sostenibilità

Greenwashing in etichetta alle strette: le nuove regole UE

Approvata la direttiva che vieta le dichiarazioni ambientali generiche sui prodotti e altri rimandi fuorvianti alla sostenibilità

Greenwashing_Articolo.jpg L’ambientalismo di facciata sulle etichette ha i giorni contati. L’Unione europea ha infatti adottato una nuova direttiva che vieta le sempre più numerose dichiarazioni ambientali generiche e fuorvianti riportate sui prodotti. Termini come "rispettoso dell'ambiente", “rispettoso degli animali”, “verde”, "naturale", "biodegradabile", "a impatto climatico zero" o "eco" non potranno più essere presenti sulle confezioni, fatto salvo che se ne dimostri la fondatezza con prove concrete e verificabili da un esperto terzo. Il testo di legge, in pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, e con i canonici due anni di tempo per essere recepito dagli Stati membri, è molto netto e specifica che le richieste di eccezione saranno valutate caso per caso.  

Il giro di vite riguarda anche tutte quelle dichiarazioni che suggeriscono un impatto sull'ambiente neutro, ridotto o positivo attraverso il sistema di compensazione delle emissioni. Stiamo parlando dei cosiddetti “crediti di carbonio” con i quali le aziende puntano a controbilanciare il loro impatto negativo. Esempio classico: produco gas serra da un lato, ma pianto alberi dall’altro. Questo meccanismo non sarà reputato valido per dirsi sostenibili, perché a contare sarà solo “l’impatto effettivo del ciclo di vita del prodotto in questione”.

Ma l’azione di stretta sul fronte delle asserzioni green non finisce qui e si estende all’aspetto della durabilità del prodotto. Da un lato si punta infatti a rendere più visibili le informazioni sulla garanzia, prevedendo un nuovo marchio armonizzato che metta in risalto i periodi oggettivamente più estesi. Dall’altro, si mette un freno all’obsolescenza prematura dei beni e alle indicazioni infondate relative alla durata degli stessi. Due casi emblematici su questi temi sono l’invito a sostituire le cartucce delle stampanti prima del tempo e l’indicazione del numero di lavaggi che farà la lavatrice prima di esaurire la sua vita utile.

Su cosa puntare, dunque, quando si tratta di dichiarazioni verdi in etichetta, per non incorrere in lunghi iter di verifica o nel rischio di sanzioni? Ad esempio su marchi di sostenibilità basati su sistemi di certificazione approvati o creati da autorità pubbliche, per i quali la direttiva UE dà il via libera. Secondo la quattordicesima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, tra l’altro, la certificazione che ha ottenuto le migliori performance di vendita è quella Ecolabel, nonostante l’offerta che la riporta sul packaging si sia ridotta.

Guardando al futuro, infine, il Parlamento europeo sta discutendo una seconda direttiva che integrerebbe quella già adottata, dove si danno specifiche sul sistema di verifica e di pre-approvazione delle dichiarazioni ambientali. Secondo la relazione, che sarà seguita dal Parlamento che si formerà dopo le elezioni europee di giugno 2024, le microimprese non sarebbero coperte dalle nuove norme e le piccole e medie imprese beneficerebbero di un anno in più per conformarsi rispetto alle grandi imprese.

A cura di Chiara Bertoletti