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Marketplace di successo

Centrali nello sviluppo dell’e-commerce, complementari agli altri canali, offrono un elevato livello di fiducia. Sono un irrinunciabile sostegno alle PMI, non solo come vetrine di vendita, anche all’estero, ma come modelli per portare innovazione ai business delle imprese

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Se l’e-commerce è la forma dell’uso di internet più apprezzata dagli utenti italiani, sostiene una recente ricerca di Human Higway, lo si deve in buona parte all’evoluzione del digitale che ha trasformato i processi abilitanti delle imprese e al ruolo sempre più centrale che stanno assumendo le piattaforme nell’accompagnare i clienti a diventare “everywhere buyer”. «Le piattaforme sono ormai degli snodi importanti tra domanda e offerta», afferma Roberto Liscia, presidente di Netcomm, introducendo il convegno dedicato allo sviluppo della marketplace economy.

Un fenomeno, quello dei marketplace, che, solo in Italia, già nel 2019 generava oltre 8 miliardi di euro di fatturato e occupava più di 16 mila persone, registrando un trend di forte crescita a partire dal 2015 (fonte: The European House - Ambrosetti). Tra il 2015 e il 2019, inoltre, i marketplace sono il primo dei 99 settori economici per crescita di fatturato. Come mai? «Uno dei motivi principali è perché i retailer si aspettano dalle piattaforme una pluralità di servizi a partire sicuramente dalle vendite, ma si estendono al marketing, alla fatturazione, al servizio clienti. Il modello a piattaforma è adottato in Italia da circa un centinaio di imprese attive in molti settori, ma nel mondo sono circa 400 i marketplace attivi, i quali registrano nel 2020 una crescita di fatturato del +81%, con un incremento degli utili in cinque anni del 10% per le imprese che hanno scelto questo modello. La ragione industriale del suo successo – prosegue Liscia – è perché riesce a sviluppare energia economica, produttiva e commerciale attraverso lincontro tra una molteplicità di produttori e utenti che si incontrano per scambiare informazioni sempre più pertinenti, tempestive e filtrate per poter effettuare le transazioni. I dati e le informazioni così generati migliorano la conoscenza e il rendimento economico. Con due elementi importanti: gli abilitatori strategici (governance, fiducia e marca) e gli abilitatori chiave (it, pagamenti, dati, intelligenza artificiale). Tra questi abilitatori, la fiducia è decisamente importante. Se non si genera fiducia non si riesce a evolvere».

Figura 1 – Mappa delle attività chiave delle piattaforme

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Fonte: Netcomm “Lo Sviluppo della Marketplace Economy” novembre 

Fiducia sistemica

Uno studio condotto da BCG Henderson Institute, presentato da Marcos Aguiar, managing director and senior partner di BCG São Paulo, rileva che la fiducia è la variabile chiave che permette oggi ai business ad ecosistema di incrementare il proprio successo. «Possiamo definire la fiducia come l’aspettativa di qualcuno in base a una promessa ricevuta e tale fiducia si costruisce sulla base della competenza, della correttezza e della trasparenza. La maggior parte degli ecosistemi di business si basa sulla fiducia relazionale tra le parti, ma quelli che hanno successo sono basati sulla fiducia sistemica, quella che rende possibile la cooperazione tra perfetti sconosciuti», sostiene Aguiar. «Per questo la fiducia contribuisce direttamente alla proposta di valore di un'organizzazione».

Lo studio è stato condotto su 110 ecosistemi B2C, C2C e B2B lanciati e falliti tra il 1974 e il 2020,  tra cui società di social networking, marketplace online, aziende di software solutions, società di pagamento, ma anche di mobilità, intrattenimento e assistenza sanitaria. Ha rilevato che, per capire cosa differenzia gli ecosistemi di successo da quelli fallimentari, l’elemento della fiducia è quello che ha fatto la differenza per il 73% degli ecosistemi vincenti analizzati. Sono stati poi identificati 22 strumenti di fiducia, che possono essere raggruppati in sette classi fondamentali – accesso, contratti, incentivi, controlli, trasparenza, intermediazione e mitigazione – e quali delle loro combinazioni sono correlate ai casi di successo. Gli ecosistemi, infatti, usano un mix di strumenti che sono o prevalentemente digitali o prevalentemente non digitali, ma la loro combinazione è fondamentale per il successo.

«Poiché i marketplace dipendono da reti ben funzionanti di acquirenti, venditori e terze parti – sottolinea Aguiar – la fiducia dei clienti e dei partner diventa cruciale per il successo di un marketplace tanto quanto assicurare la qualità del prodotto o del servizio. Quando non c'è fiducia, o se il livello di fiducia scende in un mercato, i partecipanti sono meno propensi a cooperare e le loro interazioni diventano meno fluide. I marketplace di successo progettano intenzionalmente la fiducia nelle loro piattaforme fin dall'inizio, catalizzando una maggiore cooperazione tra i partecipanti, accelerando gli effetti di rete, e di conseguenza permettendo loro di ottenere un vantaggio competitivo crescendo più velocemente dei concorrenti».

Paradigmatico in questo senso è il caso di Airbnb, per il quale iniettare fiducia in tutti i soggetti coinvolti è un elemento chiave: «Avere inserito la protezione a copertura dei danni e della responsabilità civile è stato un passo importante per la tranquillità degli host, così come la gestione diretta del pagamento con addebito 24 ore dopo il check-in per chi invece prenota un soggiorno», precisa Giacomo Trovato, country manager Italy and South-East Europe di Airbnb

Sostegno alle imprese

Per il sistema imprenditoriale italiano le piattaforme si stanno adoperando con investimenti sempre più rilevanti, consentendo di superare la frammentazione delle PMI, che non raggiungono l’economia di scala per affrontare la trasformazione digitale o per espandersi nei mercati internazionali.

Lo testimoniano i player maggiori impegnati sia nel sostegno all’export sia nella diffusione della cultura digitale. Lo fa Alibaba.com attraverso l’accordo con Ice per la realizzazione di un padiglione italiano online, dando la possibilità a circa un migliaio di PMI di aprirsi alla platea internazionale di 26 milioni di buyer. Il supporto si configura anche con un programma di formazione per cogliere le opportunità offerte dal digitale e con un “bootcamp” sull’educazione all’export per essere più efficaci non solo sulla piattaforma ma anche offline, agevolando la crescita internazionale delle imprese italiane. La piattaforma ha sviluppato con il lockdown un’offerta di fiere online (28 nel 2020 cui hanno partecipato otto milioni di buyer) in collaborazione con gli organizzatori di quelle fisiche con attività come tavole rotonde e live stream. «Anno su anno – sottolinea Luca Curtarelli, country manager Italy & Spain di Alibaba.com- i buyer che ricercano il valore dell’italianità sono aumentati del 250% e i prodotti italiani venduti sono cresciuti del 107%. Siamo anche uno dei touchpoint complementari alle fiere fisiche, con la consapevolezza che tutto funziona nel momento in cui creiamo soluzioni ibride online e offline».

Anche per Amazon le PMI sono da sempre al centro del modello di business e proprio nel periodo pandemico sono stati investiti in Italia 2,8 miliardi di euro per supportarle nella digitalizzazione: logistica, formazione, analisi e reporting di business, lancio di nuovi prodotti e vendite all’estero, protezione dalla contraffazione i temi affrontati. A oggi oltre 3.500 artigiani e PMI vendono un milione di prodotti negli store di Amazon. 

E per eBay, dal 2001 ad oggi, l’Italia è arrivata a essere tra i 5 mercati più grandi e rilevanti a livello globale, contando oggi oltre 6,6 milioni di acquirenti, senza scordare poi che nel dna di eBay c’è il C2C, oggi vicino ai valori della sostenibilità: il 52% delle vendite di seconda mano arriva dai prodotti ricondizionati certificati dai reseller e dai brand (ancora il tema della fiducia), contribuendo con minori emissioni di 17 mila tonnellate  di CO2.

Un modello anche per i retailer

Del modello marketplace si stanno accorgendo anche i retailer che cominciano ad affiancarlo a quello tradizionale. Lo sta facendo Decathlon, che si rivolge sia ai marchi sportivi sia ai reseller, mettendo loro a disposizione 13 milioni di clienti in molti paesi europei, e che già oggi rappresentano il 25% dell’offerta complessiva. «I marketplace permettono di garantire un'esperienza all'altezza delle aspettative crescenti, adottare tecnologie nuove e velocemente scalabili, competere con un'offerta sempre più ampia di prodotti e servizi. Oggi l’Italia non è ancora all’altezza di quanto avviene in altri paesi – commenta Fabio Meregalli, e-commerce leader di Decathlon – ed è per questo che stiamo lavorando per migliorare la qualità dell’offerta, dei partner, dei prodotti in affiancamento al potenziamento del clicca e ritira».

Per Cyril Ninnemann, ceo di Bonprix Italia, attivo con il marketplace Euronova, «le piattaforme sono un ottimo modo per i marchi di aumentare la loro portata e la considerazione del marchio, mentre allo stesso tempo diventano meno dipendenti dagli ecosistemi di marketing di Google e Facebook. Gestire la connessione a questo canale aggiuntivo in modo efficiente è la sfida principale - sia dal punto di vista del marchio sia della piattaforma».  

Innovazione e collaborazione

Le piattaforme, in buona sostanza, oltre a essere un primario canale di relazione con i consumatori digitali e di vendita, sono anche un nuovo modo di concepire il business aziendale e di riprogettare il posizionamento competitivo delle imprese, facendo leva sulle opportunità abilitate dalle logiche a collaborazione.

«I modelli collaborativi hanno trovato in questi anni nel contesto digitale un abilitatore cruciale e sono sicuramente destinati ad affermarsi sempre più nello scenario globale e italiano. Le piattaforme sono tra i player centrali sia nei settori merceologici dove il commercio digitale è da tempo radicato, sia in quelli più recentemente legati all’online come food, fashion o health», commenta Roberto Liscia, che conclude: «Se da un lato i marketplace rappresentano una vetrina importante per le aziende italiane, in particolare per le PMI, la platform economy riguarda però una riflessione più allargata, che va oltre la mera vendita, per la quale i modelli collaborativi possono diventare per le imprese un modo per integrare servizi, testare nuovi prodotti, espandere il proprio catalogo e offrire nuove esperienze di shopping ai loro clienti».

Il codice a barre GS1 permette di commercializzare i prodotti in tutti i canali di vendita, anche sulle piattaforme online come Amazon, eBay, Alibaba, Google Shopping. Inoltre:

  • Garantisce la corretta identificazione e la rintracciabilità dei prodotti in tutto il mondo.

  • Evita errori nei processi logistici (ordine, spedizione, gestione dei resi, ecc.).

  • Aiuta i prodotti ad essere trovati nelle ricerche web dei consumatori.

 Per saperne di più, visita il sito GS1 Italy.

A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafa