gs1

Che cosa ha insegnato il Covid-19 alla logistica del largo consumo?

La filiera del largo consumo ha retto il colpo dello tsunami e la logistica si guadagna le stellette sul campo con tanti i miglioramenti conseguiti. La sfida, con l’aiuto di ECR, è farli diventare strutturali

La filiera del largo consumo ha superato senza eccessivi scossoni lo tsunami dell’emergenza sanitaria e ha sviluppato una serie di esperienze utili a migliorare l’efficienza nei mesi a venire. La ricerca di GS1 Italy in ambito ECR, condotta dai team di Fabrizio Dallari, direttore del Centro sulla logistica e supply chain management, Liuc Università Cattaneo e Marco Melacini, docente di logistics management e direttore scientifico dell’Osservatorio Contract Logistics “Gino Marchet” del Politecnico di Milano, è un utile strumento di analisi per comprendere meglio l’impatto del Covid-19 sulla logistica e le operations della filiera del largo consumo. Ma anche, come ha spiegato Giuseppe Luscia, ECR project manager GS1 Italy, per impostare «una riflessione di respiro più ampio riprendendo il percorso di miglioramento continuo già avviato, probabilmente con una nuova spinta dettata dal contesto che oggi affrontiamo».

È una ricerca sul campo, alla quale hanno contribuito 94 imprese (25 retailer e 69 produttori), compiuta intorno a metà aprile, nel pieno della pandemia, quando il livello di incertezza e l’emotività degli italiani erano all’apice.

L’impatto sui distributori

I maggiori problemi per i distributori nella prima fase del lockdown sono stati quelli sulla catena di approvvigionamento a monte: il 60% dei retailer li ha infatti riscontrati, in particolare per i prodotti provenienti dall’estero o, per quelli MDD (marchi del distributore) nel caso di unico produttore.

Il 28% degli intervistati pensa che ci sarà ancora un’onda lunga delle difficoltà in questo ambito.

Più positive sono le considerazioni riguardanti le consegne dai fornitori e i ritardi dell’autotrasporto. Nonostante le condizioni critiche di lavoro dei 3PL (social distancing, assenze) durante il lockdown, il 56% dei distributori afferma di non aver riscontrato significativi ritardi nelle consegne. Meglio le previsioni: per fine anno solo il 20% teme che vi saranno delle criticità.

Nella fase logistico-distributiva a valle, dai Ce.Di. ai punti vendita, la maggioranza delle aziende GDO (88%, che sale al 92% riguardo alle previsioni) non ha riscontrato impatti negativi, grazie anche all’assenza di traffico che ha consentito di aumentare i drop per giro.

Al contrario, le criticità maggiori sono state rilevate nei cali di produttività a magazzino (rilevanti o disastrosi nel 36% dei casi) a causa delle regole di distanziamento sociale, meno evidenti, però, in chi ha un magazzino automatizzato, e nella mancanza di scorte nei Ce.Di., evidenziata dal 44% delle aziende. «La mancanza di prodotto è la criticità che si trascina nel futuro la maggiore incertezza con possibili conseguenze di lungo periodo per le merci che arrivano dall’estero», sottolinea Dallari.

Figura 1 – Impatti sulla GDO per l’interruzione degli approvvigionamenti

fig.1 covid e logistica.jpg

Fonte: GS1 Italy "COVID-19 nel largo consumo" 2020

L’impatto sui produttori

Durante il lockdown, il 39% dei produttori ha registrato un incremento delle vendite, ma il 25% denuncia di aver perso fatturato e se il 52% ritiene che non vi saranno scostamenti dal budget nel 2020, il 29% nutre timori sul futuro di alcune categorie premium e il 20% si attende un aumento delle vendite per fine anno.

Quanto agli impatti a monte, contrariamente a quanto riscontrato dalla Distribuzione, la maggior parte dei produttori (82%) non ha avuto impatti negativi significativi dovuti a interruzione della catena, (tranne che per fornitori internazionali), né se lo aspetta per il futuro (l’84%). Un quarto delle imprese ha registrato invece dei problemi in produzione per l’assenza dei lavoratori e per il distanziamento sociale.

Nella fase di logistica-distribuzione, solo il 23% delle imprese ha avuto problemi sulle scorte di prodotto finito (percentuale che sale al 40% tra chi ha registrato incrementi delle vendite). L’88%, poi, prevede di ritornare alla normalità nei prossimi mesi.

Le stesse percentuali si registrano riguardo alla reperibilità di autotrasportatori, anche in futuro. «Un ottimismo forse troppo elevato – annota Melacini – perché a oggi non ci sono elementi per ritenere che l’autotrasporto abbia superato le difficoltà già emerse prima dell’emergenza sanitaria».

Figura 2 – Impatti sui produttori a valle (logistica-distribuzione) per mancanza di scorte a magazzino

Fig. 2 Covid e logistica.jpg

Fonte: GS1 Italy "COVID-19 nel largo consumo" 2020

Assicurare la business continuity

L’indagine individua anche la presenza di azioni già intraprese in passato e quelle sviluppate per assicurare la continuità di business. Tra quelle già consolidate presso la GDO vi sono la riduzione della complessità per la filiera, con l’arrotondamento dell’ordine a pallet intero, l’estensione delle finestre di scarico, la flessibilità nell’impiego della manodopera e la scelta di fornitori supplementari o alternativi, nonché il miglioramento delle comunicazioni con le operation dei produttori. Proprio l’aumento della collaborazione di filiera (+21%), insieme con la flessibilità della manodopera (+29%) e con la prioritizzazione degli assortimenti per ridurre la gamma di prodotti (+47%) sono le iniziative diventate più rilevanti e destinate a durare nel tempo.

Anche per i produttori la riduzione dell’assortimento (+ 53%) per ridurre la complessità e l’aumento della collaborazione di filiera (+25%) sono le iniziative di business continuity destinate a essere incrementate, accanto all’aumento delle iniziative di vendita online (+43%), che hanno contrassegnato il periodo di lockdown.

Accanto a queste, i ricercatori citano altre numerose aree di lavoro sia per i produttori sia per i distributori che variano dal miglioramento del riordino all’automazione/digitalizzazione, all’aumento della capacità di reindirizzamento dei prodotti in funzione di quanto avviene sul mercato (vendite online, cambio dei formati, eccetera), all’aumento di flessibilità e al risk management. Due i cambiamenti intervenuti per Industria e Distribuzione da non vanificare per il futuro: il lavoro smart, che non è sinonimo di lavoro da remoto, ma, spiega Melacini, «È un cambiamento per migliorare la gestione delle priorità focalizzandosi sulle attività essenziali, è la digitalizzazione dei documenti interni per accelerare le comunicazioni tra i reparti, è la riduzione delle riunioni superflue, degli spostamenti fisici. È insomma un cambiamento per ridurre i tempi decisionali e allinearsi al “tempo dell’e-commerce”. Il secondo è il coordinamento della supply chain interna alle imprese ma anche quella di filiera. Ciò significa in particolare consolidare i processi collaborativi: un migliore coordinamento tra logistica della GDO e operation dei produttori e la riduzione conflitti superflui dovrebbero essere mantenuti anche oltre l’emergenza (per ridurre l’aumento dei costi). In linea generale è emerso in questo frangente emergenziale il valore della logistica in azienda, che è stata in grado di dare risposte con risultati tangibili».

«Direi che sono stati infranti alcuni tabù», aggiunge Dallari. «La bolla di trasporto elettronica e gli slot di scarico estesi al pomeriggio sono i più evidenti miglioramenti che hanno tutte le potenzialità per diventare strutturali».

Ora si tratta di ricucire la trama di un percorso che era già in corso. «Occorre dare una nuova spinta alla ricerca di efficienza e alla riduzione dei costi che non potranno essere scaricati sul consumatore finale per un lungo periodo. Come ECR, stiamo sviluppando una ricerca per individuare i cambiamenti nei flussi logistici rispetto a quanto rilevato nel 2019, per stilare un vademecum per la gestione del rischio e per la supply chain continuity, e per mettere a punto una nuova agenda logistica per l’efficienza della filiera», conclude Luscia.

A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab