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Retail's big show 2017. Diario di viaggio da New York

l'opinione di

Marco Cuppini

Day 1. L’era del consumatore individuo

Entrando al Jacob Javits Convention Center mi è tornata in mente una fotografia scattata poche ore dopo l’esito delle elezioni americane. Uno spazio sterminato praticamente vuoto con centinaia di bandierine americane che sventolavano a nessuno. Certo Hillary Clinton non se lo immaginava così quella sera; si aspettava di essere davanti ad una folla in tripudio. Ma le cose, come sappiamo, sono andate diversamente. Oggi nello stesso posto una folla –forse non in tripudio -  fatta da 33.000 fra americani e tantissimi stranieri provenienti da 94 paesi, riempie questo sterminato centro congressi che ospita la centoseiesima edizione di NRF Retail’s Big Show, l’appuntamento annuale sulla innovazione tecnologica e sul commercio, organizzato dalla National Retail Federation americana.

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La prima sensazione che si percepisce da ciò che si vede (un marketplace oceanico fatto da oltre 500 espositori suddiviso fra i colossi del mondo tecnologico-consulenziale e da chi ha comunque qualcosa da offrire a questo settore) e da ciò che si sente negli oltre 300 interventi previsti dal programma, è che il settore del commercio sta profondamente cambiando.

LE PAROLE D’ORDINE SI POSSONO RIASSUMERE IN TRE CONCETTI:

  • Il consumatore è sempre più protagonista ed esigente, alla ricerca di qualcosa che lo soddisfi come individuo.
  • L'innovazione e capacità tecnologiche continueranno a trasformare l’esperienza d’acquisto (il mobile fulcro della nostra vita, la ricerca di personalizzazione, l’avvento dell’intelligenza artificiale e della realtà aumentata sono temi che non riguardano il futuro ma il presente).
  • La leadership è un concetto mobile: ieri eri leader, oggi se non ti evolvi, insegui o sparisci.

Quello che non è mai cambiato è la continua ricerca della soddisfazione del consumatore. Oggi, però, per farlo bisogna conoscerlo sempre meglio. E qui i tre concetti chiave di cui sopra si riflettono in un mondo in continua evoluzione: l’informazione. Investire in tutto ciò che consenta una conoscenza profonda dei desideri dell’individuo consumatore per trasformare questa conoscenza in azioni – o meglio – in interazioni personalizzate.

E qui la tecnologia non può che accelerare la spinta verso soluzioni sempre meno di massa e sempre più su misura. Un esempio: raccogliere immense moli di dati metereologici non solo per studiare i comportamenti del consumatore, ma per imparare dal passato per prevedere ciò che farà in determinate situazioni. Le previsioni del tempo diventano previsioni di emozioni e comportamenti, per calibrare il messaggio più giusto, la promozione col tono più adeguato.  

Mark Parker, co-president di Nike, parla di “Personalized Performance”: è l’obiettivo di soddisfare i bisogni individuali di ogni singolo atleta attraverso l’innovazione, l’esperienza e la supply chain. Le informazioni raccolte attraverso la App Nike+ sono fondamentali; gli obiettivi che ognuno si da e i risultati conseguiti sono il carburante informativo necessario. Una supply chain efficiente è lo strumento per offrire soluzioni su misura per soddisfare le singole esigenze.

Il tempo di semplici classificazioni socio-demografiche per conoscere il nostro consumatore è definitivamente finito.

Day 2. Per un commercio più umano, più vero

DAY 2

Secondo Deloitte solo il 47% dei consumatori si dichiara soddisfatto dell’esperienza a negozio dal punto di vista “logistico” , mentre il 41% riporta una certa soddisfazione dal punto di vista emozionale. Ormai le aspettative sulla “store experience” sono influenzate dalla esperienza digitale del consumatore. Come si diceva una non può più prescindere dall’altra. 

Mike Mauler, presidente della catena di videogiochi GameStopInternational, ricorda come il viaggio del consumatore sia profondamente cambiato, come del resto anche il ruolo del punto vendita stesso. Ormai è difficile che il consumatore venga in contatto con un prodotto esclusivamente in un negozio; sempre di più il primo impatto avviene a casa, attraverso una ricerca online. Il giro nel negozio fa parte del processo di acquisto, sia che debba ritirare qualcosa ordinato online, sia che – più comunemente –voglia guardare da vicino, toccare con mano e finalmente comprare ciò che ha iniziato a conoscere, analizzare, confrontare online.

“Nei prossimi cinque anni il commercio cambierà di più di quanto abbia fatto nei cinquanta passati”, si sentenzia. Le conseguenze su come attrarre e formare nuovi talenti che assicurino i necessari cambiamenti per le aziende, sono evidenti. La tecnologia – e su questo terreno le nuove generazioni vanno fortissime – applicata al commercio, non deve sostituirsi al fattore umano (alcune applicazioni estreme di commercio virtuale, fatto di simulazioni con maschere e “protesi” applicate alle mani sembrano ancora molto lontane da quello che il consumatore realmente vuole), ma bensì rafforzarlo in esperienze “molto umane” quale il commercio continua ad essere. La tecnologia fine a se stessa raramente funziona. Se poi l’esecuzione lascia molto a desiderare (ricordiamo tutti l’effetto deleterio che un totem che non funziona, un’applicazione a negozio che si impalla, hanno anche sui consumatori più volenterosi e aperti alle novità) è un vero disastro.

Se l’obiettivo rimane un dialogo più stretto (engagement) per incontrare i bisogni del consumatore (personalizzazione) con un servizio più efficace che faccia guadagnare tempo e denaro, ben venga; altrimenti l’effetto boomerang è dietro l’angolo.

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Jeremy Gilman, in uno dei tanti interventi della due giorni del Big Show di New York, ha definito il consumatore di oggi “The Mobile Reliant”. Come spesso succede l’inglese è sintetico, l’italiano ha bisogno di più sfumature. Il dizionario riporta come primo significato “dipendente”, ma anche “che fa assegnamento, fiducioso”. 

Il telefonino ci ha resi completamente dipendenti o è solo uno strumento che può migliorare qualche aspetto della nostra vita, senza esserne diventato il protagonista assoluto?

Ognuno si faccia la domanda e si dia la risposta più sincera.

Day 3. Store tour: la maratona di New York

 

Partecipare al Retail’s Big Show organizzato da NRF, oltre a convegni e marketplace, offre l’opportunità di visitare alcuni interessanti punti vendita per cogliere spunti e novità sul campo. È noto che uno dei mantra più sentiti nella cultura manageriale americana è try and failprovare, testare, misurare, correggere, per migliorare, senza paura di sbagliare. Mia nonna diceva “chi non fa, non sbaglia”. Questa filosofia si ritrova anche visitando gli stessi punti vendita a distanza di un anno; in alcuni casi non esistono più e non perché erano nati come temporary store, ma semplicemente perché erano dei test per provare idee e soluzioni e vedere gli effetti sui clienti. Oppure erano una sorta di investimento pubblicitario alternativo, per attrarre attenzione e far parlare di sè. In altri casi i negozi ci sono ancora, ma non si ritrovano quelle innovazioni che l’anno prima erano state segnalate come disruptive e, a distanza di un anno, non hanno retto l’onda d’urto del day by dayPoco male, l’importante è muoversi. Ecco, bisogna appunto muoversi e fare una mezza maratona per cogliere le tante novità che New York offre nel retailing: siano flagship store o punti di vendita “normali”, vale la pena fare qualche chilometro a piedi per visitarli e toccare con mano innovazione, tecnologia, engagement col cliente, soluzioni di layout etc.

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Una tendenza molto sentita nei convegni e praticata nei punti vendita è la customizzazione: è finita da tempo l’era del largo consumo per una clientela indifferenziata, oggi si va verso la personalizzazione di massa. Di esempi ce ne sono tanti: nel flagship store di Muji, il più grande con circa 1.100 mq suddivisi su due piani, si può personalizzare l’aroma per profumare la propria casa fra 48 profumi diversi e ci sono edizioni speciali di prodotti esclusivi di questo punto vendita.

Ormai tutti i colossi del mondo delle sneaker offrono la possibilità di personalizzare una t-shirt o disegnare la propria scarpa facendola diventare un pezzo unico; NikeNew BalanceAdidas offrono questi laboratori, sia online che offline.

Nel confronto online-offline, il fisico ha un’arma in più: l’engagement diretto col cliente per fargli provare nel punto vendita un’esperienza unica. Nei negozi di articoli sportivi visti nel mio tour, per i più attivi è possibile praticare piccole sfide di pallacanestro, per gli sportivi passivi c’è la possibilità di vedere delle partite (trasmesse su schermi giganti) seduti su spalti di legno che ricordano i vecchi stadi dei film americani anni 50. Il flagship store della NBA, definito da Fortune come il tempio “tecnologizzato” del basket, offre all’appassionato un sistema ideato da Kurt Salmon Digital’s di oltre 50 touchpoint per sapere e vedere tutto sui propri giocatori preferiti.

Ristorazione: la presenza di bar o ristoranti più o meno a tema è molto diffuso. Da Urban Outfitters c’è un coffee shop, Target ha integrato un Chobani Cafe (produttore illuminato di yogurt “ricettati”), mentre da Adidas c’è un “vitamin bar”, realizzato in partnership con la Grass Roots Juicery di Brooklyn, dedicato agli assaggi di bevande e snack salutari. L’obbiettivo è chiaro: un mix di commercio, ristorazione e customer experience per dare ai clienti un motivo in più per recarsi in negozio e farli restare il più a lungo possibile.

Samsung 837 è la nuova versione del flagship del colosso coreano, dove non si compra (è possibile farlo su Amazon o da B&H…) ma si “gioca” con la realtà virtuale o si partecipa a classi in cui vengono raccontate le ultime novità della casa.

Tecnologia, quindi, sempre più protagonista nella vita di negozio, sia nel back stage, che a diretto contatto coi clienti. Ormai è normale frequentare il punto vendita per vedere e provare il prodotto e comprarlo online. L’allineamento delle informazioni sullo stock presente a magazzino o in altri punti vendita è un must per non perdere occasioni di vendita in caso di fuori stock a negozio. Si può testare l’uso di queste tecnologie nella più grande realizzazione del mondo della catena Uniqlo sulla Fifth Avenue. Nell’abbigliamento imperano le “smart dressing room”; le si trova, fra gli altri da Zara.

Non resta che iscriversi a questa maratona (magari anche solo virtuale…internet fa miracoli) e scommettere su cosa riuscirà a sopravvivere al passare del tempo.