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01. La crisi e i suoi effetti: com'è vissuta dagli italiani e come si attrezzano per superarla

La crisi perdurante ha accresciuto l’insicurezza individuale e relazionale dopo la forte preoccupazione iniziale che per alcuni soggetti è sconfinata nel timore di una totale perdita di controllo.
Per la gran parte degli intervistati la situazione negativa non si è risolta e assomiglia a un lungo tunnel la cui uscita non appare a tutti a portata di mano.

Conservando la metafora della crisi come un tunnel il 40% degli intervistati pensa di essere a metà percorso, la stessa percentuale ritiene di non essere giunta a metà del guado e solo il 20% crede di essere in vista dell’uscita. Il maggior timore sembra essere quello di non disporre di abbastanza “ossigeno” per arrivare alla fine.

L’uscita dal tunnel sarà per la maggioranza degli intervistati contraddistinta da una ripresa lenta e faticosa, connotata da un serio problema occupazionale e da un conseguente aumento delle disparità sociali.

All’interno di questo ambiente dalle tinte fosche gli abituali colori del vivere, fatti di relazioni, ritmi, consumi paiono più spenti e indistinti, causando un crescente senso di insicurezza personale. Fra i possibili rimedi scelti per reagire ha prevalso quello di far leva sulle proprie capacità individuali per difendersi e contrattaccare a scapito di un approccio più civile, volto ad individuare forme di aggregazione e di solidarietà. Quando la crisi viene percepita come un pungolo al cambiamento, prevale comunque l’atteggiamento di risposta individuale e solo in un ambiente più acculturato la crisi viene vissuta come un momento per fare auto critica. In questo caso il cambiamento vorrebbe essere inserito in un contesto collettivo capace di captare questa disponibilità individuale, traducendola in forza collettiva positiva, basata su modelli sociali dotati di un senso di consapevolezza e responsabilità personale.
L’insicurezza si rispecchia in un degrado dei rapporti di lavoro in ambito aziendale. I lavoratori autonomi temono un ulteriore ridimensionamento della situazione economica del Paese con conseguenti difficoltà professionali. Lo scontro generazionale si esacerba perché l’occupazione non è più una condizione normale legata ad un individuo sano e attivo, ma è ormai percepita come un bene raro, messo sempre più in discussione, che ognuno tenta di tirare a se come se fosse una coperta troppo corta. La solidarietà si ritrova tra i parenti stretti e in famiglia che è vista come l’ultimo baluardo in cui trasmettere e conservare i valori.

Se si esaminano le preoccupazioni degli italiani di fronte alla crisi occorre segnalare che la criminalità e il mantenimento del posto di lavoro svettano per importanza, soprattutto fra le donne e le persone con il livello di reddito e di istruzione più bassi: certamente le categorie più fragili. Il tema occupazionale è anche avvertito dai giovani, specie al Sud e nel Nord Ovest. Il timore per la delinquenza è fortemente percepito al Sud. Per la prima volta quest’anno emerge una nuova paura: quella per l’individualismo esacerbato che si colloca al terzo posto fra le preoccupazioni degli Italiani. Le minori entrate fanno temere per il mantenimento del tenore di vita, anche se i prezzi non aumentano. Si ha più paura di indebitarsi eccessivamente piuttosto che non ricevere credito dalle banche. Parimenti sono temuti i rincari dei prezzi in generale e, in particolare, quelli dei servizi pubblici. Nel medesimo range si pongono altre due preoccupazioni: quelle relative all’ondata migratoria e quelle concernenti il declino dell’Italia rispetto agli altri Paesi.

Gli effetti della crisi implicano un serio ripensamento del proprio concetto di qualità di vita. Rispetto all’anno scorso è in aumento la categoria degli austeri che dal 48% passa al 59%. Quanti navigano a vista sono l’11%: una cifra stabile rispetto al 12% dell’anno precedente. Anche gli energici, ossia coloro che cercano di fronteggiare la crisi aumentando le entrate, sono stazionari, assestandosi sul 7%; mentre sono in lieve aumento i resistenti, cioè quanti difendono ad ogni costo il benessere raggiunto, opponendosi a tagli e rinunce.

La classifica dei sacrifici di fronte alla recessione è molto chiara: si comprimono le spese per i mobili, l’abbigliamento, i viaggi e le vacanze, il tempo libero e le collaborazioni famigliari, ma non si fanno tagli su istruzione, spese alimentari e mediche.

La recessione agisce anche sui valori aumentando quelli relativi alla sfera individuale e famigliare: acquisiscono importanza l’avere fiducia in se stessi, il credere nella famiglia e il saper porre dei limiti alle nuove generazioni, la forza d’animo, l’ecologia, lo spirito di sacrificio, l’umiltà, la flessibilità e l’autonomia del fare. Restano stabili i valori fondativi quali la solidarietà intergenerazionale, l’istruzione, la correttezza e l’onestà.

La crisi ha anche influito sull’atteggiamento verso il credito al consumo. I beni che si ritiene debbano essere sostenuti dal credito sono sempre più quelli legati a necessità primarie spesso incomprimibili: case, salute, istruzione. Non vi è alcuna solidarietà verso coloro che si sovraindebitano soprattutto per acquistare beni voluttuari. Agli operatori si chiede chiarezza sul TAEG e nella proposta complessiva, l’assistenza post vendita e la possibilità di disporre di prodotti assicurativi che annullino il debito in caso di impossibilità a restituirlo.