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Le sfide del retail food digitale

In un momento di grande trasformazione e vivacità, dopo l’accelerazione della pandemia, ci sono gli elementi per rintracciare la rotta delle imprese nel loro approccio al commercio online. Lo fa Netcomm che ha dedicato al tema un evento specifico

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Sono ormai 10,8 milioni le famiglie italiane che fanno la spesa da supermercato online, in crescita di 2,4 milioni rispetto al periodo pre-Covid, pari al 42% delle famiglie totali. La quota di mercato nel comparto GDO è del 2,4% che cresce al 3,5% se si includono i pure player online (Fonte: Nielsen IQ).

Sono i dati riportati da Roberto Liscia, presidente del Consorzio Netcomm, nel corso del Netcomm Focus Food, l’incontro dedicato a fare il punto sull’e-commerce del food & grocery, escluso il delivery, individuando i fattori chiave e le sfide che lo attendono.

Il grocery online, pur essendo calato significativamente rispetto al 2020, nei primi nove mesi di quest’anno è cresciuto del +9% (contro una crescita media di tutto il largo consumo del +6%), in particolare al Sud e grazie al contributo del cura persona e dei prodotti per animali, dove operano nuovi attori digitali. «Il fatto che il Mezzogiorno cresca più del resto d’Italia – spiega Liscia – ci dice sostanzialmente che non c’è più differenza tra acquirente napoletano e milanese. Il comportamento digitale degli italiani è omogeneamente distribuito su tutto il territorio, quindi semmai il problema sta nell’offerta. L’innovazione di prodotto, poi, è un grande driver per gli acquisti online: il 10% del valore acquistato in rete è relativo ai nuovi prodotti. Il che significa che il commercio digitale premia e favorisce l’innovazione di prodotto, di packaging, di comunicazione, di formato».

Tutto bene quindi per l’e-commerce in Italia? Non proprio perché se paragonato con gli altri paesi europei, il fattore veramente critico è la frequenza d’acquisto: «Un’alta penetrazione del numero di acquirenti (l’Italia è a terzo posto in Europa) e una bassa quota di mercato indicano che evidentemente non c’è un giusto incontro in termini convenience, l’insieme cioè di prezzo, prodotto, servizio, e di benefici per il consumatore tra domanda e offerta», commenta Liscia.

Nel grocery online, sempre secondo i dati Nielsen IQ, le quote di mercato sono suddivise quasi equamente tra la distribuzione tradizionale (47%) e i pure player (53%), ma con una prevalenza dei primi nel food (89%) e dei secondi nel cura persona (89%) e nei prodotti per animali cibo compreso (93%).

In questo contesto Netcomm evidenzia alcuni fattori chiave di successo per le imprese. Vediamoli in sintesi.

Assortimenti online. Storicamente sono molto concentrati sui primi 10 produttori e sulla MDD (marca del distributore): i primi valgono il 18%, la seconda il 17%, ma le referenze della marca del distributore sono in lieve contrazione di 0,5 punti e quelle dei brand stanno leggermente risalendo. Hanno trend costanti di crescita, poi, le referenze dei produttori non tra i primi trenta: sono 849 e rappresentano oltre 5.800 referenze. La presenza di un ampio assortimento, una delle prime motivazioni di acquisto online per i clienti, è inoltre determinante per aumentare il carrello medio e per esplorare nuovi prodotti.

Prezzi. L’inflazione comincia a mostrare i denti anche online, con un incremento nei primi sei mesi dell’1,6% (Fonte: Qberg), con differenze molto forti tra i diversi prodotti e con una forbice che va dal +32,2% per i prodotti da ricorrenza e confezioni speciali al -16,6% degli accessori per cane e gatto. Notevole il rincaro di generi di prima necessità, come latte (+7,2%) e pasta (+6,8%).

I prezzi online sono del 5,8% più cari dell’offline, in aumento negli ultimi due mesi. «È una differenza – argomenta Liscia – nella quale trova risposta il fatto che penetrazione e frequenza d’acquisto non sono allineati con il comportamento digitale degli italiani. Questa differenza riflette anche il problema della marginalità e della redditività, molto basse in questo settore, ma contemporaneamente è un freno alla crescita del digitale nel food. Del resto vi è una varietà ampia nella gestione da parte delle insegne nel definire una strategia assortimentale e dei prezzi online, più o meno centralizzata e con assortimenti più o meno sovrapposti con l’offline, a conferma che non c’è ancora un modello vincente e assestato».

Consegne. Fermo restando che l’e-commerce nel food & grocery è più complesso che negli altri settori (non foss’altro che per il fatto che il picking dell’ordine riguarda in media 32 prodotti e il delivery è il maggior responsabile dei prezzi più alti nell’online), la comodità di consegna per i clienti è un’altra delle principali motivazioni d’acquisto. Aumentano quindi gli investimenti per offrire a ogni cliente un’esperienza spesa più in linea con le sue esigenze: locker, consegna in dieci minuti, personal shopper, avvisi di consegna, definizione degli slot di consegna, forme di abbonamento, consegne on demand.

Dati. La capacità di utilizzare i dati per la continua ottimizzazione degli assortimenti, dei prezzi e dei carrelli sarà sempre più fondamentale per migliorare la sostenibilità economica delle vendite online, con una focalizzazione sui prezzi dinamici coerenti con il mercato e basati su disponibilità, shelf life, domanda, prezzi dei competitor, sui prodotti suggeriti e sulle promozioni profilate. E sul merchandising digitale, «ancora tutto da sviluppare in termini di visibilità, esperienza utente e creatività commerciale», riprende Liscia, costituito per esempio dai formati famiglia, dall’avancassa virtuale, dai prodotti abbinati, dalle ricette.

«I dati – aggiunge Flora Leoni, head of data, CRM e servizi di Carrefour Italia – non solo servono per potenziare il business, creando efficienza operativa e di marketing, migliorando la customer experience e ottenendo nuove fonti di ricavo, ma per liberare il potenziale omnicanale dei clienti. Dopo l’esperienza del Covid-19, che aveva fatto sperimentare a molti di loro la spesa online, qualcuno è diventato omnicanale e utilizza i due canali in maniera complementare. È solo l’1% della base clienti, ma sviluppa il 3% del fatturato di Carrefour e genera il 22% in più di fatturato con un carrello più pesante del 7% e un aumento della frequenza d’acquisto del +15%. Dobbiamo insistere nel nutrire questa tipologia di clienti perché è da lì che estrarremo il vero valore per l’insegna».

Liscia enumera infine altre sfide rilevanti che il comparto si troverà ad affrontare, come il ruolo dell’e-commerce per i negozi di prossimità nel quadro di un ridisegno dei centri urbani, quello dei marketplace per l’export, con l’ingresso in campo di grandi retailer e quello della sostenibilità ambientale dell’e-commerce (su cui Netcomm aprirà un tavolo di lavoro) che si preannuncia un tema molto caldo, a giudicare dalle indiscrezioni sull’intenzione del Governo di introdurre nella legge di Bilancio una apposita tassazione per i mezzi ad elevato impatto ambientale utilizzati per la consegna dei prodotti acquistati online.

A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab