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ECR Europe: coniugare crisi e sostenibilità

Due sono le nette sensazioni che affioravano alla mente al termine della due giorni di Ecr Europe di quest’anno a Bruxelles:

  • che la crisi dei consumi sia molto diffusa e obblighi a rimettere in discussione praticamente ogni giorno paradigmi operativi e strutture dei costi, specie mediante il ricorso a pratiche collaborative;
  • che le Aziende del mondo FMCG siano ormai passate “dal dire al fare” in tema di sostenibilità, con impatti crescenti sul Supply Chain Management.

Chiaramente la congiuntura ha recitato una parte non secondaria nell’evento: valga per tutti il fatto Niki Veropoulosche il primo intervento della prima sessione plenaria è stato quello di Niki Veropoulos, proprietario e CEO di una delle principali catene GDO in Grecia con circa €1b di vendite il quale ha esplicitato molto bene le priorità “in tempi di crisi” che la sua organizzazione si è data (oltre alle inevitabili massime efficienze, continua verifica sull’efficacia delle promozioni, spasmodica ricerca di economie di scala, …).

In realtà la ricerca dell’efficienza operativa è stata inserita fin dall’opening speech dei due CEO di Ecr Europe (Thomas Hübner di Carrefour e Jan Zijderveld di Unilever) come uno dei tre pilastri della visione di medio termine, citando in particolare:

  • un “evergreen” come l’Optimal Shelf Availability (OSA), cruciale per garantire la vera efficacia della filiera logistica verso il consumatore finale e che viene stimato ancora all’8% su scala europea, con potenziali vendite addizionali di 20 miliardi di euro annui a livello europeo (una enormità, di questi tempi);
  • la saturazione dei mezzi di trasporto, stimata mediamente al 70% (valore che non si discosta troppo dalle stime sul mercato italiano).

Nei vari eventi in realtà si sono materializzati numerosi spunti:

  • nel caso dell’OSA, il recupero del fatturato grazie ad approcci evoluti e collaborativi nel riordino, ovvero il ricorso al c.d. “demand sensing”, che riduce dal 50% al 30% gli errori previsionali rispetto al classico planning ed applicabile anche a promo e phase-in/phase-out dei prodotti;
  • “demand sensing” che motiva i Retailer verso la frontiera rappresentata dal riordino “sensibile” da PdV, dove l’errore si stima possa ridursi al 20%;
  • le iniziative sul “waste prevention” (altro fenomeno certo e improduttivo, specie nei PdV) che da un lato sono interessanti in ottica di sostenibilità, dall’altro sono state esemplificate con esempi “collaborativi” anche molto semplici ma soprattutto efficaci (ad es. un espositore mirato per lo zucchero in pacchi che riduce lo spreco a PdV in modo netto);
  • anche nelle illustrazioni dei modelli di successo del retail online si sono evidenziate strategie distributive come la PuDo (Pick-Up/Drop-Off) che, pur permettendo di catturare nuove fasce di consumatori “evoluti”, non penalizza eccessivamente i costi logistici attraverso l’utilizzo di punti vendita locali (propri o di terzi) come punti di “sosta” temporanea delle consegne sui quali converge il consumatore per ritirare quanto comprato online;
  • nei saving logistici che divengono linee guida/driver della sostenibilità (partendo dal presupposto in genere un risparmio energetico conduce anche a meno emissioni, ad es. nel caso del trasporto).

Per quanto riguarda invece la sostenibilità, è stato un leit-motiv sia delle plenarie sia in vari break-out in cui si sono registrate iniziative corporate ormai consolidate ma anche progetti molto concreti:

  • a livello corporate, la presenza ormai consolidata di ruoli di Top Management dedicati e/o di MBO connessi alla sostenibilità, grazie alla definizione di target per il passaggio a pratiche sostenibili sia in termini quantitativi sia temporali, sia sui prodotti sia sui processi aziendali;
  • nelle evidenze di progetto, le costanti analisi del ciclo di vita dei prodotti (Life Cycle Assessment in particolare) che guidano poi la definizione di politiche di aumento della sostenibilità, ovvero di riduzione dell’impatto ambientale lungo tutta la filiera, valgano per tutti le quantificazioni di consumi di acqua ed energia dal campo di coltivazione per arrivare sino alla casa del consumatore (con esempi anche sorprendenti di come questi due estremi possano pesare in modo nettamente superiore rispetto alla Supply Chain tradizionalmente intesa);
  • le iniziative in tema di transfer modale dei trasporti, dove i progetti di utilizzo della modalità ferroviaria (più che fluviale) sono molto attuali ed hanno già dato luogo a concreti esempi di cambiamento dei flussi operativi (e su questo l’Italia è in prima linea);
  • progetti di collaborazione di grande spessore come il CO3 , iniziativa strategica che ricerca la collaborazione “co-modale” per aggregare i flussi fisici di trasporto e distribuzione delle merci riducendone l’impatto ambientale attraverso la collaborazione orizzontale tra aziende ed attraverso il transfer modale (oltretutto creando benefici economici da condividere);
  • infine, il “Green Freight Europe” project che ambisce a migliorare la performance ambientale del trasporto terrestre fino a creare un modello “definitivo” di misurazione del carbon footprint (con il malcelato obiettivo di svolgere anche un ruolo di stimolo agli Operatori Logistici/Vettori per attivarsi e confrontarsi sul tema della riduzione dell’impatto ambientale).

È importante registrare il clima di coinvolgimento che il tema della sostenibilità sta oggettivamente riscontrando: ne è prova il numero davvero elevato di domande in tempo reale che gli speaker della plenaria sulla sostenibilità hanno ricevuto, domande molto mirate che denotavano specifico interesse.

Un elemento da non trascurare sia in ottica motivazionale sia di performance delle aziende stesse.

A cura di Andrea Fossa