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02. Anticontraffazione: quattro case history

Il workshop «Il mio nome e nessuno. Identità e contraffazione nei mercati moderni» è stato l’occasione per presentare quattro case history di sistemi di tracciabilità che abilitano progetti d’anticontraffazione o di contrasto dei mercati grigi.

Farmaci sotto la lente

Adriano Fusco, marketing director di Antares Vision, ha illustrato come sistemi d’identificazione e tracciabilità nel settore farmaceutico, che la normativa Ue renderà obbligatori a partire dal 2016, possano consentire d’impostare strategie d’anticontraffazione. In partnership con Ima Group, produttore di macchinari per il confezionamento di farmaci e cosmetici, Antares Vision progetta articolati sistemi di controllo visivo avanzato nei punti nevralgici di linee di produzione e confezionamento di farmaci, che integrano le tecnologie OCR (optical character recognition) e OCV (optical character verification) di Cognex. Di fatto una serie di telecamere registrano e inviano in tempo reale al sistema informativo dell’azienda farmaceutica le informazioni relative a quanto avviene su ogni linea produttiva. Informazioni che possono essere convidise con i partner commerciali e con la pubblica amministrazione.

«Per scongiurare rischi per la salute del consumatore finale», ha sottolineato Fusco, «il settore farmaceutico investe da tempo e a più livelli in sistemi di tracciabilità e anticontraffazione. Il primo livello è inteso a garantire l’integrità del prodotto mediante bollini anti tamper. Il secondo livello è quello d’autenticare i farmaci in diversi modi: c’è chi si limita a stampare sulle confezioni la data di produzione e di scadenza e il numero del lotto e chi già adotta sistemi di serializzazione delle confezioni e attribuisce a ciascuna un codice univoco. Il terzo livello è quello del track & trace. Su quest’ultimo fronte le case farmaceutiche dell’Ue sono orientate verso un modello di tracciabilità che preveda la serializzazione all’atto della produzione e un controllo finale al punto di dispensazione. Negli Usa invece un progetto di legge propone un più oneroso e-pedigree di ciascuna confezione di prodotto che renda tracciabile ogni suo passaggio di mano».

Autenticità garantita

Prima d’illustrare una recente applicazione della tecnologia RFId con standard EPC (electronic product code) di GS1, Linda Vezzani, EPC specialist di GS1 Italy | Indicod-Ecr, ha ricapitolato le sue potenzialità d’identificare in modo univoco i prodotti. E ha rammentato che il sistema EPCIS, ossia l’infrastruttura software che permette di rilevare, registrare, conservare e trasmettere i dati relativi al prodotto cui è applicato un tag, abilita anche la tracciabilità estesa. «Mentre l’EPC, essendo un numero può essere contraffatto», ha spiegato Vezzani, «l’identificativo del tag non lo è. I pochi produttori al mondo di microchip infatti hanno creato un database che contiene gli identificativi dei singoli tag. Qualora l’abbinamento fra l’EPC di un prodotto e il tag ID che lo accompagna all’origine permanga durante tutta la sua vita possiamo dunque ritenere che sia autentico. In caso contrario è lecito dubitarne».

Vezzani, come anticipato, ha presentato il progetto Wine Traceability che, utilizzando la tecnologia RFId ha consentito non soltanto di seguire il percorso di otto pallet contenenti 630 colli e 3.780 bottiglie di vino pregiato, identificati tramite tag, nel loro viaggio dall’Italia verso Hong Kong, consentendo così di offrire la garanzia della loro autenticità (sulle singole bottiglie, unità d’imballo e pallet sono stati applicati tag rilevati dai varchi installati presso i magazzini dei produttori, i magazzini dei distributori e i punti vendita. Sono stati inoltre simulati i varchi presso i porti di imbarco e sbarco). Ma ha anche consentito di monitorare a che temperature sono state sottoposte le bottiglie nelle varie fasi del viaggio, rilevazione importante perché gli sbalzi termici possono danneggiare il vino.

«Le informazioni registrate con sistemi EPCIS», ha suggerito Vezzani, «possono anche essere messe e disposizione anche dei consumatori finali, magari utilizzando un’applicazione scaricabile con smartphone che dia la possibilità d’accedervi con la semplice scansione di un codice a barre (GS1 QRCode, GS1 DataMatrix) che a sua volta rimanderà al link ove sono conservate».

DataMatrix per il parmigiano…

Valentina Pizzamiglio, food safety expert presso il Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano, ha invece illustrato i vantaggi dell’identificazione univoca delle forme di formaggio tramite la loro marchiatura con codici DataMatrix applicati su placca di caseina. «Al progetto DataMatrix finanziato dalla Regione Emilia-Romagna», ha spiegato Pizzamiglio, «partecipano 20 caseifici che comunicano per via telematica al Consorzio il numero e il codice delle forme prodotte. Ciò non soltanto ci consente di monitorare in tempo reale la produzione, nuova competenza del nostro ente, ma anche di disporre di uno strumento per la lotta alla contraffazione. Tramite il codice DataMatrix possiamo infatti verificare l’autenticità della forma anche dopo che questa è entrata nel circuito distributivo».

… tag RFId per l’abbigliamento

Il produttore di fast fashion made in Italy Imperial, come ha spiegato alla platea Stefano Baroni, sales manager di Smart Res, ha individuato nella tecnologia RFId uno strumento non soltanto per migliorare la sua efficienza, ma anche per fornire garanzie d’autenticità a una clientela attenta all’origine italiana dei capi.

«Per conto di Imperial», ha spiegato Baroni, «abbiamo installato varchi RFId fissi e mobili nei loro negozi all’ingrosso e abbiamo prodotto tag RFId da applicare sui cartellini dei suoi capi che si sono evoluti nel tempo. Originariamente il nostro cliente tramite l’RFId intendeva velocizzare e rendere al contempo più accurate le operazioni di vendita dei commessi, alle prese con elevati picchi d’affluenza. Più di recente però Imperial ha pubblicizzato il fatto che la presenza del tag RFId sui cartellini dei suoi capi era prova della loro autenticità, aiutando i propri clienti a distinguere i capi originali da quelli contraffatti».

A cura di Luisa Contri