distribuzione

03. Le esperienze dei retailer: tre casi

«Nonostante il clima che si respira nella business community di questi tempi», ha esordito il direttore marca commerciale di Coop Italia Domenico Brisigotti, «siamo felici dei risultati ottenuti lo scorso anno dalla private label. C’eravamo dati un obiettivo di crescita importante, che abbiamo condiviso con i nostri partner, e l’abbiamo centrato. Oggi, infatti, la marca commerciale nella rete Coop è arrivata a sviluppare circa un quarto del business. Il trend di crescita medio complessivo è stato del 10%, con punte del 20% per le linee premium e per la gamma Vivi Verde, che aggrega i prodotti biologici e sostenibili».
Risultati, lascia intendere Brisigotti, che s’inseriscono in una dinamica positiva complessiva dei prodotti a marchio del distributore, ma che sono soprattutto il frutto di un lavoro di anni di Coop per costruire un’architettura di marca basata su linee pensate per diversi target di consumatori e per mantenere alto il valore del brand. «Anche noi in passato abbiamo agito sulla leva promozionale», ha ricordato Brisigotti, «come stanno facendo oggi altri player. Ma è una scelta che ha un costo importante, che va a incidere sulla sua redditività. Elemento questo che richiede un’attenta riflessione in un momento in cui la forbice con la marca industriale si sta erodendo sia in Italia sia in Europa.

Nell’ultimo periodo abbiamo dunque preferito investire nella comunicazione sull’impegno green di Coop, sul lavoro d’innovazione nell’alimentazione per l’infanzia, sui negozi dedicati alla nostra marca premium, sul progetto del temporary store e su portali tematici. Tutte scelte che non danno ritorni immediati di vendite, ma contribuiscono a consolidare l’equity del brand nel medio periodo».
Anche in Selex l’attuale architettura della MC è il risultato del lavoro di anni. «Lavoro», ha spiegato il direttore marca commerciale di Selex Gruppo Commerciale Luca Vaccaro, «cominciato da un rilancio della marca d’insegna Selex, che ha comportato la revisione della qualità di moltissimi item per avvicinarci sempre più al leader di mercato, il rifacimento del packaging e un’attenta analisi di brand stretching, per vedere fino a che punto potevamo coprire nuovi mercati e nuovi segmenti con la private label».
Il risultato di questo lavoro si è concretizzato nel 2011 con il lancio di tre linee di prodotti pensati per target di consumatori specifici che hanno arricchito la marca Selex: Natura chiama Selex, negli alimentari ottenuti nel rispetto dell’ambiente e della natura (in particolare ortofrutticoli da filiera controllata e biologici), Primi Anni Selex (alimenti per la fascia d’età da 0 a 3 anni) e Vivi Bene Selex (alimenti salutistici).

«In altri due mercati: skin care e vino», ha proseguito Vaccaro, «abbiamo invece deciso d’entrare con i marchi di fantasia: Atmosfera&Benessere e Le vie dell’uva. Abbiamo infatti ritenuto che in queste merceologie occorresse impiegare leve diverse da quelle su cui si suole agire per la PL classica. Non solo dal punto di vista qualitativo, ma anche da quello del marketing, il piano di sostegno alla linea Atmosfera&Benessere è stato impostato esattamente come lo sarebbe stato quello di una marca industriale. In un mercato come quello della cura della pelle, d’altronde, si fanno promesse d’efficacia, ma anche di un sogno. Siamo convinti che se vi fossimo entrati col marchio insegna in questo segmento non saremmo andati oltre il 10% di share. Mentre col marchio di fantasia nella rete di alcuni associati siamo già diventati la seconda o terza marca».
«La private label», ha affermato da canto suo il direttore marketing e comunicazione di Conad Giuseppe Zuliani, «è stata un importante vettore di crescita per Conad negli ultimi anni e uno dei pilastri su cui si è costruita l’immagine, la distintività e la fedeltà all’insegna. Ed è divenuta così importante che ci siamo convinti di poter portare al successo attraverso di essa le filiere che ha alle spalle».

È così che nel 2011 Conad ha evidenziato l’italianità al 100% di due sue linee di prodotti: quelli a base latte e quelli a base pomodoro. «Una scelta che ci ha premiati», ha assicurato Zuliani. «Questi prodotti hanno messo a segno incrementi di vendite superiori dell’8% rispetto al +20% medio della nostra marca commerciale. Con queste linee abbiamo insomma creato valore per il Paese. Siamo però convinti che non avremmo ottenuto gli stessi risultati se, con la scusa dell’italianità, avessimo alzato i prezzi di quei prodotti».
Se per il posizionamento della private label sono importanti i temi della comunicazione e della promozione, cruciali sono i rapporti con i copacker.
«Un anno e mezzo fa», ha spiegato Brisigotti, «abbiamo cambiato radicalmente il nostro modello d’approccio al mondo dell’industria per l’approvvigionamento. Abbiamo infatti adottato un nuovo strumento: il portale web, che ci ha consentito, attraverso la spersonalizzazione dei rapporti, di rendere più oggettive le relazioni con i copacker, di assegnare il vero valore ai prodotti e alle aziende fornitrici, di misurare meglio noi stessi e il nostro operato. Ne abbiamo tratto vantaggi in termini di semplificazione e di efficienza della relazione, ma soprattutto questo cambiamento ci ha indotti a collaborare più strettamente con le imprese che si sono rese disponibili a seguirci su questa strada. E da questa partnership rinsaldata sono nati diversi progetti innovativi che hanno dato risultati soddisfacenti a entrambi».

Brisigotti si riferisce alla co-investimento, insieme a una piccola impresa emiliana, nel progetto di ricerca che ha portato alla nascita della linea Club 4-10. Ma anche all’innovazione portata nel mercato dei pannolini per l’infanzia con la reintroduzione di quelli lavabili. E al recupero di una produzione artigianale, quella del pecorino di Farindola, a rischio estinzione.
Tra le priorità per il 2012 per i tre retailer, il ritorno alla crescita delle categorie frenate nell’ultimo anno (Selex), l’allargamento a nuove categorie (toiletry) per Coop e la revisione delle politiche assortimentali, di pricing e promozionali per Conad.
La lunga marcia delle private label continua.

A cura di Luisa Contri


TAG: