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Lo smartphone sempre più protagonista della trasformazione digitale

L’Osservatorio Mobile B2c Strategy si interroga sul contributo del mobile agli obiettivi di business delle aziende

Che il mobile abbia ormai assunto un ruolo centrale nei processi di trasformazione digitale delle imprese lo dicono i numeri sull’utilizzo da parte dei consumatori: 25 milioni di italiani navigano mensilmente da smartphone (il 70% degli utente Internet) e vi trascorrono più del 60% del tempo speso online. Per il 50% di loro il mobile ha soppiantato il Pc o lo sta per fare, mentre per il 38%  i due dispositivi hanno la stessa importanza.

E il mobile è anche centrale nei grandi trend digitali. Come l’e-commerce: dei 3,3 miliardi di euro di vendite, il 17% avviene attraverso smartphone e tablet (ma per alcuni operatori è già vicino al 70%). O i pagamenti digitali e il wallet, sui quali gli operatori più diversi stanno investendo ingenti risorse. Ma anche i pagamenti tra individui, l’acquisizione dei dati dalla localizzazione, dalle attività social, dalle transazioni per un’accurata profilazione dei clienti in chiave di marketing, l’Internet of Things e le applicazioni di intelligenza artificiale sono le aree in cui il mobile ha o sta avendo un ruolo primario.

«Sono almeno quattro le implicazioni per le aziende», afferma Marta Valsecchi, direttore dell'Osservatorio Mobile B2c Strategy del Politecnico di Milano, appena presentato. «Occorre pensare al digitale secondo una logica di mobile first, considerando la diversa fruizione dell’utente e l’esperienza che ne deriva. Ciò comporta la necessità di progettare o riprogettare la propria offerta di App o di mobile site. La seconda implicazione è di pensare alla strategia mobile come volano dell’omnicanalità: lo smartphone non è un ulteriore touch point, ma è un amplificatore dei diversi touch point. Terzo: il mobile richiede un approccio snello, agile, rapido. Infine, il mobile può contribuire alla rivisitazione degli attuali modelli di business e alla creazione di nuovi».

Per tutto quanto sopra, secondo l’Osservatorio, è necessario interrogarsi su come il mobile possa contribuire agli obiettivi di business dell’azienda.

Usabilità e privacy

Ed è proprio una visione strategica e la sua applicazione a essere ancora deficitaria nel sistema delle imprese italiane, pur in presenza di un pubblico di utenti che, grazie a soluzioni che rispondano a specifici bisogni con semplicità, è disponibile ad adottarle e a farle proprie. Secondo la ricerca Doxa a corredo dell’Osservatorio, i consumatori valutano positivamente (con un voto di 7,3 su 10) la fruizione dei siti da mobile. Ma, afferma Guido Argieri, Telco & media director Doxa, «il 57% dei mobile surfer (il 65% dei millennials) negli ultimi tre mesi ha abbandonato un sito o una App perché non funzionava o non era sufficientemente veloce». L’usabilità, quindi, si conferma un tema cruciale per il successo sul mobile. Per la pervasività dello strumento, anche la privacy è un tema molto sentito dagli utenti. «La sensazione che le aziende monitorino le ricerche personali è molto forte per tutte le fasce d’età, mentre il consenso al tracciamento per ottenere offerte e messaggi mirati genera sensazioni ambivalenti, a metà tra il fastidio per l’intrusione e l’utilità percepita per i vantaggi che potrebbero derivarne», commenta Argieri. In altri termini, il timore del grande fratello è presente, tanto che, per una buona metà, gli italiani non sembrano disposti a lasciare consensi in cambio di vantaggi. Ciò vale anche per i millennials. Tuttavia l’interesse per offerte molto specializzate e mirate è presente in quasi il 70%. «Ma solo quando c’è un patto di fiducia chiaro tra cliente e insegna», precisa Valsecchi.

Figura 1 – Interesse per offerte geolocalizzate 

Interesse per offerte geolocalizzate

Fonte: Doxa “Osservatorio Mobile B2c Strategy” 2017

«La domanda c’è ed è molto chiara», commenta Anna Maria Mazzini, marketing e communications manager di Vente Privée e Privalia, che già oggi realizza l’80% del traffico e il 70% del fatturato da mobile. «Il punto centrale è avere un strategia per intercettarla». E Luca Prina, direttore centrale marketing e comunicazione Che Banca! aggiunge: «Se si assecondano i comportamenti di consumo con App che facilitano la vita ai clienti, questi diventano i primi ambassador del brand».

È alta la percentuale dei mobile surfer che non disattivano mai la connettività dei propri smartphone: oltre due terzi (68%) ha il wi-fi sempre attivo, mentre la percentuale scende a poco più di un terzo (37%) per la geo-localizzazione e al 19% per il bluetooth.

Per quanto riguarda la tipologia di App di brand scaricate sugli smartphone, il 72% ha installato almeno un’App di un gestore di telefonia, il 61% di una banca (valutate come le qualitativamente migliori), il 39% di un’insegna della GDO, il 29% di un gestore utility e il 23% di un brand dell'abbigliamento.

Visione strategica e non tattica

Ma il cammino verso una strategia mobile delle aziende appare frenato secondo le sei variabili chiave identificate dall’Osservatorio: la vision del top management, l’organizzazione, le competenze, la reingegnerizzazione del back-end per l’omnicanalità, l’attuazione della strategia mobile e l’integrazione dei diversi touch point, il mobile advertising.  

Su 170 grandi aziende intervistate, ancora il 64% del top management considera che la mobile transformation avrà scarso impatto sui conti dell’azienda, solo il 19% del top management attribuisce un’elevata priorità agli investimenti per il mobile nei processi di marketing e vendita, e in poco meno della metà dei casi è già stata definita in azienda una strategia mobile per la gestione delle relazioni con il consumatore. A livello organizzativo non vi è una situazione di piena collaborazione tra le varie unità di business, se non nel 30% dei casi. Viceversa è più diffusa (40%) una situazione di coopetition, in cui le business unit non condividono pienamente obiettivi e interessi e solo nel 19% dei casi è presente un team dedicato al mobile. E se il 48% delle imprese ha siti web responsive, solo il 14% di loro ha una mobile App che ha un ruolo strategico rispetto agli altri touch point aziendali. «Sono dati che fanno riflettere», commenta Gaia Lanotte, managing director Accenture Interactive, «perché denotano il ritardo di visione ed esecuzione strategica delle imprese. Chi crede nel mobile ottiene già ora dei risultati molto significativi. Chi invece ha strategie deficitarie, oltre a ottenere risultati falsati, corre il pericolo di favorire l’ingresso di nuovi concorrenti».

È il caso per esempio della GDO, che non ha un forte commitment verso il mobile: il 39% degli intervistati dalla Doxa ha installato una App di retailer, ma oltre un terzo di loro afferma che serve a poco. E il 40% di chi non l’ha installata non saprebbe che cosa farsene. Una situazione alla quale fanno riscontro le numerose iniziative di food delivery che giocano la loro partita sull’efficienza. «Il ritardo delle imprese nei diversi settori offre un vantaggio strategico ai nuovi entranti» sottolinea Filippo Renga responsabile Osservatori digital innovation.

Figura 2 – GDO: la App sconta l’alta dispersione 

GDO: la App sconta l’alta dispersione

Fonte: Doxa “Osservatorio Mobile B2c Strategy” 2017

Non tutte le imprese, ovviamente, si trovano al medesimo stadio nel processo verso la mobile transformation. L’Osservatorio le classifica in cinque cluster, in funzione dei sistemi di back-end, visione strategica e iniziative mobile.

Ci sono così i Mobile First (14% del campione), aziende con forte orientamento al mobile in termini di strategia e di investimenti, le aziende Work in progress (32%), quelle Digital driven (14%) dove il commitment del vertice verso il mobile è limitato, quelle Wannabe (19%) con forti limitazioni nello stato dei sistemi di back-end e infine le imprese Nice to have (21%) connotate da scarsa visione strategica e con sistemi di back-end poco adeguati.

Guardando agli sviluppi futuri, secondo Marta Valsecchi «l'approccio mobile first, che nasce pensando alla fruizione dell’utente, già oggi si rivela essere una fucina di sviluppo per nuovi modelli di business: dall’utilizzo dello smartphone per interagire con servizi di smart home alla nascita di servizi bancari “mobile only”; dallo sviluppo di servizi di car sharing prenotabili e utilizzabili attraverso una mobile App alle applicazioni per il monitoraggio a distanza della salute dei pazienti (mobile health)».

Se da un lato per una trasformazione in questo senso sono determinanti le risorse da investire, dall’altro però l’elemento chiave sono le organizzazioni e le persone. «Bisogna sconfiggere l’abitudine», conclude con felice sintesi Anna Maria Mazzini.

a cura di Fabrizio Gomarasca