre trovato riscontro   dai consumatori. Non esistendo al momento criteri orizzontali comuni di sostenibilità in ambito europeo, la maggior parte della normativa specifica di settore e prodotto si è sviluppata separatamente, con conseguenti incoerenze tra i settori.

Un altro esempio è la rivoluzione del gemello digitale: non è ancora del tutto completata, mentre nel contempo ci si aspetta che i consumatori abbiano pieno accesso ai dati di sostenibilità dei prodotti con un solo clic e che siano in grado di prendere decisioni basate su fonti dati affidabili. Non si possono rendere i prodotti pienamente sostenibili se i dati prodotto non corrispondono pienamente agli stessi prodotti.

Per affrontare queste sfide, l'Unione europea sta delineando diversi finanziamenti (non sono solo belle parole!) tra cui:

Tutti questi piani, abbinati al bilancio a lungo termine dell'Unione europea, rappresentano il più grande progetto della storia europea, che contribuirà a ricostruire "un'Europa più verde, più digitale e più resiliente" dopo la pandemia da Covid-19.

Il futuro

Storicamente, la supply chain si è evoluta e integrata intorno a un sistema di economia lineare. Il paradigma "take-make-use-disposal" (prendi, produci, usa e getta) dell'economia lineare permette di identificare le dipendenze tra gli operatori economici, che possono instaurare collaborazioni con accordi a lungo termine. Tuttavia, il modello presenta dei limiti ben evidenti ed oggi possiamo sostenere che dovrebbero essere i dati dei prodotti e la digitalizzazione a guidare la supply chain circolare.

I dati strutturati che costituiscono la base dei passaporti digitali dei prodotti, come ad esempio le emissioni di CO2 calcolate per prodotto, dovranno essere condivisi attraverso le catene di valore: significa che l'interoperabilità e la portabilità dei dati diventano essenziali e non solo qualcosa di aggiuntivo. La nuova legge europea sui dati (EU Data Act) sarà fondamentale in questo dibattito, visto che mira a introdurre condizioni generali affinché i consumatori e le imprese possano accedere "in modo equo, trasparente e non discriminatorio" ai dati disponibili quando consumano un prodotto o usufruiscono di un servizio.

Un'altra tessera del puzzle, quando si parla di digitalizzazione, vendita al dettaglio, dati dei prodotti e sicurezza è il Digital Services Act che richiede alle piattaforme online di identificare con precisione gli operatori economici attivi sulle stesse piattaforme per essere in grado di fornire alle autorità competenti i dati sulla sicurezza dei prodotti venduti online  Ciò implica di dover riconciliare luoghi, entità e dati dei prodotti in un beep.

Se ne può concludere che non è mai stato così chiaro che l'identificazione univoca di prodotti, attori, luoghi ma anche di standard aperti per l’identificazione e la condivisione dei dati siano essenziali per consentire alle aziende di effettuare investimenti solidi per la digitalizzazione, la circolarità e l'osservanza delle nuove regole UE per l’economia digitale.

Dall’altra parte, è a disposizione “il 2D”, una nuova generazione di codici a barre bidimensionali che possono contenere maggiori informazioni, e lo scambio dei complessi dati ecologici ed etici richiesti dall’UE oltre ai normali dati prodotto e alle informazioni di tracciabilità. Per questo motivo in Europa occorre sostenere la migrazione verso i codici a barre 2D per prevenire e ridurre al minimo i cambiamenti che le aziende dovranno affrontare quando entrerà in vigore il passaporto digitale dei prodotti. Per le batterie dei veicoli elettrici, il passaporto digitale è già in vigore e deve essere attuato entro il 2026.

È anche sempre più evidente che investire in soluzioni digitali “chiuse” e strutturate sulla base di linguaggi e caratteristiche proprietarie condivisibili solo con alcuni attori e solo a certe condizioni economiche non contribuirà a soddisfare i nuovi requisiti UE e presto potrebbe anzi richiedere ingenti investimenti volti a dover ri-aprire sistemi nati chiusi.

Per la stessa ragione, iniziative congiunte tra retailer, produttori, operatori logistici ed ecologici volte a sostenere “l'empowerment green” dei consumatori introdurranno vantaggi tanto per la circolarità quanto per la digitalizzazione e, in definitiva, svolgeranno un ruolo fondamentale in questa fase di transizione verso gli obiettivi del 2030 e 2050.

Da Bruxelles appare chiaro che l’interoperabilità dei dati, la loro portabilità attraverso diversi ecosistemi digitali e l’accessibilità agli stessi da parte di tutti gli attori coinvolti e dal consumatore, attraverso il nuovo passaporto, dovranno usufruire degli standard globali e aperti già utilizzati dalle aziende. In questo modo, si potranno raggiungere negli stretti tempi previsti, tutti i settori coinvolti e le quantità di dati richiesti per legge, per rendere l’economia europea sostenibile e digitalizzata.

La circolarità e la digitalizzazione non sono solo una moda, sono destinate a restare per agevolare i cambiamenti che tutti noi auspichiamo.

*A cura di Francesca Poggiali, chief public policy officer Europa di GS1 Europe
Tratto da “A Global Review of Circular Economy Case Studies from the Retail & CPG Sector