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Il prossimo autunno secondo Centromarca

Dall’assemblea annuale alcuni spunti sulle difficili prove dei prossimi mesi per le imprese e per il sistema del largo consumo

Ottimismo della volontà e pessimismo della ragione. Sono i due stati d’animo trasmessi dall’incontro di Centromarca in occasione dell’assemblea annuale dal titolo “Confini Instabili. Scenari geopolitici, effetti sociali ed economici, opzioni per il Paese e l’Industria di Marca.

Ma a prevalere è stato soprattutto il secondo, nonostante la particolare suggestione, più uno sprone a “non piangersi addosso”, proposta da Paolo Mieli secondo il quale che ci troviamo alle soglie di un nuovo Rinascimento.

Certamente c’è l’opportunità offerta dai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, quelle centinaia di miliardi che fino al 2026 arriveranno nel nostro paese. Ma non sono gratis: «gli assegni che arriveranno, in parte a fondo perduto in parte in prestito, dovranno essere verificati dalla realizzazione delle riforme e dei progetti contenuti nel Piano, altrimenti dovremo restituirli», sottolinea il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Bruno Tabacci.

ConvegnoCentromarca_Articolo.jpg E qui arrivano le preoccupazioni, sintetizzate da Romano Prodi. A partire dalla durata della guerra che si risolverà nell’accordo tra Stati Uniti e Cina, i due veri campioni in gioco. «Il mondo è cambiato nei rapporti di forza – spiega Prodi – e questo deve costituire una spinta per i paesi europei a trovare un nuovo equilibrio, superando l’unanimismo, per esempio, e dando impulso alla cooperazione rafforzata, che ha dato i suoi frutti quando si è trattato di passare all’euro». Ma le preoccupazioni vanno oltre perché, dice Prodi, «la globalizzazione non è finita. Solo subisce qualche correzione: sono troppo forti i legami commerciali, e si pensa che un terzo delle esportazioni cinesi sono realizzate da multinazionali americane. Il problema, per l’Italia, è quello del ritorno verso l’Europa delle grandi imprese che non sta toccando il nostro paese. Perché Tesla ha scelto Dresda invece di Torino per il suo quartier generale europeo? Non certamente per il costo del lavoro che in Germania è superiore a quello italiano, ma per l’incertezza dei tempi della giustizia, che tiene distanti gli investimenti delle imprese estere. Per rimettere il nostro paese nel gioco internazionale, per evitare che contini l’acquisizione di imprese italiane senza creare nuova manifattura, sono necessarie e urgenti le riforme che aumentino la produttività delle imprese e della pubblica amministrazione».

Prove difficili quindi attendono nei prossimi mesi il sistema delle imprese, che finora ha tenuto stringendo i denti. «L’incremento dei costi degli input produttivi supera il 20%. L’inflazione al consumo è al 6%. È evidente che le industrie del largo consumo hanno scaricato parzialmente a valle gli aumenti registrati in questi mesi. Il protrarsi di questa dinamica di sofferenza dei conti economici non potrà naturalmente essere senza conseguenze sulle prospettive del tessuto produttivo, con ricadute sull’occupazione e sul tenore di vita degli italiani, i cui redditi sono già ora messi a dura prova dagli incrementi dei costi energetici», afferma il presidente di Centromarca Francesco Mutti. Per questo motivo Centromarca avanza proposte precise, ribadendo l’urgenza di interventi come la sospensione dell’Iva sui beni di largo consumo, il taglio del cuneo fiscale e l’introduzione a livello Ue di un tetto al prezzo del gas, concentrando l’attenzione su alcune priorità:

  • Garantire la continuità produttiva.
  • Vigilare nel rispetto della legalità a monte e a valle come precondizione di una sana concorrenza.
  • Assicurare al consumatore il migliore rapporto qualità-prezzo in un contesto di sostenibilità economica, ambientale e sociale.
  • Sostenere le filiere.
  • Varare un piano industriale di lungo periodo.

«In autunno la nostra priorità è difendere le imprese e fare il possibile per tutelare i consumi. Salvaguardare la domanda è indispensabile – prosegue Mutti – perché un’economia non cresce se i consumi flettono o si fermano. In gioco c’è la competitività del paese, da cui dipendono la capacità di creare occupazione, attrarre investitori, generare benessere».

Secondo il presidente di Centromarca tra le altre misure da prendere bisogna favorire la crescita dimensionale delle aziende del largo consumo per rafforzarne la competitività internazionale. «La soglia dimensionale della maggior parte delle nostre imprese non consente di raggiungere i mercati importanti. Di fronte allo scenario macro di evoluzione dei consumi food al di fuori dei nostri confini, noi arriviamo piccoli in un mercato che non è più il nostro, con il rischio di perdere il treno. L’Europa e gli Stati Uniti sono entità quasi omogenee, però bisogna fare passi avanti decisi verso un mercato realmente unico, dove non sia necessario avere una sede in ciascun paese, contrariamente a quanto succede negli Stati Uniti», aggiunge Mutti.

Ma Mutti lancia anche un’allerta sulla sostenibilità. «Stiamo perdendo il tema della sostenibilità. La dimensione etica del business è la grande sfida che come imprese ci attende e per raggiungere la neutralità carbonica non abbiamo idea della sfida che abbiamo davanti. È importante ribadire che non può esserci concorrenza scorretta: in tema ambientale ci saranno costi enormi, anche se il consumatore si aspetta erroneamente che non ci siano ricadute che lo coinvolgano».

A cura d Fabrizio Gomarasca @gomafab