sostenibilità

La prospettiva a più dimensioni della food sustainability

Innovazione dalle startup, collaborazione cross-settoriale, nuovi modelli di gestione delle eccedenze alimentari e della loro distribuzione, misurazione delle performance: ecco le diverse aree di intervento per la sostenibilità nell’agrifood secondo l’Osservatorio Food Sustainability del Politecnico di Milano

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L’insicurezza alimentare, secondo le ultime stime della Fao (Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite), nel 2021 riguarda un terzo della popolazione mondiale: 2,3 miliardi di persone hanno difficoltà ad avere accesso a cibo sano e nutriente e ben 828 milioni di persone soffrono la fame. Numeri, a causa della guerra in Ucraina, destinati a crescere di 13 milioni di persone quest’anno e di 17 milioni nel 2023. L’Italia non è esente da questa situazione (nel triennio 2019-21 il 6,3% della popolazione ha avuto problemi di accesso al cibo) così come non lo è l’Europa, dove è coinvolto l’8% della popolazione.

Quali le soluzioni a questo fenomeno che per la sua complessità richiede interventi su piani diversi che coinvolgono le politiche pubbliche, l’innovazione, le collaborazioni tra settori diversi, senza tralasciare una dimensione morale? Ma soprattutto a che punto sono la sicurezza alimentare e la sostenibilità della filiera agrifood? Una serie di risposte le fornisce l’Osservatorio Food Sustainability della School of Management del Politecnico di Milano, giunto alla quinta edizione, alla quale anche GS1 Italy ha contribuito come sponsor.

Nelle precedenti edizioni il tema centrale è stato quello della quantificazione e della gestione degli sprechi e la definizione delle filiere corte “estese” in grado di colmare la distanza geografica con la prossimità informativa per la tracciabilità e per la sostenibilità. In questa edizione l’attenzione si è spostata sulla multidimensionalità del fenomeno.

La leva dell’innovazione e le startup

«La crisi alimentare va affrontata azionando molte leve», spiega Raffaella Cagliano, responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability. «Una risposta fondamentale viene dagli accordi tra paesi per salvaguardare una fornitura adeguata ed equa di prodotti alimentari, insieme alle politiche di Commissione europea e governi nazionali per rafforzare sicurezza, resilienza e sostenibilità dei sistemi agroalimentari. Altre misure devono essere prese da governi locali e nazionali in partnership con le organizzazioni non profit per mitigare nel breve termine gli impatti sociali più negativi. Una spinta decisiva viene anche e soprattutto dal sistema delle imprese con il loro contributo di innovazione, che è la leva per una trasformazione duratura e sostenibile del sistema agroalimentare».

Per questo l’Osservatorio, come fa ogni anno, individua nelle startup innovative una delle leve principali per affrontare il tema della sostenibilità nell’agrifood. Infatti di 7.337 startup di questo settore censite nel quinquennio tra il 2017 e il 2021 a livello mondiale, il 34% (2.527) sviluppa soluzioni che perseguono uno o più degli obiettivi di sviluppo sostenibile inclusi nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Soluzioni che mirano principalmente a ottimizzare l’utilizzo delle risorse e a promuovono la tutela degli ecosistemi terrestri e d’acqua dolce. A seguire, le startup investono su soluzioni per sensibilizzare e incentivare l’adozione di stili di vita e pratiche sostenibili, aumentare la produttività e la capacità di resilienza dei raccolti ai cambiamenti climatici e favorire il turismo sostenibile e le produzioni locali. In misura più modesta le giovani imprese puntano a tutelare i piccoli produttori, ridurre eccedenze e sprechi alimentari lungo la filiera, assicurare il lavoro a tutti e una remunerazione equa e promuovere l’uso efficiente e accesso equo alle risorse idriche.

Fig1_OssFoodSustainability.jpgFigura 1 – Gli obiettivi dell’Agenda dello Sviluppo sostenibile perseguiti dalle startup agrifood (2017-2021)Fonte: School of Management Politecnico di Milano “Osservatorio Food Sustainability” 2022

«Le giovani imprese sono le prime a farsi promotrici di tecnologie, servizi e modelli di business innovativi, cogliendo nuove opportunità di mercato. I modelli di business proposti sono essenzialmente orientati alla sostenibilità, per cui diventano il soggetto ideale per osservare da vicino i trend di innovazione e l’introduzione di nuove pratiche di sostenibilità nell’agrifood», chiosa Paola Garrone, responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability. 

Eccedenze alimentari e accesso al cibo

Le crisi verificatesi negli ultimi tre anni hanno evidenziato un aspetto importante, secondo Carlo Cafiero, statistico ed economista senior della Fao, vale a dire lo stretto legame tra insicurezza alimentare e disuguaglianze sociali: «Noi conosciamo ancora poco dell’estensione e della profondità del fenomeno che riguarda la sostenibilità sociale del sistema agroalimentare, per potere indirizzare le azioni da intraprendere. Si pone grande attenzione nell’affrontare i temi della produzione e del consumo sostenibili e responsabili, ma è necessario rivolgere l’attenzione anche agli aspetti di accesso al cibo e di sicurezza alimentare per le persone fragili, oltre alla disponibilità e all’impatto del cibo sull’ambiente. Se non si affrontano le disuguaglianze rischiamo di entrare in una crisi ancora più profonda».

Chi si occupa da anni di mettere a disposizione cibo per le famiglie più disagiate è, in Italia, il Banco Alimentare, che grazie alle 7.600 strutture caritatevoli convenzionate (a cui anche le imprese di Immagino donano prodotti, ndr), ha distribuito un milione e 688 mila pacchi nel 2021. Ma sono in continuo aumento. «Per il 2022, fino ad oggi, ne abbiamo già distribuiti 1,75 milioni», spiega il presidente Giovanni Bruno. «È anche cambiata la qualità degli assistiti, composti non più solo da poveri che dormono sulle panchine, ma anche da famiglie che apparentemente conducono una vita normale e non riescono a far fronte a tutte le spese. Anche chi ha un lavoro. Paradossalmente però all’aumento delle richieste diminuisce la disponibilità di cibo perché le aziende alle quali ci rivolgiamo tendono a ridurre le eccedenze alimentari. Nei primi sei mesi del 2022 il cibo proveniente dal recupero presso le industrie alimentari e la GDO è diminuito del -8%. Uno stimolo in più per capire come cambia il mondo delle eccedenze e per questo dobbiamo cercare di massimizzare la capacità di collaborazione».

Nuovi modelli di distribuzione del cibo

Proprio nell’ambito del recupero e della distribuzione di alimenti a fini sociali emerge il ruolo delle collaborazioni cross-settoriali. Spiega infatti Giulia Bartezzaghi, direttrice dell’Osservatorio Food Sustainability: «Queste esperienze coinvolgono ente pubblico locale e privato, profit e non profit, aggregando risorse e competenze strategiche sul territorio per fornire una risposta congiunta al fabbisogno crescente di cibo sano e nutriente da parte delle fasce più vulnerabili della popolazione urbana». Si stanno infatti configurando nuovi modelli oltre a quello del ritiro e del conferimento delle eccedenze, come la spesa sospesa, la trasformazione dell’eccedenza in altro prodotto a più lunga vita residuale o in pasto cucinato e il supermercato sociale. Alcuni esempi? La berlinese Culinary Misfit riutilizza frutta e verdura scartata per difetti estetici e acquistata a prezzo calmierato da produttori agricoli locali per la preparazione di piatti cucinati, anche serviti gratuitamente alle persone in difficoltà. L’iniziativa Ri:Colt.O della Cooperativa sociale Tempo Libero invece rifornisce il proprio negozio solidale anche di alimenti prodotti con ingredienti coltivati nel proprio orto. Esperienze di spese sospese sono infine Spesa SOSpesa al mercato comunale nel quartiere Nolo di Milano e Fate Bene a Torino, in cui le spese per le persone in difficoltà si compongono di eccedenze donate o prodotti acquistati dai mercati urbani, punti vendita o negozi del quartiere grazie al supporto economico dei cittadini privati.

Un esempio: la catena del freddo

Paradigmatica di quale percorso stiano intraprendendo invece le aziende per cercare di ridurre le eccedenze e lo spreco di cibo è quanto sta avvenendo nella catena del freddo, presa in esame dai ricercatori dell’Osservatorio, che, anche grazie al coinvolgimento di alcune aziende industriali e distributive, hanno analizzato le principali criticità e cause di rottura della catena del freddo, che riveste un ruolo strategico per un’alimentazione sana e nutriente, e approfondito le possibili soluzioni per prevenirle e gestirle. Sono quattro le cause principali individuate:

  • Tecniche - il malfunzionamento dei sistemi di refrigerazione o il danneggiamento del packaging.
  • Logistiche - gestione di una filiera geograficamente estesa.
  • Organizzative e operative interne alle aziende.
  • Esogene non controllabili - innalzamento della temperatura esterna, scioperi, eccetera.

Tra le 79 soluzioni innovative delle startup agrifood orientate a ridurre gli sprechi nella catena del freddo, alcune mirano a ottimizzare la produzione in risposta all’andamento della domanda e a diminuire le scorte in magazzino, tramite un migliore allineamento di domanda e offerta (11% del campione) e l’accorciamento della supply chain (6%). Altre puntano a migliorare la conservazione dei prodotti attraverso l’estensione della shelf life (10%) e il monitoraggio della temperatura e di altri parametri critici (9%). Infine, per valorizzare le eccedenze di prodotti freschi, le startup propongono piattaforme digitali per la ridistribuzione dei prodotti tramite vendita a prezzo scontato o donazione (28%), o in alternativa varie soluzioni tecnologiche di upcycling per trasformare l’eccedenza in altro prodotto edibile a più lunga vita residuale o per recuperarne parte del valore per fini di alimentazione animale, riciclo o recupero energetico (36%).

Fig2_OssFoodSustainability.jpgFigura 2 - Le soluzioni contro lo spreco alimentare nella catena del freddo: distribuzione delle startup del campione (%)Fonte: School of Management Politecnico di Milano “Osservatorio Food Sustainability” 2022

Nel caso specifico della filiera dello yogurt, particolarmente controllata (temperatura, umidità, pH del prodotto), i punti di interfaccia tra i diversi attori risultano quelli più critici, soprattutto durante il trasporto e nelle fasi di carico e scarico, più esposte a variazioni di temperatura. Emerge anche un trade off tra obiettivi di efficientamento energetico e per la conservazione ottimale del prodotto o commerciali, a volte in conflitto tra di loro.

«Dobbiamo partire da una considerazione di fondo: un’azienda che produce cibo non può sprecarlo, per il semplice motivo che una conservazione non conforme determina il rifiuto del prodotto da parte del cliente e lo rende non idoneo alla vendita», afferma Salvatore Castiglione, corporate affair director Danone. «La catena del freddo è un sistema complesso, un sistema energivoro, ma va monitorato perché è legato alla sicurezza alimentare soprattutto in un territorio come quello italiano, lungo, caldo, dove il trasporto non è sempre semplificato da Nord a Sud. Capire perché si può creare spreco è quindi essenziale, per evitare che il cibo si trasformi in rifiuto, confrontandosi peraltro continuamente con i partner della Distribuzione avendo in mente la sicurezza alimentare, l’immagine del prodotto e la sua possibile seconda vita. Vi è poi l’aspetto energetico, sul quale occorre aprire rapidamente un cantiere di lavoro per capire se la catena del freddo può evolvere in un sistema meno energivoro».

Lo conferma Renata Pascarelli, direttrice qualità Coop Italia: «Abbiamo lavorato molto per contrastare l’interruzione della catena del freddo, con i produttori per identificare le corrette temperature per gestire le fluttuazioni inevitabili e sui processi tecnologici per ottenere prodotti che nascono con vita utile più lunga a supporto anche della cultura del dono. Nel tempo si è affinato anche il processo di controllo al ricevimento e anche la logistica è migliorata con la concentrazione delle consegne ai Ce.Di. per avere migliori garanzie a valle e a monte. In generale più riusciamo a integrarci con la produzione e con il mondo della ricerca, più otterremo risultati importanti».

Infine, sebbene sia crescente l’attenzione delle imprese a misurare le prestazioni di sostenibilità, anche in ambiti specifici come l’impatto ambientale del packaging alimentare, secondo i ricercatori la sfida resta la condivisione efficace di dati affidabili e precisi tra i diversi attori che fanno parte della filiera. Così l’Osservatorio Food Sustainability ha sviluppato un sistema di misurazione delle performance di sostenibilità di filiera, basato su diversi step, che consistono in un’analisi di dettaglio sempre crescente degli aspetti di sostenibilità e circolarità rilevanti per la filiera, fino ad arrivare a definire degli indicatori di prestazione, proprio per condividere i dati raccolti in modo strutturato e oggettivo.

A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab