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L’intelligenza artificiale nel futuro delle imprese

Puntare sull’intelligenza artificiale significa, secondo l’ultima edizione dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, affrontare le sfide della società, governare il cambiamento nel modo di lavorare e comprendere le implicazioni etiche che derivano dall’elaborazione massiva dei dati

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Con il 52% di imprese che hanno attivato progetti di intelligenza artificiale e il 73% che li hanno avviati, il 2020 ha segnato un cambio di prospettiva per le applicazioni di artificial intelligence (AI), “una tecnologia bipolare, di cui si è affascinati o entusiasti” secondo Barbara Vecchi, vicepresidente di Seco Mind. Infatti nemmeno l’emergenza sanitaria ha interrotto la crescita di questo mercato piccolo ma dinamico, capace di esportare valore all’estero.

Un mercato che cresce

La crescita rispetto al 2019, secondo l’ultima edizione dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, è stata del +15% per un valore di 300 milioni di euro, di cui il 77% commissionato da imprese italiane (230 milioni) e il 23% come export di progetti (70 milioni).

La spesa è trainata dalla componente dei software, che vale il 62% del mercato, i servizi valgono il 38%. Guardando alle classi di soluzioni, gli investimenti sono cresciuti in maniera abbastanza omogenea, con una dinamica più pronunciata (+28%) per chatbot e assistenti virtuali, che si confermano i primi portali di accesso all’AI per le imprese. Da segnalare anche le iniziative di computer vision (10%, +15%), che analizzano il contenuto di un’immagine in contesti come la sorveglianza in luoghi pubblici o il monitoraggio di una linea di produzione.

Figura 1 – Il mercato 2020 dell’intelligenza artificiale in Italia per classi di soluzioni

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Fonte: Politecnico di Milano “Osservatorio Artificial Intelligence” 2021

«Sono quattro le principali direzioni verso cui si è indirizzata l’offerta di soluzioni», afferma Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio AI. «L’interpretazione di situazioni non convenzionali per fare previsioni dopo una forte discontinuità come quella vissuta con il Covid-19, venendo a mancare l’affidabilità delle serie storiche; la revisione dei rapporti con i consumatori attraverso chatbot e assistenti virtuali; l’analisi delle immagini per il distanziamento sociale, i controlli accessi, il rilevamento dei dispositivi di protezione individuali; l’accelerazione dell’automazione di processo». I settori più dinamici sono quelli bancari e finanziari, l’energetico-utility, la logistica e il farmaceutico.

I progetti delle imprese

«È un periodo cruciale per gli investimenti in tecnologia – commenta Alessandro Azzaroni, head of strategic innovation Injenia – perché determineranno il futuro di ogni azienda. L’AI, integrata negli ecosistemi aziendali, assume un ruolo fondamentale per affrontare il cambiamento in chiave di crescita futura e di creazione di valore determinato da aumenti di fatturato, ancor più che dal risparmio di costi. E si sta utilizzando l’intelligenza artificiale in diversi settori e aree di attività: nel manufacturing per l’ottimizzazione della qualità dei prodotti, nel finance come sistema più avanzato per prendere decisioni, nella supply chain, dove tema caldissimo è l’ottimizzazione dei nodi strategici come gli inventari e la previsione della domanda, nel marketing e vendite per la previsione delle vendite, le tendenze di mercato e la personalizzazione spinta delle campagne di marketing attraverso una segmentazione inedita».

Come inedita è anche l’obsolescenza del patrimonio informativo delle aziende in materia di previsioni. «In particolare nel primo lockdown – aggiunge Antonella Crea, manager Data Reply – abbiamo visto che, interrompendosi la serie storica, le aziende hanno orientato le forze dal forecasting puro all’ottimizzazione dei costi e dei contatti con i clienti, con lo sviluppo di soluzioni per chatbot o per ottimizzare i costi della logistica e le campagne di marketing. Il passo avanti successivo è stato quello di utilizzare nuove basi dati, da quelli interni alle aziende a quelli esterni, compresi il web e i social network, per elaborare nuovi modelli di previsione».

Secondo l’Osservatorio, più di metà delle 235 imprese medio-grandi italiane analizzate ha attivato almeno un progetto di AI nel corso del 2020. Ma emergono differenze notevoli fra le grandi imprese, dove queste iniziative sono presenti nel 61% dei casi e si concentrano sulla crescita organizzativa e culturale oltreché sulla valorizzazione dei dati e lo sviluppo di algoritmi, e le medie aziende, che appaiono ancora poco mature e hanno progetti attivi solo nel 21% dei casi. Il 91% del campione ha un giudizio positivo sulle iniziative di AI, con risultati superiori (45%) o allineati (46%) con le aspettative e solo il 9% sperava in risultati migliori.

Altro aspetto evidenziato: la pandemia non ha frenato il percorso di avvicinamento all’AI delle imprese, ma ha comunque ridotto le risorse disponibili. La diminuzione del budget è stata la principale barriera all’adozione delle soluzioni di AI, indicata dal 35% del campione, soprattutto nelle realtà più piccole e nei settori più colpiti come la manifattura. Gli altri ostacoli più rilevati dalle aziende sono:

  • Lo scarso impegno del top management (34%).
  • La limitata cultura digitale aziendale (26%).
  • La difficoltà a definire come applicare l’AI all’interno del business (26%).

In sostanza le aziende che si erano già avvicinate all’intelligenza artificiale hanno continuato a lavorare sia sullo sviluppo degli algoritmi sia sulla crescita organizzativa.

Il giudizio dei consumatori

L’Osservatorio si dedica, con una survey in collaborazione con Doxa, anche all’analisi del consumatore. In particolare del suo grado di conoscenza e di accettazione dell’AI per quanto riguarda la privacy. Ebbene, l’intelligenza artificiale è ormai nota a quasi tutti i consumatori italiani, il 94% ne ha sentito parlare almeno una volta, e la maggioranza ne ha una concezione corretta, legata:

  • All’automazione di specifici compiti (65%).
  • Alla guida di veicoli senza l’intervento umano (60%).
  • All’interazione fra uomo e macchina (58%).
  • Al ragionamento logico (40%).

Il 51% degli utenti ha già utilizzato prodotti e servizi che includono funzionalità di intelligenza artificiale, principalmente:

  •  Assistenti vocali del telefono (65%).
  •  Altoparlanti intelligenti come gli smart home speaker (62%).
  • Sistemi che forniscono suggerimenti sui siti di e-commerce (58%).

Il giudizio complessivo sull’AI è positivo per l’83% degli utenti intervistati, percentuale che sale al 91% se si considerano gli utilizzatori di prodotti e servizi con funzionalità AI.

In particolare per quanto riguarda le esperienze conversazionali, sebbene il 71% abbia interagito con un assistente tramite testo e l’85% tramite voce, in entrambi i casi con un giudizio positivo, solo il 18% preferisce usare un chatbot o un assistente vocale per contattare un’azienda, soprattutto per aspetti più complessi e specifici. I consumatori però riconoscono in questa esperienza conversazionale per il 44% benefici in fatto di minor tempo di accesso e di semplicità di accesso per il 35%. «Questo atteggiamento positivo e abbastanza maturo riguardo all’intelligenza artificiale – annota Alessandro Piva – fa ben sperare per le prospettive future di questa tecnologia. Del resto, proprio i consumatori si dichiarano aperti al suo impiego anche in contesti delicati, come la videosorveglianza, il riconoscimento dei volti e i sistemi di diagnostica medica».

Figura 2 – Gli orientamenti degli italiani sugli scenari futuri dell’intelligenza artificiale

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Fonte: Politecnico di Milano “Osservatorio Artificial Intelligence” 2021

Quello delle implicazioni etiche dell’intelligenza artificiale è infine un terreno al quale le istituzioni internazionali hanno dedicato molta attenzione per le sue potenzialità di impiego, ma anche per le implicazioni etiche che possono riguardare imprese, cittadini e la società nel suo complesso. Non solo quelle attuali ma anche quelle che non si sono ancora manifestate (armamenti, interazione uomo-sistemi intelligenti) per le quali l’evoluzione delle tecnologie di intelligenza artificiale lascia intendere i potenziali sviluppi.

A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab