Una fotografia ai consumi italiani
Il Rapporto Coop 2013 Consumi & Distribuzione è stato redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di REF Ricerche e il supporto d’analisi di Nielsen. Il Rapporto, illustrato da Enrico Migliavacca, vicepresidente vicario Ancc-Coop e da Marco Pedroni presidente di Coop Italia, fotografa lo stato di salute dei consumi nel nostro Paese inserito in un contesto europeo e internazionale e approfondisce le modalità con cui le famiglie reagiscono alla nuova realtà economica, le differenze che caratterizzano i diversi territori del nostro Paese e il confronto con quanto accade negli altri grandi Paesi europei.
L’Italia è ancora nel tunnel della crisi e i bilanci delle famiglie sono sotto pressione. Il quadro complessivo non induce al facile e ingiustificato ottimismo: la diminuzione del reddito disponibile reale nell’arco di appena 6 anni supera il 10% (-10,2%), la disoccupazione è alle stelle (ha toccato il 12% nei primi mesi del 2013, ai massimi dal 1977) e sono soprattutto i più giovani sotto i 18 anni di età a rischiare l’esclusione sociale. Peggio di noi in Europa solo i coetanei bulgari, rumeni, ungheresi e delle piccole Repubbliche del Baltico, meglio di noi persino i greci e gli spagnoli.
In compenso l’Italia sale in vetta alle classifiche europee perché è il Paese con il maggior allungamento della vita media (rispetto al 1975 si vive 10 anni di più) e gli italiani sembrano oramai rassegnati a uno stile di vita all’insegna della rinuncia: sia rinunce importanti come i figli (siamo un Paese di figli unici e di famiglie con un solo componente), sia rinunce di tipo economico (il risolutivo taglio delle quantità acquistate è diventato dilagante).
Non ci si muove più realmente ma solo virtualmente: immobili e iperconnessi. In Italia sono 29 milioni i navigatori attivi ogni mese e 23 di loro lo fanno attraverso tablet e smarthpone (10 milioni in più rispetto al 2012 ne hanno in tasca uno nuovo). Nasce così la figura del consumatore-internauta: dalla lista della massaia con carta e biro alla pianificazione scientifica e razionale via web e finanche all’acquisto. La piazza virtuale fa proseliti e se 21 milioni di italiani si limitano a leggere opinioni di altri consumatori (e magari a venirne comunque influenzati), più di 8 milioni partecipano attivamente alle discussioni sui consumi on line. Per 10 milioni le procedure di acquisto si sono già invertite: il prodotto si vede in negozio, ma si compra online (è il caso dell’abbigliamento che nell’on line registra un +41% o dei prodotti tecnologici +19%). Oppure nemmeno si compra, ma si baratta o si ottiene gratis: è il fenomeno in crescita della sharing economy in cui l’accesso al bene è più importante del suo possesso.
E se alla fine qualcosa si trova nel carrello della spesa un po’ a sorpresa si scopre che l’italiano ama sempre più il cibo etnico (il carrello fa un balzo avanti di un + 6%) e ha tirato fuori un’anima tutta verde: l’insalata si fa nell’orto (proprio) e sullo scaffale si privilegia il biologico.
Le previsioni e la proposta di Coop«I dati in nostro possesso non autorizzano nessun ottimismo per il prossimo futuro» sostiene Marco Pedroni Presidente di Coop Italia. Accanto ad un piccolo allentamento della 'sfiducia' di imprese e famiglie, restano i dati duri della riduzione del potere di acquisto, della contrazione dell'occupazione, di una distribuzione del reddito sfavorevole per i ceti popolari e per una parte importante delle classi medie. Infatti, nonostante veniamo da anni di flessioni molto elevate la ripresa dei consumi alimentari e non alimentari non ci sarà: la stima Coop per il prossimo anno è di un ulteriore -0.5% nel food e -6,1% nel non food su una base 2013 già in significativa contrazione (la proiezione a fine anno è di -1,2% food e -7,5% non food).
Senza un'azione del Governo a sostegno della domanda interna e un forte impegno degli operatori economici più importanti, a partire dalle banche, chiamati a sostenere le famiglie non ci sarà una ripresa significativa del Paese. Aumentare l'IVA, come realizzare qualsiasi altro provvedimento fiscale non selettivo, sarebbe un errore molto grave. Sostegno alla domanda interna, redistribuzione a favore delle parti deboli, taglio delle spese militari, lotta all'evasione e all'illegalità economica, rilancio delle liberalizzazioni a partire da quelle solo iniziate come per i farmaci e la benzina. Non è certo un caso se gli unici settori lambiti dalla parziale liberalizzazione degli anni passati siano quelli dove i prezzi sono scesi”.
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