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La rivoluzione copernicana e il rinascimento del retail

Nell’ultima edizione di Retal Innovations di Kiki Lab i casi di successo internazionali mostrano come le innovazioni sono vincenti solo se propongono esperienze

Archiviato il dibattito sulle differenze tra omnicanalità, crosscanalità, multicanalità, tra ciò che distingue l’online e l’offline, sulla prevalenza dell’uno sull’altro o viceversa, l’attenzione del rapporto tra retailer e clienti si sposta tutto sull’esperienza. Meglio sull’omniexperience.

Che non è altro che il riappropriarsi, da parte di chi svolge un’attività di vendita o di somministrazione dell’essenza stessa del fare commercio.

Dal punto di vista del consumatore, poi, non ci sono differenze tra il momento dell’acquisto e quello del consumo, visto che la vendita di un prodotto alimentare o non alimentare prevede che ci sia comunque nello stesso luogo e nello stesso momento anche la possibilità di mangiare o bere qualcosa.

Si realizza anche nel commercio l’unità aristotelica di luogo, tempo e azione, quasi che nei moderni punti vendita vada in scena una vera e propria rappresentazione drammaturgica: la contemporanea rappresentazione del consumo. E il food & beverage si trasforma in un vero e proprio driver di sviluppo e crescita, come dimostrano le varie acquisizioni o creazione di nuovi format in questi ultimi tempi, come l’acquisizione della rete di Costa Cafe da parte di Coca Cola

La tecnologia è un mezzo, non il fine

L’ultima edizione di Retail Innovations, annuale sintesi delle analisi condotte su scala internazionale da Kiki Lab e da Ebeltoft Group concorre a comprendere meglio la scena attuale. Suffragata da esempi concreti, la ricerca individua una serie di evidenze (le tecnologie, i servizi, i millennials, le start up, la personalizzazione) che orientano i retailer a operare in uno scenario che, complici l’evoluzione tecnologica e il mutare delle aspettative delle persone, richiede continue e veloci messe a punto. «Ma non bisogna confondere l’innovazione con il semplice utilizzo della tecnologia – afferma Fabrizio Valente, fondatore e ceo di Kiki Lab – che diventa un mezzo, non il fine. Innovazione significa ripensare in maniera intelligente l’esperienza del cliente, cambiando da parte dei retailer l’approccio complessivo».

Un approccio non facile che si muove lungo un mainstream alle cui estremità troviamo il downsizing, la riduzione delle superfici di vendita e, all’opposto, l’upsizing, l’ampliamento dei luoghi fisici dove l’offerta di esperienza serve per attrarre clienti.

Da un lato, cioè, esempi come quello di E. Leclerc Drive Piéton, un drive pedonale in centro città lanciato dal campione degli ipermercati, per il ritiro della spesa ordinata online. Format da 50 metri quadrati con la possibilità di accedere online all’assortimenti di 12 mila referenze (contro le sei mila di un supermercato di città). Lanciato nel 2017 e attivo in 27 location è già considerato il supermercato di riferimento dal 54% dei clienti. La brasiliana Pontofrio coniuga i 170 metri quadri a disposizione per realizzare un negozio test di elettronica ed elettrodomestici, dove lo scaffale è virtuale su grandi schermi e i prodotti esposti sono tutti collegati e si possono sperimentare. Un mix in funzione della dimensione dell’elettrodomestico, con uso della realtà virtuale per visualizzare le soluzioni nel proprio ambiente domestico. Con la tecnologia del riconoscimento facciale si arriva ad analizzare la soddisfazione del cliente confrontando la sua espressione all’entrata e all’uscita del punto vendita.

All’estremo opposto, vi sono i 5.500 metri quadrati su cinque piani di L&T Sports a Osnabrück dove trovano spazio anche una palestra che riproduce le condizioni di allenamento in quota a 3 mila metri e una piscina coperta con onde artificiali dove i clienti possono testare le tavole da surf o fare un po’ di surf in città.

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Esperienze, fluidità, coinvolgimento

Lungo questo asse principale, vi sono tre le aree chiave di innovazione individuate da Valente dove tecnologia, fluidità e coinvolgimento si intrecciano nell’offrire un’esperienza complessiva lungo tuti i punti di contato tra retailer e cliente.

Le tre aree sono omniexperience, engagement e smart retail. Spiega Valente: «Oggi si richiede una rivoluzione copernicana per una maggiore attrazione e soddisfazione dei clienti: non ragionare più in termini di canali ma di esperienza complessiva di ogni singolo cliente. Il coinvolgimento è un processo che facilita le innovazioni perché riesce ad attivare i canali emozionali dei clienti, arrivando fino a coinvolgerli nei percorsi di co-progettazione, trasformandoli in ambasciatori dell’insegna. Senza contare che il coinvolgimento consente di uscire dalle logiche soffocanti legate al prezzo che limitano i margini. Velocità e semplicità sono fattori sempre più ricercati e apprezzati: processi di acquisto e decisionali fluidi, snellimento dei processi di pagamento, negozi auto-esplicativi, e addetti che possano dedicarsi a interazioni con i clienti a maggior valore aggiunto sono tutti aspetti che rendono lo shopping smart e più emozionale, qualcosa di molto distante dal noioso buying».

Gli esempi sono numerosi. La polacca Eobuwie.pl è un concept store di scarpe dove, però, le scarpe non ci sono. Al loro posto, in un ambiente minimalista, 45 schermi per navigare nel catalogo virtuale, ordinare online il prodotto tra le 40 mila referenze disponibili di 450 brand ricevere le scarpe in un luogo diverso oppure rivederle e provarle direttamente in negozio per acquistarle subito. Sempre in area omniexperience il negozio Tom Ford Beauty a Londra unisce multisensorialità e digital in uno spazio di 130 metri quadri su due piani e sei piccoli spazi, ognuno dedicato a un’esperienza specifica (vendita, laboratorio di profumeria, make-up, servizi per spose, spazio eventi vip, spazio uomini). Il ruolo del digital è originale: le sessioni di make-up e i test di rossetto vengono videoregisrati e i tutorial così ottenuti sono inviati alle clienti. Ancora nel beauty, l’americana Glossier è una boutique che nasce dall’esperienza della blogger Emily Weiss, che dopo aver lanciato online il brand, approda a uno spazio fisico dove tutto è “instagrammabile” ed è particolarmente rivolto a teenager e millennial.

Gli stessi millennial sono nel mirino di Imagin Café a Barcellona, filiazione del gruppo bancario Caixabank: uno spazio multifunzonale che unisce co-working, mostre ed esposizioni, caffetteria, eventi e concerti. Il tutto per fidelizzare i millennial cambiando l’approccio tradizionale di una banca, con il risultato di avere acquisto oltre un milione di clienti online con un’età media di 23 anni.

Dalla Cina all’Italia

La Cina è ormai luogo deputato all’innovazione e tre esempi dall’ecosistema Alibaba lo dimostrano. Hema (vincitore dell’Ebeltoft retail innovation award) è un superstore che utilizza le ultime tecnologie per valorizzare la retai experience. Con lo smartphone si punta il QR code per ottenere informazioni, si paga la spesa, ma non viene accettato altro metodo che non sia Ali Pay, perché la carta di credito è ormai obsoleta (e chi non ce l’ha ottiene l’account in pochi minuti guidato dagli addetti), si ordina il cibo al ristorante dove la consegna è robotizzata (tranne le zuppe e i piatti famiglia). Il superstore è anche centro logistico per la spesa ordinata online e consegnata in mezz’ora nel raggio di tre chilometri.

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Questo punto vendita si trova all’interno di More Mall, cento commerciale sviluppato da Alibaba, dove i tenants hanno come impegno quello di sviluppare concept innovativi e tecnologici. Il mall si caratterizza inoltre per il coinvolgimento costante dei clienti, inclusa la presenza di influencer che condividono in tempo reale dal vivo o con schermo contenuti e post con i visitatori. Infine, Tmall è un supermercato self-service automatizzato di tremila metri quadrati dove si impiegano le tecnologie più innovative, come il riconoscimento facciale ed emotivo e l’eye tracking, per analizzare il profilo dei clienti, le abitudini e le preferenze, arrivando ad applicare “sconti emozionali”. Come dire: più sorridi, meno paghi.

Significativi gli esempi italiani. Tra questi, Lanieri e Velasca, rispettivamente operanti nella vendita online (ma con presenza di spazi fisici) di abiti e calzature personalizzati con tool e tutorial per aiutare i clienti a prendere le proprie misure. Nell’alimentare Nova Coop e Conad, con il superstore Botticelli il primo, esempio virtuoso di co-progettazione con i collaboratori, che hanno generato idee innovative, in particolare dedicate a una migliore fluidità e alla riduzione del tempo da dedicare alla spesa e, il secondo, con il Conad Superstore di Pescara, che si basa sul forte coinvolgimento dei clienti con degustazioni in tutti i reparti, dalle carni cotte alla piastra all’enoteca dove degustare vini dagli apposti dispenser, dall’ampia offerta di prodotti pronti per il consumo (pesce) alla macchina per pelare gli ananas al momento.

Pur con lo sforzo necessario per classificare i diversi esempi in ciascuna delle aree individuate, ciò che risulta ancora più evidente da questa edizione di Retail Innovations è il fatto che nel punto vendita si concentrano tutte le forze che stanno cambiando il retail, rivoluzione digitale compresa, una macchina complessa nella quale la rotta da mantenere, come conclude Valente, «parte dai clienti, dalle loro evoluzioni, dai loro bisogni e desideri per giungere alle soluzioni possibili. Al centro del rinascimento del retail ci sono sempre le persone: clienti e collaboratori».

A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab