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Cibo e informazione: imparare a discriminare e a informare bene

l'opinione di

Tanto parlare di cibo e poco cucinare. Il cortocircuito è palese.

Negli ultimi decenni in Italia c’è stato un boom di prodotti alimentari con un’offerta varia come non mai: prodotti a km.0 accanto a prodotti esotici e provenienti dai quattro angoli del pianeta. La disponibilità è spesso immediata e capillare, ovunque e in qualunque momento, basti pensare ai primi casi di supermercati aperti h24 nelle maggiori città.

Un panorama vario e disomogeneo è quello che si presenta davanti agli occhi del consumatore italiano.

Come si orienta in questa selva di offerte? TV, internet, fedeltà ai marchi noti e familiari, oltre al passaparola, i punti cardinali di partenza.

Il cliente finale però, assieme all’offerta di mercato, sembra evolversi assumendo una maggiore coscienza. Sono sempre di più coloro che vanno oltre il potere suggestivo di pubblicità e marketing e scelgono in maniera più informata e consapevole, o almeno percepiscono come tali le proprie scelte.

Lo scopo, oltre al risparmio e a evitare frodi, in ultima istanza è anche quello di raggiungere la qualità e di comprendere meglio le differenze tra i prodotti.

Se da una parte oltre il 70% degli italiani si considera esperto, rivelando a volte un’autopercezione ottimistica, è pur vero che in molti sono coloro che si soffermano sulla “carta di identità” dei prodotti: l’etichetta è infatti letta e analizzata più che in passato. Olio, carne e merendine i prodotti sui quali gli italiani pensano di saperne di più, il contrario vale per tè, spezie e super alcolici.

L’attenzione dilagante alla salute, di per sé positiva in quanto attenzione a ciò che si mangia, porta innanzitutto ad un’offerta mirata: scaffali dedicati a prodotti “senza” (grassi, zuccheri, colesterolo i principali imputati), o dove imperano termini come “fibre” e “integrali”.

La sovraesposizione mediatica del cibo è una tendenza evidente: riviste, siti internet, blog, programmi TV, il cibo è l’argomento degli ultimi dieci anni, almeno. Paragonabile alla presenza del calcio nei discorsi da bar di 20-30 anni fa, quando però non esistevano social e web, che inevitabilmente amplificano. Che tutto questo rischi di essere troppo, o di svilire la vera conoscenza sul cibo, è dimostrato da un paradosso: a fronte di questa scorpacciata di parole sul cibo, poi quello che si impenna nel carrello della spesa sono i cibi già cotti o già pronti.

Tanto parlare di cibo e poco cucinare. Il cortocircuito è palese. La nuova missione non può che essere una: discriminare le informazioni e imparare a informare bene.

Oggi persino la confezione acquista un peso pari al contenuto, e questo non è necessariamente un vezzo estetico. Quando garantisce praticità, sicurezza e attenzione all’ambiente attraverso materiali riciclabili, anche l’involucro acquista una sostanza.

Anna Prandoni, giornalista e scrittrice, si occupa da oltre quindici anni di enogastronomia, con particolare attenzione alla storia dell’alimentazione e alla sua influenza sulla cultura e sulla società italiane. Ha diretto La Cucina Italiana.

Di se stessa dice: «Cuore in cucina e testa nel web. L’imperativo è categorico: più cibo, meno food».

L'editoriale di Anna Prandoni è pubblicato nella seconda edizione dell’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy.

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