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A rischio la sostenibilità economica delle imprese del largo consumo

La barriera contro la tenuta dei prezzi sugli scaffali sta per sgretolarsi perché la sostenibilità economica delle imprese è ormai alle corde. Da rivedere le relazioni Industria-Distribuzione mettendo in campo tutti gli strumenti per il recupero di efficienza. Il ruolo della logistica

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Il tempo a disposizione sta per scadere. La doppia emergenza, del Coronavirus prima e ora della guerra tra Russia e Ucraina, sta mettendo in seria crisi il sistema delle imprese del largo consumo e fa emergere le inefficienze della filiera, nonché la mancanza di visione a medio lungo termine della politica industriale ed energetica del nostro paese che, in realtà, affonda le radici nei decenni precedenti. «Tra queste la scelta di non diversificare le fonti di energia primarie, il tempo perso sulle rinnovabili che rende difficile raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni e di aumento dell’uso di energie rinnovabili fissati per il 2030 dall’Unione europea», afferma Nicola Monti, amministratore delegato di Edison, intervenendo al convegno “Energie e sinergie per la filiera” organizzato da IBC - Associazione Industrie Beni di Consumo.

Così ora la penuria e i rincari delle materie prime, i costi dell’energia e le difficoltà della catena logistica stanno creando difficoltà a tutta la filiera agroalimentare (e non solo).

Allora il messaggio arriva forte e chiaro: «L’inflazione su tutti i fattori della produzione è ormai al 16% – afferma Alessandro D’Este, presidente di IBC e di Ferrero Commerciale – ed è giunto il tempo, pena la sopravvivenza del sistema produttivo, di trasferirla al mercato. Mi rendo conto che i consumatori hanno interesse a trovare prezzi bassi e che i lavoratori hanno interesse a mantenere il posto di lavoro. Ma le imprese devono assicurare la loro continuità. Senza sostenibilità economica delle aziende non c’è quella dei lavoratori, delle famiglie e dei consumatori. È chiaro che dobbiamo avere la capacità di spiegare sia al trade sia ai consumatori che non si tratta di speculazione, ma di sopravvivenza, fatto salvo il valore in termini di qualità dei nostri prodotti».

Sospendere l’Iva

Come fare a trasferire il rialzo dei costi ai consumatori senza creare danno sociale, si chiede Marco Pedroni, presidente di ADM - Associazione distribuzione moderna, e di Coop, in un settore, quello della Distribuzione, dove è molto forte la competizione orizzontale? «Da un lato, infatti, le famiglie stanno tirando il freno a mano sui consumi cambiando il mix degli acquisti: più marca del distributore, meno prodotti di marca, più discount. Dall’altro non è un mistero che la redditività della Distribuzione sia intorno all’1%. Fino a oggi l’Industria ha trasferito gli aumenti alla Distribuzione, la quale non li ha riversati, se non in misura ridotta, al consumo (l’inflazione media sullo scaffale è di circa il 3%)». Per questo la richiesta congiunta di Industria e Distribuzione al governo è di un maggiore coraggio sul cuneo fiscale e per la sospensione almeno temporanea dell’Iva sui prodotti di largo consumo. Accanto a queste richieste, anche il calmieramento del costo dell’energia e la stabilizzazione dei prezzi dei carburanti per autotrasporto.

In questa situazione vengono a galla tutte le criticità che contraddistinguono la filiera. A partire dalla logistica. «A causa del nanismo delle imprese e conseguentemente con un Ebitda (Earnings Before Interests Taxes Depreciation and Amortization - margine operativo lordo) prossimo al 3%, il settore non è in grado di assorbire i costi». È Renzo Sartori, presidente di Number 1 Logistics Group, ad aprire il “cahier de doléances”:

  • I costi dell’energia sono triplicati.
  •  I costi dei carburanti sono fuori controllo.
  •  I costi dei pallet passati da 8 euro nel 2019 a 25 euro oggi
  • Il costo del lavoro ha subito un incremento del +6%.
  •  In Italia mancano circa 20 mila autisti.

«In definitiva nel sistema paese la logistica non è strategica e presto non avremo più una logistica nazionale», chiarisce Sartori.

I punti deboli del sistema Industria-Distribuzione sono noti da tempo, ma raramente le tensioni sono state così palpabili e si è avvertito il riconoscimento da parte industriale che «i bassi profitti della Distribuzione sono un problema», come afferma D’Este, perché «non possiamo essere economicamente sostenibili se non abbiamo clienti sostenibili», individuando la causa della potenziale crisi del sistema distributivo negli «eccessivi costi di struttura con 350 punti di consegna sul territorio (in Germania sono 70, ma il mercato vale il doppio) e con la presenza di tanti punti vendita marginali. Dobbiamo finalmente cominciare a mettere sul tavolo di discussione i temi dell’efficienza di filiera».

Gli fa eco Pedroni: «Il tavolo che facilita i rapporti tra Industria e Distribuzione c’è e si chiama GS1 Italy. Dobbiamo rafforzarlo se vogliamo migliorare l’efficienza del sistema». Naturalmente la logistica svolge un ruolo primario in questa direzione:

  • Sincronizzazione delle consegne.
  • Evitare le soste intermedie.
  • Programmazione.
  • Digitalizzazione.

Sono tutti terreni sui quali GS1 Italy si è esercitata nel corso degli anni con soluzioni e strumenti già a disposizione delle aziende.

Un monito che è tanto più necessario quanto più il contesto è cambiato. È ormai chiaro alla gran parte degli osservatori che siamo di fronte a eventi che cambiano la storia, il panorama geopolitico, gli equilibri economici.

La fine della globalizzazione

«La globalizzazione come l’abbiamo conosciuta negli ultimi decenni possiamo considerarla finita – spiega Alessandra Lanza, senior partner di Prometeia – e dobbiamo attenderci per i prossimi vent’anni un’accentuazione dei confini regionali». Il conflitto ha marcati impatti diretti e indiretti su materie prime, commercio internazionale e sui tassi: disponibilità e prezzi, rallentamento del commercio globale, tassi in rialzo e costi in aumento a comprimere non solo i margini ma anche gli investimenti sono i più evidenti. «Ma se non investiamo – sottolinea Lanza – ci sarà un ulteriore arretramento nei confronti di chi investe». Alcuni comparti (casa, moda, largo consumo), per esempio, soffrono più di altri del venire meno dell’export in Russia e lo stesso vale per alcuni territori (Marche, Umbria, Veneto, Emilia Romagna). Tuttavia l’inflazione non ha ancora scaricato a terra i suoi effetti, grazie anche alla quota di risparmio accumulato durante la crisi sanitaria che sosterrà i consumi nel 2022 anche a fronte della riduzione del potere d’acquisto, ma quando arriverà, e la previsione più accreditata è per l’autunno, colpirà in maniera diseguale soprattutto le fasce di popolazione più deboli. «Bisogna tutelarne il potere d’acquisto indirizzando adeguatamente gli interventi, con un’attenzione particolare all’innovazione e alla transizione verde, e pensare a un circolo virtuoso tra famiglie e imprese, ma è importante considerare quale tipo di futuro vogliamo costruire», conclude Alessandra Lanza.

Intanto, se la situazione non trova uno sbocco, i prezzi sono destinati a salire e i consumi a rallentare.

A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab