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La fatturazione elettronica sostiene il digitale nei processi di business

Nonostante l’implementazione di strumenti digitali nelle aziende italiane siamo ancora lontani da una piena maturità digitale. La fatturazione elettronica è la testa di ponte per dispiegare tutti i benefici dell’e-commerce nelle relazioni di filiera

Gli obblighi normativi relativi alla fatturazione elettronica hanno determinato una crescita consistente della digitalizzazione nel business to business. La fatturazione elettronica, infatti, nel corso del 2019 ha rappresentato un passo importante del percorso della loro digitalizzazione, con un tasso di crescita doppio rispetto all’anno precedente. Ed è la soluzione B2B più diffusa.

Questi mesi di emergenza sanitaria, poi, hanno evidenziato l’importanza del digitale per poter garantire la continuità operativa delle aziende anche in situazioni straordinarie, sottolineando la differenza fra le organizzazioni già strutturate con processi digitali, che hanno facilmente creato le condizioni per il lavoro da remoto, e le realtà indietro nel percorso di digitalizzazione, che durante la crisi hanno incontrato più difficoltà.

Sono le considerazioni di base dell’ultima edizione dellOsservatorio e-commerce B2b della School of Management del Politecnico di Milano, secondo il quale l’anno scorso 2,09 miliardi di fatture elettroniche sono transitate attraverso il Sistema di interscambio (SDI), inviate da 3,9 milioni di imprese, pari al 78% del totale. Il 55% è destinato a soggetti privati (B2B), il 44% a consumatori finali (B2C), l’1% alla pubblica amministrazione (B2G). Quasi il 60% è stato emesso da imprese del Nord Italia (il 34% in Lombardia) e il 47% proviene dai settori del commercio all’ingrosso e al dettaglio e delle utility. Le grandi imprese hanno trasmesso il 57% delle fatture, le PMI il 23%, le micro imprese e le ditte individuali il restante 20%.

Benefici e criticità della fatturazione elettronica

Dopo un anno di fatturazione elettronica, si iniziano a vedere i primi benefici nel contrasto all’evasione: da gennaio a novembre sono stati individuati e bloccati falsi crediti IVA per 945 milioni di euro su 104,7 miliardi di euro di versamenti. In questi 11 mesi i versamenti sono aumentati del 3,6% rispetto al 2018, con un aumento attribuibile alla fatturazione elettronica stimato tra 0,9 e 1,4 miliardi di euro tra gennaio e giugno 2019.

Figura 1 – La fatturazione elettronica in Italia

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Fonte: School of management Politecnico di Milano “Osservatorio e-Commerce B2b” 2020

Inoltre i benefici diretti rilevati dalle imprese riguardano sia il ciclo passivo, con risparmio di tempi e costi, riduzione degli errori, miglioramento della qualità delle informazioni e dei processi, sia il ciclo attivo, con benefici in termini di efficienza (meno costi legati ai materiali consumabili e minor tempo di esecuzione delle attività). Il 16% percepisce però degli appesantimenti sul ciclo passivo, come una scarsa fluidità del processo di riconciliazione della fattura con altri documenti del ciclo dell’ordine, e il 28% sul ciclo attivo, ad esempio per la necessità di personalizzare molte informazioni all’interno delle fatture su richiesta dei clienti o per il doppio flusso di invio a SDI e in EDI. La fatturazione elettronica può portare anche benefici indiretti, migliorando le attività connesse al processo di fatturazione, ma solo un’impresa su tre li percepisce (34%). Fra le grandi aziende la percentuale sale al 40%, con i miglioramenti più significativi che riguardano il monitoraggio dei crediti insoluti (50%) e la gestione fiscale (49%), mentre fra le PMI una su tre riscontra benefici, specialmente nella contabilità analitica (33%).

«Nonostante i numeri di adozione soddisfacenti, però, siamo lontani da una vera maturità digitale dei processi B2B: attualmente si stanno cogliendo i benefici sulle attività più direttamente connesse all’obbligo, ma si sta investendo ancora poco per inserirla in un processo digitale più esteso», osserva Paola Olivares, Direttore dell’Osservatorio Digital B2b.

Inoltre, aggiunge Riccardo Mangiaracina, responsabile scientifico dell’Osservatorio Digital B2b, che «Gli investimenti in collaborazione si stanno diffondendo anche nelle imprese più piccole e meno strutturate ma la maggior parte di esse si limita ad adottare singoli strumenti non integrati fra loro. Ora più che mai, per restare competitivi e sopravvivere, le imprese devono accelerare i processi di digitalizzazione e di integrazione».

Infatti l’estensione ad altri documenti del ciclo dell’ordine è ancora limitata: l’ordine elettronico è stato inviato dal 26% delle aziende, il documento di trasporto (DdT) dal 20%, solo il 12,9% dei fornitori e il 9,6% dei clienti gestiscono in modo elettronico i tre documenti. Più avanzata la digitalizzazione dei processi interni, con il 72% delle aziende che utilizza almeno uno strumento fra ERP, CRM, sistemi di conservazione digitale o di gestione elettronica documentale e workflow approvativi. Il 53% delle imprese ha digitalizzato almeno una delle tredici fasi che compongono l’e-procurement (dall’albo fornitori alla loro qualifica, fino alla gestione del catalogo elettronico) e l’e-supply chain collaboration - l’impiego di strumenti digitali per la gestione di processi collaborativi come il monitoraggio della supply chain - è presente nel 32%.

Anche quest’anno l’Indice Desi 2020, che misura il livello della digitalizzazione dell’economia e della società nei 28 paesi dell’UE, assegna all’Italia il 24esimo posto, con qualche passo indietro rispetto all’anno precedente. “Il paese – si legge nel rapporto – è in una buona posizione in termini di preparazione al 5G, in quanto sono state assegnate tutte le bande pioniere e sono stati lanciati i primi servizi commerciali. Sussistono carenze significative per quanto riguarda il capitale umano. Rispetto alla media UE, l'Italia registra livelli di competenze digitali di base e avanzate molto bassi. Anche il numero di specialisti e laureati nel settore Tlc è molto al di sotto della media UE. Queste carenze in termini di competenze digitali si riflettono nel modesto utilizzo dei servizi online, compresi i servizi pubblici digitali. Solo il 74% degli italiani usa abitualmente Internet. Sebbene il paese si collochi in una posizione relativamente alta nell'offerta di servizi pubblici digitali (e-government), il loro utilizzo rimane scarso. Analogamente, le imprese italiane presentano ritardi nell'utilizzo di tecnologie come il cloud e i big data, così come per quanto riguarda l'adozione del commercio elettronico”. L'Italia si colloca invece al 22esimo posto nell'UE per quanto riguarda l'integrazione delle tecnologie digitali: per quanto riguarda lo scambio elettronico delle informazioni, viene effettuato dal 35% delle imprese, contro una media europea del 34%. Il divario tra l'Italia e l'UE si invece sta allargando per quanto riguarda il commercio elettronico. Solo il 10% delle PMI italiane vende online (cifra ben al di sotto della media UE del 18%), il 6% effettua vendite transfrontaliere in altri paesi dell'UE (8% nell'UE) e trae in media l'8% del proprio fatturato dalle vendite online (11% nell'UE).

Figura 2 – Indice di digitalizzazione dell’economia e della società, UE ranking 2020

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Fonte: Commissione Europea

EDI e integrazione di filiera

L’e-commerce B2B italiano, cioè il valore degli ordini scambiati tramite strumenti digitali tra i soggetti residenti sul territorio nazionale, vale circa 410 miliardi di euro nel 2019, con una crescita del 14% rispetto all’anno precedente e un’incidenza del 19% sui 2.200 miliardi di transato interno B2B. Il 54% di questo valore è generato da sei filiere - automotive (24%), largo consumo (19%), farmaceutico (5%), tessile e abbigliamento (3%), elettrodomestici ed elettronica di consumo (2%), e materiale elettrico (1%) - in calo di 3 punti sull’anno precedente, ma l’aumento del valore complessivo significa che altre filiere stanno completando il cammino digitale.

L’EDI, una delle tecnologie alla base dell’e-commerce B2B, è adottato da 19.000 imprese (+19%) che scambiano 240 milioni di documenti (+14%).

La fattura resta il documento più inviato in EDI con 55 milioni di unità, ma per il primo anno non quello con la crescita più elevata (che su EDI ha fatto registrare numeri in linea con il 2018). A crescere di più sono le conferme d’ordine (+13%) e gli avvisi di spedizione (+9%). Se da un lato l’introduzione dell’obbligo tra privati ha frenato l’attivazione di canali alternativi a SDI (come l’EDI) per la trasmissione del solo file fattura, dall’altro l’adempimento ha portato le aziende a incrementare l’utilizzo di un formato strutturato anche per altri documenti del ciclo dell’ordine.

Cresce anche il numero dei marketplace B2B, piattaforme che permettono di vendere in Italia prodotti nazionali ed esteri, a supporto dei processi di digitalizzazione delle imprese. L’Osservatorio ne ha censiti 39, 16 in più di un anno fa, di cui il 67% è transazionale, utilizzato dalle aziende che emettono l’ordine direttamente sulla piattaforma e in alcuni casi anche altri documenti, il 28% è utilizzato per attività di lead generation, il 5% viene usato come vetrina di promozione dei prodotti. Oltre la metà è pensata solo per i processi B2B (54%), il 46% copre sia il mercato B2B sia quello B2C.

Figura 3 – Il valore dell’e-commerce B2B, l’EDI e i marketplace

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Fonte: School of management Politecnico di Milano “Osservatorio e-Commerce B2b” 2020

Una recente ricerca Netcomm proprio sul commercio digitale B2B ha evidenziato come i compratori B2B mostrino gli stessi bisogni e trend dei consumatori online, non solo negli acquisti di materiali e servizi marginali, ma anche negli acquisti industriali e strategici. Secondo Mario Bagliani, senior partner di Netcomm Services, «Le aziende necessitano di risparmiare tempo, trovare soluzioni e fornitori nuovi, consultare contenuti, informazioni e prezzi velocemente, trovare soluzioni al miglior prezzo, fare ordini e avere assistenza in qualsiasi momento della giornata, disporre di servizi di consegna e logistica sempre più rapidi. E tutto questo è reso possibile dalla digitalizzazione dei processi commerciali B2B, che prevediamo si evolveranno ancora più rapidamente, accelerati dall’emergenza del Covid-19».

Proprio l’emergenza sanitaria ha imposto una forte revisione delle più tradizionali modalità di lavoro. Scrivono i ricercatori che “ha creato un nuovo paradigma che ha scardinato le classiche logiche lavorative i ponendo un utilizzo esteso del digitale, diventato uno strumento imprescindibile per garantire la continuità operativa delle attività. La maggior parte delle aziende intervistate afferma che, finita la pandemia, difficilmente si ritornerà al modus operandi del passato. Guardando il bicchiere mezzo pieno, possiamo leggere questi mesi come un’occasione per le aziende di rivedere i processi e le prassi consolidate negli anni e di integrare digitalmente la propria struttura con l’esterno (clienti e fornitori). Il digitale è stato il vero protagonista di questi mesi: ha consentito di portare avanti i processi aziendali e di aprire nuove possibilità di sviluppo del business che fino a pochi anni fa sarebbero state considerate utopistiche”.

È però necessario un ulteriore salto verso la piena integrazione dei processi aziendali e a supporto delle relazioni di filiera, soprattutto quelle collaborative.

A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab