Ridurre le rotture di stock a scaffale per recuperare vendite e migliorare il servizio al consumatore
l'opinione di
Lo scenario
Negli ultimi anni il contesto economico, in particolare quello italiano, si è particolarmente complicato: i consumi interni rallentano se non addirittura diminuiscono; il Pil è stagnante (il secondo trimestre del 2008 ha segnato una diminuzione tendenziale del -0,1% a cui si associa una riduzione congiunturale del -0,3%), con andamenti mai così bassi negli ultimi quattro anni; l’inflazione continua a crescere: ad agosto è stata pari al +4,1% e conseguentemente la stima di quella “acquisita” per il 2008 è salita al +3,5%; le vendite della grande distribuzione rallentano nonostante questa forte inflazione: nei primi sette mesi dell’anno il dato calcolato sulla rete a parità, escludendo quindi le nuove aperture, segnala un trend del fatturato addirittura negativo per i grandi Ipermercati e una crescita ben al di sotto del tasso di inflazione per le altre superfici con conseguente riduzione dei volumi di vendita. Inoltre, siamo di fronte ad un consumatore sempre più attento a spendere meno e meglio, che sceglie i prodotti in modo sempre più consapevole.
Questo scenario rende sempre più critica e centrale la necessità di essere efficienti e preservare quanto più possibile i livelli delle vendite. Le imprese del largo consumo hanno cominciato quindi a misurare il livello di servizio al consumatore, all’atto d’acquisto, cioè nel primo momento della verità. Le prime misurazioni erano preoccupanti: il tasso di rottura medio europeo oscillava tra il 7 e il 10% con punte anche oltre il 25-30%. Tra voi, quale azienda come cliente accetterebbe passivamente un simile disservizio?
Come reagisce il consumatore che cerca il prodotto desiderato (se ne ha già pianificato l’acquisto) o, proprio di fronte allo scaffale, desidera scegliere la miglior risposta al suo fabbisogno (magari sollecitato da comunicazioni promozionali)? Nel caso di rottura di stock sullo scaffale può cambiare prodotto (nel 37% dei casi), può rinunciare all’acquisto (10% dei casi) o, se necessita proprio di quel prodotto, cambia negozio (20%).
A volte è quindi il produttore a perdere vendite, a volte è il distributore: in ogni caso abbiamo non soddisfatto una domanda potenziale e scontentato un cliente.
Fin dall’inizio si è cercato di stimare le vendite perse a causa degli stock-out: anche se non è certo una scienza esatta, i primi calcoli portavano al 14% di media con punte anche superiori al 20%. In situazioni particolari sono stati misurati danni anche maggiori.
L’OSA comprende quindi tutte le iniziative per misurare le rotture di stock a scaffale e le sue conseguenze su vendite e disservizio, individuare le cause principali e i processi chiave che non hanno funzionato, sensibilizzare gli attori della filiera per correggere insieme i malfunzionamenti, monitorare i cambiamenti e i risultati.
Le iniziative OSA di Ecr Italia
Dopo i primi studi lanciati da Ecr France ed Ecr Europe, che per la verità classificavano il sistema Italia tra i peggiori (13,8% di rotture: una referenza su 8 risultava mancante), Ecr Italia ha coordinato progetti multiaziendali di misurazione e di cambiamento.
I gruppi di lavoro, facilitati da AchieveGlobal, hanno definito criteri e regole di misurazione, valutato le performance (per categoria, per format, per flusso continuativo o promozionale), lavorato insieme per recuperare vendite e servizio al consumatore.
I risultati sono stati diffusi con la pubblicazione di manuali e l’erogazione di workshop e di corsi di formazione.
Le aziende hanno potuto così affrontare insieme le rotture di stock, rilevare e scambiarsi i KPI, secondo gli standard di Ecr Italia, valutare insieme priorità d’intervento, potenziali di miglioramento e azioni correttive a breve e a medio.
Cause principali e aree d’intervento
La ricerca delle cause parte proprio dallo scaffale: spesso il prodotto è fermo in riserva e non ha percorso gli ultimi 10 o 20 metri; a volte non è stato ordinato dal punto vendita o è arrivato in ritardo o in quantità insufficiente. Se la mancanza di prodotto è prolungata nel tempo o è diffusa in più punti di vendita, allora è probabile che manchi nel centro di distribuzione, per un errore di previsione o di rifornimento; se inoltre manca in diverse catene, la rottura può essere ancora più a monte, nella filiera del produttore.
Se infine la rottura riguarda una referenza in promozione, i danni sono maggiori e il disservizio è più sentito.
Una cosa è certa: se il prodotto manca sullo scaffale, qualcuno dei processi a monte non ha funzionato a dovere. Occorre allora intervenire sui processi di riordino, o di previsione, o di interfaccia, con approccio interfunzionale e integrato IDM-GDO.
In effetti i gruppi di lavoro OSA sono sempre stati composti da tutte le funzioni aziendali coinvolte nella supply chain e nel servizio al consumatore.
Il convegno OSADAY del 24 settembre 2008
Le iniziative OSA partono dalla misurazione delle performance correnti: misurazioni dettagliate per singolo punto di vendita, per giorno della settimana, per referenza specifica (in promozione o in continuativo). Tale misurazione non può essere una scienza esatta e si deve concordare sia il livello più opportuno di dettaglio e di approssimazione sia il grado di certezza e di sicurezza nell’interpretazione dei fenomeni e delle cause primarie. Tali scelte sono legate anche alla cultura e alla struttura dei diversi mercati e canali:
- In Inghilterra, patria culturale della Customer service & satisfaction, nonché mercato con la più alta quota di marca privata, l’OSA è approcciato in gruppi di lavoro multiproduttore guidati dal distributore, come interfaccia diretta con il consumatore-acquirente.
- La Francia, caratterizzata da grandi superfici e da alti livelli d’informatizzazione, lancia fin dal 2001 l’OSA Monitor che ad oggi copre praticamente tutta la rete degli Iper, con rilevazioni giornaliere su tante categorie. Ecr France presenta quindi gli andamenti negli anni delle rotture di stock tra le diverse categorie, la loro oscillazione e l’impatto sulle vendite mancanti, stimato con algoritmi basati prevalentemente sul profilo giornaliero delle vendite e sulla loro flessione riconducibile alle rotture per le referenze ad alta-media rotazione.
- In Germania con aziende della distribuzione meno sofisticate e con consumatori tradizionalmente pragmatici e meno “fantasiosi”, il ruolo del produttore è prevalente, come lo era stato nel Category Management e in altre practice Ecr. Barilla, produttore leader in Italia e con forte presenza anche in Germania, metterà a confronto le esperienze OSA vissute nei due paesi.
- Per l’Italia parlano due aziende protagoniste: Coop, distributore multicanale con esperienze OSA sia negli Iper sia nei Super (dove algoritmi basati solo sulla velocità di vendita non sempre sono affidabili e le cause vanno ricercate con approcci differenziati in relazione ai modelli distributivi) e Sanpellegrino/ Nestlè, gruppo multiprodotto che ha affrontato l’OSA su più categorie e insieme a diversi distributori clienti.
- AchieveGlobal presenterà infine i kpi standard, concordati nei gruppi di lavoro Ecr Italia per misurare le rotture di stock, basati sulle vendite e sulla giacenza nel singolo punto vendita. Verranno anche presentati i kpi per l’intera filiera, per evidenziare le caratteristiche legate alla merceologia/ tecnologia del prodotto, all’ampiezza dell’assortimento e alla volatilità della domanda, e alla complessità fisica della supply chain.
In chiusura sono descritti due esempi di strumenti informativi per monitorare le performance nel singolo punto di vendita: il primo capace di dare allarmi ravvicinati per un pronto intervento a recuperare le rotture e di fornire indicazioni anche sulle probabili cause, il secondo capace di monitorare la velocità di sell-out della singola referenza e richiedere il rifornimento in tempo utile per prevenire la rottura stessa.
L’OSA e la centralità del consumatore
Con l’OSA si chiude idealmente un cerchio che vede al centro il consumatore come obiettivo di tutte le iniziative Ecr: dal CRM collaborativo, per comprenderlo e curarlo, al Category Management per costruire la migliore offerta per il consumatore target, al Supply Chain Management per raggiungere l’efficacia delle operazioni, curandone anche l’efficienza complessiva, e per finire con l’OSA che verifica nel punto di vendita se il consumatore è, in effetti, ben servito e la sua domanda è pienamente soddisfatta.
*sintesi del suo intervento al convegno “OSA DAY - Optimal Shelf Availability” – Milano, 24 settembre 2008
Bruno Aceto è direttore generale Indicod-Ecr