Lo smartphone fa sognare ma…
I dati pubblicati di recente da Nielsen, pur se riferiti al 2012, sono estremamente rilevanti. Su 41 milioni di italiani che utilizzano di tanto in tanto Internet - 29 attivi nel mese e 14 a livello giornaliero - ben 23 milioni vi accedono da strumenti ‘mobili’. Il 97% della popolazione dispone di un cellulare. Il 62% sono smartphone. Il 35% dei nostri concittadini dispone di più di un ‘mezzo mobile’. Il 49% li usa per scaricare applicazioni, il 47% per fare social networking, il 42% usa il gps e i servizi di localizzazione, il 15% se ne serve per fare acquisti di e-commerce, il 14% scannerizza codici a barre e QR code.
Inutile nasconderlo: chi più chi meno siamo tutti affascinati da questi moderni concentrati di tecnologia chiamati smartphone e dalle loro prestazioni, sempre più orientate all’intrattenimento piuttosto che alla funzione primaria del telefonare. I dati pubblicati da comScore a fine febbraio, relativi al 2012, mostrano che nei primi 5 paesi europei solo poco più dell’8% dei possessori di cellulari li usano per chiamate vocali (erano l’11,5% l’anno prima). Quelli che usano la funzione SMS passano dal 42,1% al 32,5%. Il che significa che il 59,3% li usa come ‘mobile media’, in crescita del 30% in un solo anno, anche grazie al fatto che su 4 telefoni acquistati 3 sono smartphone. E, infatti, le attività più frequenti dei loro possessori sono, nell’ordine, la gestione delle e-mail personali, le previsioni meteo, l’accesso a social network e blog, l’instant messaging, l’effettuazione di ricerche, la lettura delle news, l’uso delle mappe, la consultazione di notizie sportive, la gestione delle e-mail di lavoro e la condivisione di video e foto.
Non sorprende allora che questi strumenti abbiano un effetto ipnotico sulla maggior parte di noi, quando abbiamo un momento di relax ma anche camminando per strada, al volante o in bicicletta, al bar o al ristorante, soprattutto se pranziamo da soli.
Ma, preso atto dei cambiamenti macroscopici nei comportamenti delle persone, di cui siamo tutti testimoni e che influenzano la vita sociale di ogni giorno, veniamo alle implicazioni più legate al mondo del lavoro. A partire dal luogo dove trascorriamo in tutto o in parte la nostra giornata, in funzione del tipo di attività che svolgiamo.
Perché i mezzi di comunicazione ‘mobili’ ci consentono di essere meno ancorati di una volta alla tradizionale postazione di lavoro. Oggi è facile trasformare la propria auto in studio, oppure ottenere il permesso di lavorare da casa e, in tal caso, permettersi di evitare la scrivania, a vantaggio magari di un’isola del divano predisposta per il portatile o l’iPad. E la sera l’ultima mail, proposta o relazione non la si può forse digitare standosene comodamente seduti sul letto? Allo stesso modo su certe tratte il treno è diventato molto più pratico rispetto all’aereo, imponendo meno vincoli per quanto riguarda l’utilizzo delle apparecchiature elettroniche e consentendo così di trasformare tempi morti di trasferimento in efficaci sessioni di lavoro.
Come dire che le innovazioni introdotte nel mercato da Apple e dai suoi concorrenti hanno trasformato, oltre al mercato dell’information e communication technology, anche quelli dei trasporti, delle locazioni immobiliari e dei mobili da lavoro.
Così come ne è sempre più condizionato ciò che accade nei punti di vendita. Negli Stati Uniti, sulla scia degli Apple Store, Barneys New York e Urban Outfitters stanno disinvestendo dai tradizionali registratori di cassa, per dotare il personale di smartphone con lettori per le carte di credito. Soluzione che pare costi 1.500 dollari, contro i 4.000 necessari per quella tradizionale e, in più, consente di liberare risorse per seguire e consigliare i clienti nel corso del processo d’acquisto. Walmart, invece, sta testando l’applicazione ‘Scan&Go’ che permette ai clienti di caricarsi la lista della spesa, interagire con il sistema informativo di punto vendita, verificare i prodotti out of stock, ottimizzare il percorso tra gli scaffali, usufruire delle promozioni sulle referenze scelte o altre proposte dal retailer e, ovviamente, fare il selfscanning. In questo caso si tratta di una soluzione proprietaria del distributore. Ma esistono già applicazioni syndicated per le catene di medie dimensioni, a testimonianza della rapida diffusione di queste tecnologie al servizio del pubblico.
Un’altra conseguenza al centro del dibattito da parte degli operatori di marketing, soprattutto negli Stati Uniti, è senz’altro il cosidetto ‘showrooming’. Termine con cui si indica l’uso sempre più frequente del negozio per acquisire informazioni, provare o almeno toccare con mano i prodotti, utilizzando tuttavia lo smartphone per confrontare i modelli, la disponibilità, i prezzi, le promozioni e i prodotti alternativi, offerti da altri distributori on o offline prima di prendere una decisione finale in merito all’acquisto.
Ma non va trascurato nemmeno l’impatto negativo dell’uso degli smartphone nei tempi morti trascorsi in attesa di effettuare il pagamento sulla vendita dei prodotti d’impulso posizionati in avancassa: snack, pastigliaggi, gomme da masticare e anche riviste. Categorie che hanno visto flettere talmente gli acquisti da indurre le aziende a studiare le contromosse, compreso lo spostamento delle esposizioni speciali in altre aree del supermercato.
Le aziende hanno subito colto il segnale proveniente dal mercato, e sono impegnate a trasformare gli smartphone in strumenti per veicolare le loro comunicazioni e le promozioni, oltre che centinaia di applicazioni dalle funzionalità più varie.
Esistono tuttavia chiare evidenze che l’utente degli smartphone e dei tablet (così come quello del computer) sia insofferente verso forme di sollecitazione non rilevanti e intrusive, tanto per quanto riguarda la comunicazione che le promozioni. E che sia disposto a interagire con le marche solo a fronte della possibilità di ottenere campioni gratuiti o sconti per l’acquisto di prodotti ai quali è interessato.
Né tutte le funzionalità proposte entrano nelle abitudini del pubblico. Negli Stati Uniti, per esempio, una ricerca condotta dalla Federal Reserve su 2.600 individui ha rilevato che nel corso del 2012 circa il 50% dei possessori di smartphone ha scaricato app e utilizzato servizi web offerti dalla loro banca, con un incremento del 33% sull’anno prima. Solo il 6%, invece, lo ha usato per effettuare pagamenti e meno del 25% ha dichiarato di essere interessato a utilizzare questo servizio, preferendo continuare a servirsi delle carte di credito. É invece già entrato nelle abitudini della gente l’uso dell’apparato fotografico del telefono per ‘depositare’ assegni. Pare infatti che ne vengano processati più di 100.000 al giorno, a meno di un anno dall’introduzione del servizio.
Anche la Near Field Communication sembra destinata a uno sviluppo più lento di quanto previsto in origine. La ricerca Interactive Europe di CBC Outdoor condotta su 5.000 persone in 6 paesi europei ha riscontrato che, nonostante un incremento di 10 volte degli smartphone abilitati, la conoscenza delle potenzialità da parte degli utenti è passata solo dal 6 all’8%. Motivo per cui sarà necessario indagare in modo più approfondito il livello di attrattività per il pubblico finale delle applicazioni pratiche già disponibili.
Il codice GS1, che proprio 40 anni fa diventava lo standard riconosciuto nel mondo del largo consumo, ha rappresentato una rivoluzione nella gestione delle transazioni alle casse dei punti di vendita, ma anche nella realizzazione di servizi con ricadute in chiave marketing, come, per esempio, i panel retail di Nielsen e Symphony IRI, la profilazione della clientela attraverso le carte fedeltà e oggi la certificazione dei buoni promozionali.
L’introduzione dell’RFId ha rappresentato un’altra tappa fondamentale nell’evoluzione in chiave moderna dell’efficienza sul fronte della logistica distributiva delle merci e della gestione di magazzini e punti di vendita.
Nei prossimi anni saranno proprio le applicazioni NFC per gli smartphone a rendere possibili iniziative di marketing, nel mondo del largo consumo e non solo, impensabili solo pochi anni fa? Dipende. Dall’intelligenza dei player nel trasformare le opportunità offerte dall’evoluzione tecnologica in risposte efficaci ai reali bisogni del pubblico.