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03. IDM e GDO go digital?

L’ottava edizione del Consumer & Retail Summit, organizzata a Milano il 9 ottobre scorso da Il Sole 24 Ore e da Mark Up e GDOWeek, è stata lo specchio dell’Italia di oggi. Un’Italia timorosa di fare una scelta di cambiamento, di rottura, pur avendo coscienza dell’inefficacia della politica dei piccoli passi, o meglio, del passo in avanti e mezzo indietro con cui procedono da noi le riforme, e della debolezza delle ricette all’insegna della continuità col passato.

L’e-commerce potrebbe svilupparsi nel nostro paese dall’attuale 2% delle vendite totali al dettaglio all’8-10%, pur con differenze fra settore e settore, andando a intercettare la gran parte della crescita dei consumi, ha evidenziato Alberto Zunino, partner e managing director di The Boston Consulting Group. IDM E GDO in Italia sono in ritardo nel cogliere i vantaggi derivanti dalla multicanalità e collaborano meno che in altri paesi europei, ha aggiunto Paolo Lobetti Bodoni, MED Retail Consumer Products Leader di EY.

Ecco cosa ne pensano gli ospiti del talk show dell’ottavo Consumer & Retail Summit.

«L’e-commerce esiste da 20 anni», ha detto Vito Gulli, presidente di Generale Conserve. «Se si è sviluppato poco è anche per problemi logistici. Quello che di nuovo vedo sul mercato è l’“hubermania”, il fatto cioè che il consumatore per mitigare gli effetti della crisi sia oggi disposto a svolgere un ruolo attivo, non soltanto a ricevere un servizio».

«Per quanto il mio gruppo venda on line i suoi prodotti da 10 anni con risultati interessanti», ha detto Giacomo Archi, amministratore delegato di Henkel, «non penso che un produttore avrà mai la competenza e l’interesse a fare e-distribution. O meglio, la farà solo nel momento in cui il costo di distribuire in GDO sarà talmente elevato da render conveniente farlo in prima persona». «L’e-commerce», ha osservato Aldo Sutter, presidente dell’azienda di famiglia, «può essere uno straordinario modo per conoscere il consumatore, per dialogare con lui e ricevere feed-back in base ai quali adattare i propri prodotti e immetterli rinnovati in GDO».

«La localizzazione conterà sempre», ha sottolineato Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, «anche se l’e-commerce è sicuramente il futuro. Ciò che dobbiamo fare in attesa d’implementarlo è giocare con tutti i touch point che il cliente ha».

«La previsione che l’e-commerce si prenderà tutta la crescita dei consumi e comprimerà la redditività dei retailer classici», ha detto per parte sua Mario Resca, presidente di Confimprese, «rende ancora più evidente che la battaglia di contrasto della liberalizzazione degli orari d’apertura dei negozi è una battaglia anacronistica».

L’e-commerce non va trascurato dalla GDO neppure in zone a bassa densità di residenti. Lo sta dimostrando il test di click & collect presso sei pdv di Pescara lanciato il 1° ottobre scorso da Magazzini Gabrielli. Click & collect che può rappresentare un volano di rilancio dei piccoli negozi indipendenti, anche secondo Graziano Fiorelli, vice presidente di Confcommercio.

Quanto alla scarsa propensione dei retailer italiani a condividere i dati di sell out con l’industria, è emerso chiaramente che la situazione non è destinata a cambiare. «Non capisco perché appena s’affronta il tema dello scambio dei dati l’industria ti chiede subito qual è la sua quota nella tua rete», ha detto Pugliese. «È un dato che non serve per sviluppare il business attraverso l’ottimizzazione di promozioni e altre iniziative congiunte. Svelare dati sensibili a fornitori leali può invece consentirci di centrare un obiettivo che perseguiamo: quello di concepire promozioni targhettizzate, non massificate». Un punto questo che trova d’accordo anche la collega Barbara Gabrielli, vice presidente di Gruppo Gabrielli.

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