prezzi consumi

Minori volumi e prezzi più alti: le previsioni IRI per il largo consumo

Il settore sta cambiando pelle: La pandemia prima, la guerra ora ne stanno stravolgendo le dinamiche: i prezzi aumentano, la pressione sui margini spinge le imprese a ridurre le promozioni, il consumatore adotta strategie di difesa

IRI2022_Articolo.jpg

Discontinuità, incertezza, inflazione. Non sono buone le notizie per Industria di marca e Distribuzione a poco più di un mese dall’invasione russa in Ucraina, che ha rimesso in discussione tutte le aspettative precedenti, mostrando ulteriori aumenti dei fattori produttivi destinati a durare e generando ulteriore incertezza nel settore del largo consumo dopo due anni dall’inizio della pandemia, quando tutto sembrava essere sotto controllo.

La pressione sui costi delle materie prime e la spinta inflazionistica innestata negli ultimi mesi del 2021 erano infatti classificate dagli analisti come evento transitorio, dovuto alla ripresa della domanda mondiale dopo la pandemia non supportata dalla produzione. Tutti, infatti, si attendevano un rientro dell’inflazione nella seconda parte di quest’anno. La guerra ha rimesso tutto in discussione.

Parte da queste considerazioni l’analisi di Angelo Massaro, general manager Italy e Head of Southern Europe and South Africa di IRI, nel webinar “L'evoluzione del Largo Consumo fra due eventi epocali in un biennio” organizzato per provare a definire un quadro di riferimento dell’evoluzione del largo consumo fra due eventi epocali in un biennio. Dice: «In due anni il panorama del retail è cambiato: la caduta dei consumi fuori casa, lo spostamento dei consumatori verso diversi canali distributivi, in particolare il discount e l’e-commerce, l’andamento a singhiozzo della pressione promozionale sono il lascito del periodo pandemico. Con la crisi bellica, la parola chiave diventa inflazione, con effetti negativi sulle aspettative di imprese e consumatori, le prime spinte a rivedere i piani di sviluppo, i secondi pronti a elaborare una reazione».

Per le famiglie italiane, la metà del budget disponibile è infatti determinato dalle spese obbligate. Ecco che, secondo una survey condotta da IRI in collaborazione con Remi Lab dell’Università Cattolica di Piacenza, le strategie messe in atto dai consumatori vanno dal passaggio a prodotti meno costosi all’aumento degli acquisti di prodotti a Marca del distributore, alla sostituzione tra le categorie, al passaggio a canali più convenienti come il discount.

«Nelle ultime settimane di marzo la convenienza ha preso il sopravvento con una minore propensione alle scorte, a causa della minore pressione promozionale e, dopo gli anni precedenti in cui il “trading up” si era orientato verso i prodotti premium e suprepremium, il fenomeno emergente è quello del trading down, di una riscalatura verso il basso del carrello della spesa e gli acquisti si riconcentrano verso il mainstream», spiega Massaro. «Tuttavia la Distribuzione moderna sta facendo il possibile per contenere il trasferimento degli aggravi di costi comprimendo i margini, diradando la frequenza delle promozioni, mettendo l’accento sulla convenienza dell’intero carrello. A ciò si aggiunge l’inasprimento della concorrenza orizzontale tra formati diversi. Dal 2019 undici punti di quota di mercato sono passati da un’insegna all’altra, con un aumento della concentrazione: i primi cinque gruppi rappresentano oggi quasi il 57% della quota di mercato ( 6 punti in più), controbilanciata dall’espansione del discount: i primi cinque hanno una quota del 17% e tre catene sono nella top ten della Distribuzione con un incremento di 2,5 punti di quota di mercato».

L’effetto dell’inflazione

Che cosa succede quindi sul mercato italiano? A fronte dell’inflazione Istat del 5,7% a febbraio, l’inflazione del largo consumo è del 2,3% (ma è un dato medio, tenuto conto che alcuni prodotti a maggiore frequenza d’acquisto hanno registrato incrementi a due cifre generando la percezione di una maggiore crescita dei prezzi), nonostante la pressione promozionale sia in costante discesa.

Figura 1 – La dinamica dell’inflazione e dei prezzi nel largo consumo (gen 21 - feb 22)

Fig1_IRI2022.jpg

Fonte: Istat e elaborazione IRI “Liquid Data™” 2022
Nota: Totale canali fisici della distribuzione moderna

Ma, secondo Massaro, da un punto di vista inflattivo il peggio deve ancora venire.

Per il momento il costo del paniere del largo consumo sembra essere contenuto. Ma il 2022 si apre all’insegna del segno meno sui volumi di vendita (-1,2%), con i ricavi che trovano sostegno dal primo segnale di aumento dei prezzi (+1,1%). Per quanto riguarda i trend delle vendite a valore per canali, nelle prime nove settimane si rafforza l’espansione del discount (+7,9%) e si consolida l’e-commerce (+2,3%), a scapito degli altri canali. In ripresa è invece l’ipermercato (+1,3%), nonostante la riduzione della pressione promozionale, la sua leva competitiva principale.

Figura 2 – L’evoluzione delle vendite per canali nei primi mesi del 2022

Fig2_IRI2022.jpg 

Fonte: IRI “Liquid Data™” 2022
Nota: LCC vendite in valore

Altro fenomeno dei primi mesi di quest’anno è la crescita della marca del distributore al 27,8% (+1,6 punti percentuali) trainata dai discount (dove pesa per il 60%), che offre un buon compromesso tra prezzo e beneficio. E a pagare di più sono le grandi imprese di marca, con una erosione della quota di mercato proporzionale alla diminuzione della pressione promozionale. Tanto che nelle prime nove settimane IRI calcola in 110 milioni il minore beneficio complessivo offerto ai consumatori, di cui metà è da ascriversi alle aziende con più di 500 milioni di fatturato.

Due scenari per il 2022

Dalla combinazione di minori promozioni e strategie di difesa dei consumatori, si prevede che l’inflazione media che il consumatore pagherà per il proprio carrello della spesa nel 2022 sarà tra il 4,2% e il 5,8% in funzione dei due scenari proposti da IRI:

  • Nel primo l’inflazione non viene trasferita completamente al prezzo regolare, la pressione promozionale viene però ridotta di almeno 1,5 punti rispetto al 2021 e il consumatore continua nell’azione di “trading down” e nella migrazione di canale, spinto anche da un’inflazione percepita superiore a quella reale.
  • Nel secondo caso, invece, la Distribuzione dovrà accettare gli aumenti dei listini e trasferire a scaffale l’inflazione, mitigata però da un’attività promozionale in linea con il 2021. Tuttavia i prezzi a scaffale saranno più alti, generando anche un ulteriore spostamento tra i canali e tra le categorie da parte del consumatore.

In entrambi i casi previsti, l’impatto sulle vendite a valore rimarrà positivo per l’1,6% nel primo scenario e per il 2,2% nel secondo, ma i volumi scenderanno rispettivamente del -2,5% e del -3,6%, con una percezione di perdita del potere d’acquisto del consumatore di 125 e 199 euro sui tremila spesi annualmente da ogni famiglia per i beni di largo consumo.

«In sintesi, quindi, le attese per il 2022 prevedono alta inflazione e contrazione dei volumi la cui intensità dipenderà dalla combinazione tra quanta parte degli aumenti di costo potranno essere trasferiti sullo scaffale e in quale misura le promozioni potranno essere riportate su livelli precedenti. In entrambi i casi i consumatori continueranno a operare le scelte di mix e di canale più opportune a salvaguardare il proprio budget di spesa», conclude Massaro.

A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab