sostenibilità

La responsabilità sociale dell’impresa e lo sviluppo sostenibile nel settore della grande distribuzione

l'opinione di

Enrico Colla

Un’impresa é oggi considerata “sociale” quando non solo rispetta i principi dell’etica economica e persegue una crescita di lungo periodo (o sostenibile), ma contribuisce anche alla sostenibilità dello sviluppo in senso macroeconomico, tale cioé da non compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le loro esigenze.
Le aziende commerciali, come quelle industriali, devono rispondere a questa nuova sensibililità sociale e valutare gli effetti delle loro politiche sulla salute dei consumatori, sulle strutture economiche e sociali dei paesi dove le imprese acquistano i loro prodotti, e soprattutto sull’ambiente fisico e la sostenibilità ambientale dello sviluppo. Una conferma di queste tendenze é la diffusione dei “rapporti di sostenibilità” delle imprese, che integrano i bilanci sociali e i rapporti ambientali in un’ottica che favorisce il collegamento con gli aspetti economico-finanziari.
Le posizioni che le imprese assumono in tema di sviluppo sostenibile sono divenute aspetti della concorrenza nazionale e internazionale: ciascuna risponde alle sfide in modo più o meno difensivo o proattivo, attribuendo priorità diverse alle varie componenti della sostenibilità.
Differenze significative sono evidenti anche nel confronto fra aziende di paesi diversi, dove possono variare la sensibilità dei consumatori come il contesto competitivo. Gli esempi di alcune aziende leader possono illustrare tali differenze.

Le politiche di alcune aziende francesi

Da un’analisi delle politiche sullo sviluppo sostenibile di alcune aziende francesi - Carrefour, Auchan, Casino - emerge che le problematiche relative alla gestione delle risorse umane (occupazione, addetti, formazione) occupano una posizione particolarmente importante. Specialmente per quanto riguarda Auchan, azienda in cui tutti i dipendenti che lo desiderano possono essere azionisti. Carrefour presenta una specificità per l’attenzione che dedica alla questione dei diritti dell’uomo, il che é coerente con l’ampia diffusione internazionale del gruppo e ai rischi che essa presenta. Ciò spiega anche perché Carrefour faccia riferimento più spesso di altri gruppi ad organizzazioni come l’Organizzazione internazionale del Lavoro o alla Federazione Internazionale dei diritti dell’uomo e ad organizzazioni sindacali internazionali.
Anche Casino rivendica un impegno sociale, soprattutto attraverso le iniziative contro la “discriminazione” o in favore di “eguali opportunità”, temi che richiamano i problemi sociali manifestatisi recentemente in Francia nelle periferie delle grandi città.
Fra i temi più sviluppati troviamo anche le politiche di collaborazione con le piccole imprese e i produttori locali. Auchan sottolinea in particolare, la collaborazione con produttori, allevatori, agricoltori locali e regionali, mentre Carrefour evoca le opportunità che la sua diffusione internazionale rappresenta per i paesi del sud e per i fornitori che intendono sviluppare le attività all’estero.
Altri iniziative sottolineate dalle imprese sono quelle umanitarie, il mecenatismo e le azioni condotte nel quadro della sicurezza alimentare (tracciabilità, qualità) e della lotta contro l’obesità.
Infine, un tema presente nei rapporti di sostenibilità in modo ancora piuttosto limitato, ma crescente di anno in anno, é proprio quello ambientale. Maggiore attenzione vi dedicano Casino e Auchan, che citano la lotta contro i “mutamenti climatici”, i “gas a effetto di serra”, i rifiuti, gli imballaggi e i sacchetti alle casse (il termine “plastica” é evitato).

Le politiche di due leader anglosassoni

L’aumento e la volatilità dei prezzi dell’energia, il declino delle riserve naturali, i mutamenti climatici e la minaccia di regolamentazioni sempre più vincolanti sui consumi energetici sembrano avere influito maggiormente sulle imprese britanniche e statunitensi, molte delle quali stanno ripensando soprattutto la progettazione, la costruzione e la gestione dei loro negozi e delle loro reti logistiche.
Fra i distributori generalisti, emergono in particolare due esempi di aziende leader: Wal-Mart e Tesco.
Wal-Mart ha creato nel 2003 due supercenter (20mila mq) “verdi” a McKinney, nel Texas, e ad Aurora, nel Colorado, due siti geograficamente e climaticamente differenti. La sperimentazione mirava a perseguire tre obiettivi a lungo termine: economizzare l’energia e utilizzare energia rinnovabile al 100%, produrre la minor quantità di rifiuti possibile e vendere prodotti coerenti con uno sviluppo durevole. Fra le realizzazioni si possono citare: la turbina a vento per la produzione di energia elettrica, il sistema di riduzione del consumo di energia tramite il riscaldamento radiante al suolo e ceramiche che conservano il calore, la conservazione e la riutilizzazione dell’acqua di condensazione interna e il trattamento dell’acqua piovana, i pannelli solari sulla facciata, il sistema di controllo del clima e quello di illuminazione interna concepito anch’esso per ridurre il consumo energetico. Queste misure sono coerenti col posizionamento strategico dell’impresa perché la riduzione dei consumi energetici contribuisce a ridurre i costi operativi dei negozi, ma anche del trasporto e dello stoccaggio, e consente quindi di confortare la leadership sui prezzi di Wal-Mart.
Anche Tesco, il più grande distributore britannico, ha lanciato un ambizioso piano di riduzione dei consumi di energia che prevede di dimezzare le emissioni di anidride carbonica entro il 2020. Inoltre si é impegnata a costruire il negozio “più verde del mondo”: ad Ailsham, sarà costruito competamente di legno e di materiali riciclabili. Per ottenere una elevata riduzioni nelle emissioni di anidride carbonica, Tesco userà inoltre turbine a vento e pannelli solari insieme con energia geotermica con un processo che trasforma i rifiuti in energia pulita.

Conclusioni

Le imprese hanno obiettivi e modalità diverse di manifestare la loro responsabilità sociale e contribuire a uno sviluppo sostenibile. Per alcune sono più importanti i risparmi e i guadagni di efficienza ottenuti grazie a una riduzione nel consumo di energia (l’energia é, per rilevanza, il secondo costo operativo per le imprese commerciali statunitensi). Per altre, promuovere iniziative “verdi” é un modo per migliorare l’immagine, perseguendo una leadership “etica”. Per altre ancora, é un modo di creare un legame con i clienti, basato su valori emergenti. Molte imprese perseguono una combinazione dei tre aspetti.
Le imprese anglosassoni sembrano inoltre avanzare più rapidamente nelle sperimentazioni di nuovi negozi “verdi” che puntano sulla riduzione dei consumi energetici, e sull’utilizzo di energie “pulite”, rinnovabili e alternative, mentre le aziende francesi si preoccupano di più degli aspetti sociali, relativi alla gestione delle risorse umane e ai rapporti con i fornitori. Le prime prestano maggiore attenzione ai temi ambientali e alla sostenibilità dello sviluppo economico, le seconde agli interessi di dipendenti, clienti, fornitori e della società civile (gli stakeholder, distinti dagli azionisti, o stockholder).
Queste differenze potrebbero ridursi in futuro. È possibile che l’attivismo ecologico non sia sufficiente a Wal-Mart per rispondere, in termini di immagine, ai sempre più frequenti attacchi sul fronte “sociale” provenienti dai sindacati, e che nel prossimo futuro l’azienda americana debba impegnarsi maggiormente anche su questi temi. Le imprese francesi dovranno invece probabilmente aumentare il loro impegno nelle iniziative ambientali ed ecologiche oltre che in quelle sociali. Non solo perché l’opinione pubblica mostrerà via via una maggiore sensibilità su questi temi, ma anche per non rimanere in ritardo rispetto alla concorrenza nell’utilizzo delle nuove tecnologie ai fini della riduzione dei costi. E con la riforma in vista delle leggi di urbanistica commerciale, le nuove localizzazioni saranno valutate sempre di meno sugli aspetti economici e sempre di più sulla base di criteri ambientali.

*Professore a NEGOCIA, CCIP Parigi - Direttore del Centre de Recherche sur le Commerce