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La formula francese, per superare la crisi

l'opinione di

Enrico Colla

Il presidente della Repubblica francese ha recentemente confermato l’importanza di considerare tuttora come obiettivo fondamentale della politica economica la modifica dei fattori strutturali che hanno storicamente rallentato la crescita del Paese, in confronto alla Germania e agli Stati Uniti. Coerentemente con il suo approccio politico, il governo francese sta ora affrontando la fase successiva alla crisi finanziaria ed economica con una serie di misure di risanamento dei conti pubblici, come condizione per il miglioramento della competitività del Paese.

Una politica per il miglioramento della competitività

Gli aspetti fondamentali della politica economica perseguita negli ultimi due anni sono: favorire l’innovazione e migliorare la competitività investendo nei settori del futuro e nelle infrastrutture fondamentali, sviluppare la concorrenza sui mercati dei beni e dei servizi e sostenere le PME (piccole e medie imprese) e le TPE (piccolissime imprese).
Sul primo aspetto il governo ha al suo attivo l’introduzione dell’autonomia delle università, che si sta estendendo rapidamente e interessa ormai la maggioranza degli atenei, accompagnata da un forte aumento dei finanziamenti pubblici, che non è rimesso in discussione nonostante la crisi. Sono stati incrementati anche i finanziamenti alla ricerca pubblica e concessi nuovi stimoli finanziari alla ricerca privata tramite crediti d’imposta. È stato valorizzato lo statuto degli insegnanti ricercatori e si è incoraggiata la creazione di società per il trasferimento tecnologico e il rafforzamento della ricerca applicata. Nuovi investimenti sono stati previsti per aumentare la copertura numerica e nei settori delle nanotecnologie, biotecnologie, energie del futuro (solare, eolico, biomasse e nucleare). È stato preparato un piano di rafforzamento delle infrastrutture critiche, con particolare riferimento a sette grandi porti marittimi. Infine si è pensato al turismo, con una maggiore possibilità di apertura dei negozi la domenica nelle zone turistiche e la soppressione degli ostacoli attuali all’apertura degli alberghi.

Per quanto riguarda lo sviluppo della concorrenza sui mercati dei beni e dei servizi, é stata rafforzata l’autorità della concorrenza, favorita la negoziabilità tariffaria nel settore dei beni di largo consumo (con la LME - Loi de Modernisation Economique) ed è iniziata la riforma dell’urbanistica commerciale. La liberalizzazione delle aperture si riferisce per ora alle sole superfici di vendita inferiori a 1000 mq, ma è in discussione in parlamento una nuova legge che attribuirà ai responsabili politici locali il potere di autorizzare l’apertura di nuovi negozi anche di superficie maggiore. Qualche passo in avanti si è anche fatto nella liberalizzazione delle professioni regolamentate, tramite la soppressione degli avoués (procuratori legali) e l’apertura di negoziazioni per ridurre le barriere all’ingresso alle professioni dei farmacisti, notai, tassisti e ufficiali giudiziari.

Quanto al sostegno delle PME e TPE, è stato creato, con straordinario successo, il nuovo regime di auto-imprenditore, che prevede consistenti sgravi fiscali per i piccoli imprenditori che non superano un certo livello di fatturato. Sono stati inoltre ridotti i termini di pagamento, facilitato l’accesso alla disponibilità di servizi finanziari e per l’introduzione in borsa e migliorati i rapporti con l’amministrazione pubblica.
Tutte queste misure possono essere considerate un sostegno indiretto ai consumi, tramite il moltiplicatore di medio periodo. Alle critiche dell’opposizione, il governo ha sempre opposto l’argomento che un sostegno diretto ai consumi, tramite sovvenzioni o prestazioni alle famiglie, sarebbe stato molto costoso ed economicamente inefficace, stimolando l’acquisto di prodotti stranieri a detrimento delle imprese nazionali. Senza contare che il livello dei trasferimenti sociali nel Paese è già molto elevato e costituisce di per sé un ammortizzatore in periodo di crisi.

Il sostegno dei consumi

Malgrado quest’orientamento generale di sostegno dell’offerta, per rispondere alle pressioni sociali, nel febbraio dell’anno scorso sono state anche introdotte alcune misure di sostegno diretto ai consumi. La più importante è il premio di 1000 euro per la rottamazione delle auto aventi più di dieci anni. Un’altra è la riduzione della tassa sul reddito per i contribuenti della prima fascia, pari ai due terzi dell’importo di questa imposta nel 2009. Altre misure hanno riguardato l’edilizia (finanziamenti per la costruzione di case popolari, raddoppio dei prestiti a tasso zero, proroghe dei permessi di costruzione non utilizzati alla scadenza) e il sostegno alla ricerca e alle PME.
Il governo ha inoltre varato nel giugno del 2009 un’importante riforma sociale, che può essere considerata anche una misura di sostegno ai consumi: l’RSA (Revenu de solidarité active). Introdotto in sostituzione dell’RMI (Revenu minimum d’insertion), l’RSA dovrebbe incentivare i disoccupati ad accettare posti di lavoro a bassi salari. Esso integra, infatti, questi ultimi portando il reddito dei lavoratori a un livello superiore a quello cui avrebbero diritto (RMI) senza lavorare. L’integrazione ha un valore medio di circa 200 euro per nucleo famigliare e, data l’elevata propensione al consumo di questi ultimi, costituisce senz’altro un sostegno ai consumi privati di beni e servizi.

Il deficit pubblico e la nuova politica di rigore

La necessità attuale di ridurre il deficit pubblico tramite una politica di rigore ha escluso il rinnovo nel 2010 delle misure eccezionali di sostegno ai consumi introdotte l’anno precedente. Le linee guida al bilancio pubblico dei prossimi tre anni prevedono anzi un programma molto severo di riduzione delle spese pubbliche.
Si è imposta la convinzione che, per rafforzare la competitività del sistema-paese e compensare così il rallentamento della domanda interna tramite la crescita sui mercati internazionali, sia inevitabile risanare rapidamente il bilancio statale riformando l’amministrazione pubblica e riducendo il passivo in particolare nelle gestioni delle pensioni (la riforma sarà discussa in parlamento nel prossimo autunno) e della sanità.
Il modello tedesco insomma, che pure è stato criticato in qualche dichiarazione pubblica, ha finito per imporsi come il modello di riferimento dell’attuale classe dirigente francese.
Per ora le misure introdotte sono limitate e si può citare la riduzione, di circa cinque miliardi di euro, degli sgravi e delle “nicchie” fiscali, i vantaggi concessi in situazioni particolari a determinate categorie di cittadini. Fra questi sono compresi i benefici in natura riguardanti i pasti dei dipendenti nel settore dell’ospitalità e della ristorazione, alcuni aiuti personalizzati agli studenti per sostenere il costo della loro abitazione e la riduzione dei vantaggi fiscali sui contributi riguardanti il personale di servizio a domicilio.
Queste ultime misure avranno un impatto limitato sui consumi, ma le imprese temono soprattutto l’effetto negativo della riduzione generale delle spese pubbliche e quello della riforma delle pensioni sulla propensione al consumo e si preparano ad affrontare una situazione di crescita debole nei prossimi anni.

*Professore a Advancia-Negocia e Direttore del “Centre de recherche sur le commerce” (CRC)di Advancia-Negocia a Parigi