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Agli italiani piace il digitale terrestre

Sarà la novità, sarà l’offerta ampia e variegata, ma agli italiani i canali digitali piacciono veramente tanto. Dopo Assocomunicazione, a ribadirlo ancora una volta è ‘La multimedialità in Italia’, l’indagine Eurisko Media Monitor presentata a Milano il 28 giugno da Remo Lucchi e da Giorgio Licastro, rispettivamente amministratore delegato e media measurement managing director di Gfk Eurisko. Eurisko Media Monitor è la piattaforma messa a punto dall’istituto di ricerca che misura oggettivamente l’esposizione a mezzi, veicoli e contenuti.

Un cambiamento significativo

Dal confronto dei dati di ascolto nel 2011 rispetto al 2010 è evidente un forte incremento del ‘volume di tempo’ (ovvero il rapporto individui per tempo medio di esposizione) dedicato alla televisione pari all’8,4%. Un dato in crescita che sorprende gli esperti - come ha sottolineato Remo Lucchi - convinti che il media televisivo avesse ormai esaurito le opportunità di fruizione, e che fosse destinato a subire la concorrenza temporale delle nuove tecnologie di intrattenimento (vedi social network e internet). Se però si osserva il motivo dell’incremento di tempo dedicato scopriamo che è da imputarsi quasi interamente ai maggiori ascolti dei canali dtt free. Infatti nel 2011 il volume di tempo degli ascolti dtt free ha avuto un delta incrementale del 152% (passando da 549 milioni di minuti a 1.387 milioni). Un incremento che non ha riguardato solo la quantità di tempo dedicato, ma anche le ‘teste’. Se nel 2010 gli ascoltatori sul dtt free nel giorno medio erano circa 15 milioni, già l’anno successivo erano aumentati di circa 9 milioni sfiorando i 25 milioni, con un incremento percentuale che si aggira intorno al 60%. Se nel 2010 l’ascoltatore dedicava al dtt free circa 37 minuti nel giorno medio, nel 2011 ne dedica circa 20 minuti in più (+57% circa).

Il perché di tutto ciò, secondo Lucchi, va spiegato con la fase di forte cambiamento, oltre che con la crisi economica, che l’Italia sta attraversando da qualche anno a questa parte. Le cause di questo cambiamento sono diverse e tra queste vanno ricordati il deterioramento dei cosiddetti ‘rapporti verticali’ (con la politica, le aziende, ma anche con i media) a favore di ‘rapporti orizzontali’, caratterizzati da una maggiore partnership; le evoluzioni socio-culturali; l’aumento della curiosità che ha avuto come conseguenza un aumento della multimedialità; infine un significativo cambio negli stili di vita.

Una delle conseguenze di tutto ciò è il progressivo cambiamento della dieta ‘mediale’.

Una nuova dieta ‘mediale’

A livello mediale, il risultato di questa evoluzione ha portato alla contrazione della frequenza di fruizione di alcuni mezzi e a una crescita di attenzione verso altri. Il tutto si è tradotto in un aumento della multimedialità. Da qui un’inevitabile contrazione dell’efficacia pubblicitaria, specialmente per quelle campagne basate su pianificazioni monomediali (solo tv generaliste, solo stampa, e così via).

La riduzione delle frequenze ha avuto come conseguenza la difficoltà di fare impatto attraverso un singolo mezzo e obbligato a fare frequenza attraverso campagne multimediali, con l’avvertenza che siano comunque monocreative.
Ma la decisione di raggiungere il proprio pubblico attraverso campagne multimediali presuppone una perfetta conoscenza del target di riferimento e della relativa dieta mediale.

Conoscere meglio il consumatore e le sue abitudini

“Prediligere ricerche olistiche, focalizzate su una conoscenza approfondita del consumatore e delle sue abitudini multimediali. Indagini dove tutti i mezzi più importanti siano misurati contemporaneamente e, nei limiti del possibile, oggettivamente, cioè non come risultato di dichiarazioni, ma attraverso meter elettronici”. A questa affermazione della World Federation of Advertisers (novembre 2005) si è attenuto Giorgio Licastro per la ricerca che ha preso in esame centinaia di variabili sull’individuo e sui dati relativi ai consumi, le tv generaliste, la pay tv, i canali Dtt Free, radio, quotidiani e periodici, free press.

Come già ricordato prima, il dato più significativo è quello relativo alla crescente importanza del digitale terrestre, dovuta in parte al fatto che alla fine del 2010 una porzione importante di territorio italiano ha compiuto la transizione dall’analogico al digitale.

Per rimanere in campo televisivo, bene, nonostante un leggero calo rispetto al 2010, anche le pay tv.

Internet è in lenta, ma costante crescita, complice anche la diffusione dei tanti social network.

Altra motivazione significativa l’incremento esponenziale dell’offerta nei canali dtt. Le aree del Paese già transitate al digitale prima del 2010 hanno contribuito per il 22% all’incremento di tempo, le aree che sono passate a fine 2010 hanno contribuito per il 58% e quelle non ancora transitate al digitale hanno contribuito per il 19%. Dai dati emerge inoltre che i nuovi canali dtt free rendono conto del 69% dell’incremento dei tempi, mentre i canali già esistenti hanno contribuito per il 31%. Anche presso le singole partizioni territoriali, è sempre l’offerta di nuovi canali che genera i maggiori incrementi di tempo. Nelle regioni già passate al Dtt free prima del 2010 l’incremento degli ascolti del digitale è stato dell’83% (+78% per i soli canali ‘nuovi’).

In altre parole – ha concluso Licastro – è stata l’offerta ad aver creato la domanda.

A cura di Barbara Tomasi