supply chain

Federdistribuzione presenta il Bilancio di sostenibilità della Dmo

Con il primo Bilancio di sostenibilità di settore, Federdistribuzione e le sue imprese associate (85,3 miliardi di euro di fatturato, pari al 66,1% del fatturato totale della distribuzione moderna organizzata e al 38,2% dei consumi commercializzabili, questi i numeri) hanno inteso spiegare come la Dmo interagisca con i vari attori della società e quale sia l’ampiezza del suo raggio d’azione e dimostrare che in quanto settore con le sue imprese è, in questo senso, all’avanguardia.

Il Bilancio di Sostenibilità, presentato a fine novembre al Senato al mondo politico, istituzionale ed economico, pone in evidenza le attività intraprese dalle aziende nei principali ambiti nei quali si esercita la Responsabilità sociale d’impresa: clienti, collaboratori, fornitori, ambiente, comunità, corporate governance, comunicazione istituzionale e certificazioni volontarie.

Nel commentare i risultati contenuti nel Bilancio di sostenibilità di settore, realizzato per la prima volta in Italia, il professor Mario Molteni di Altis, che l’ha curato, ha sottolineato che «Con la realizzazione di questo documento il settore della Dmo si pone in Italia tra i comparti trainanti in tema di sostenibilità e di Responsabilità sociale d’impresa. È un segnale importante per il Paese, perché la Dmo è in grado di influenzare profondamente le filiere a monte e costituisce il punto privilegiato di dialogo tra imprese e consumatori.

Il quadro che emerge è quello di un comparto già attivamente impegnato su questi temi, fatto da imprese coscienti del ruolo giocato a livello locale così come a livello nazionale. Il panorama è ovviamente composito, ma i tratti comuni non mancano. Oltre al rispetto delle leggi e alla coscienza fiscale, aree per le quali la Dmo certamente costituisce un punto di riferimento in Italia, ci sono altri punti di forza che val la pena sottolineare: la tutela del potere d’acquisto del consumatore, la sicurezza dei prodotti offerti, l’investimento nel capitale umano, la tutela dell’ambiente, l’orientamento all’innovazione del punto vendita, l’influsso sulla filiera.

Abbiamo poi notato che sono aziende che hanno finora raccontato poco il loro impegno socio-ambientale. Potremmo dire: “aziende più del fare che del comunicare”, aziende che hanno spesso saputo anticipare i tempi e i cambiamenti della società, innovando nei punti vendita, negli assortimenti, nei servizi».

Il Bilancio di sostenibilità di settore ha quindi messo in luce che la Dmo non è solo prezzi bassi, ma è fortemente impegnata nei diversi ambiti della Rsi. Eccon una sintesi.

Ambiente: tutte le imprese sono impegnate nella riduzione dei consumi energetici e idrici, l’85% impiega energia rinnovabile e pone attenzione alla riduzione dei rifiuti, l’80% offre prodotti biologici, eco-sostenibili e il 75% realizza campagne di sensibilizzazione ambientale.

Istanze sociali: il 95% delle aziende è impegnato in iniziative a scopo benefico e collabora con scuole e università, il 65% vende prodotti equo-solidali, il 40% acquista prodotti da soggetti di interesse sociale (carcerati, disabili) e tutti di distributori alimentari collaborano con organizzazioni non profit per la redistribuzione delle eccedenze.

Centralità del cliente: le imprese distributive tutelano il potere d’acquisto e il 90% di esse ha attivo un servizio di ascolto dei clienti. L’85% ha un ufficio di controllo qualità, il 60% offre prodotti per specifici classi di clientela (celiaci, diverse religioni, ecc).

Attenzione ai collaboratori: l’88,7% dei collaboratori ha un contratto a tempo indeterminato, il 59% sono donne e il 23,1% ha meno di 30 anni. Tutte le imprese distributive offrono la possibilità del part time, l’85% prevede premi di risultato con contratti integrativi.

Formazione: lo sviluppo delle competenze dei collaboratori è una priorità; gli investimenti in formazione sono cresciuti del 91% negli ultimi 4 anni e il 60% delle aziende ha strutture interne per la formazione di mestiere.

Fornitori: infine le aziende distributive lavorano con i fornitori in logica di partnership, il 60% li seleziona sulla base di un codice etico e il 70% instaura con le Pmi un rapporto di lunga durata. Il 91,5% dei fornitori di private label è costituito da aziende italiane e il 77,3% di esse sono Pmi.

Secondo Molteni, il Bilancio di sostenibilità della Dmo non è un punto di arrivo, «ma il punto di partenza per un percorso finalizzato a dare un contributo reale alla costruzione di una società più sostenibile e attenta alle esigenze di tutti i soggetti».

Commentando i risultati, Giovanni Cobolli Gigli - presidente di Federdistribuzione - ha poi puntualizzato: «Siamo sicuri e convinti che la Dmo rappresenti una risorsa per il Paese in grado, se adeguatamente sostenuta, di promuoverne lo sviluppo e l’uscita dalla crisi. Perché essa possa continuare a giocare questo ruolo virtuoso è però indispensabile che il Paese Italia trovi un nuovo assetto, che possa favorire lo sviluppo dell’imprenditorialità, nel quale possa pienamente esprimersi la libertà d’impresa e non vi siano vincoli normativi o intralci e appesantimenti burocratici che frenino l’innovazione, l’ammodernamento o la ricerca di efficienza nella gestione d’azienda.

«Si tratta di un grande progetto» ha concluso Cobolli Gigli «al quale la Dmo vuole partecipare, offrendo il suo contributo di esperienza e di idee, collaborando con il mondo politico, istituzionale ed economico».