03. Il futuro prossimo del retail tra mondo digitale e made in Italy
Introducendo la tavola rotonda che è seguita alla presentazione del terzo Rapporto Gda, Cristina Lazzati, vice direttore area retail business media del Gruppo 24 Ore, ha presentato una carrellata di progetti di retail 2.0 realizzati e in fase d’implementazione da parte di gruppi distributivi sia italiani che stranieri: dal Salva tempo di Coop Estense a Crai informa, a Conad ricetta perfetta, a Leclerc-Conad drive, a Starzone di Esselunga, alle app di Carrefour Planet, di Whole Foods Market e di Wal-Mart, al sito di ventes flash sempre di Carrefour, alle iniziative di presidio dei social network di Tesco, all’instore mode e all’endless aisle di Wal-Mart, alle promozioni suggerite dai clienti e rese realtà da un retailer cinese, con la collaborazione dei fornitori.
Opportunità del retail 2.0
Progetti sicuramente interessanti e innovativi anche se, molto probabilmente, poca cosa rispetto alle aspettative di una clientela già ben familiarizzata con le tecnologie digitali, come ha affermato Lazzati.
«Le opportunità offerte dai new media», evidenzia Giorgio Panizza, consigliere delegato de Il Gigante, «stravolgono la realtà con cui si sono confrontati negli ultimi 30-40 anni i nostri uffici marketing. Una realtà fatta di volantini promozionali, campagne affissioni, inserzioni sui giornali, cartelli stradali, che hanno monopolizzato il budget pubblicitario. Anche per una catena con uno share di appena l’1,4% come Il Gigante, però, i new media possono rappresentare un’occasione per fare comunicazione in modo efficace e a costi più contenuti».
Nell’attuale congiuntura, non potendosi prevedere un ampliamento del budget in comunicazione, normalmente i retailer dirottano parte del budget dai media classici ai new media, buttando il cuore oltre l’ostacolo e affidandosi alle sensazioni e facendosi guidare dalla misurazione dei primi risultati ottenuti. Risultati spesso più facilmente misurabili. Lo è, per esempio, la redemption di promozioni attraverso sms a gruppi di clienti profilati, più puntualmente calcolabile rispetto a quella della medesima promozione veicolata tramite volantino.
L’evoluzione della Gdo
Ampliando lo sguardo al futuro della Gdo in Italia, Marzoli ha espresso la convinzione che il superstore continuerà a essere il format vincente e che occorrerà porre mano anche a una riqualificazione dei supermercati. «Essendo improbabile un’ulteriore crescita della rete dei super oltre le 9 mila unità», afferma il direttore commerciale retail di SymphonyIRI, «i retailer dovranno avere il coraggio di chiudere alcuni punti vendita e di ristrutturarne altri, facendo in modo che offrano un assortimento su misura per la comunità che servono».
«Oggi ristrutturare un supermercato», commenta Panizza, «offrendo più servizi, in modo più mirato e in un ambiente più moderno, è vincente rispetto ad aprire un nuovo punto vendita. Il ritorno sull’investimento è nettamente superiore».
«Il mercato italiano», ha aggiunto Pellegrini, «è sempre stato molto complesso per le differenze che sussistono fra una comunità locale e l’altra anche nel raggio di pochi chilometri. Di conseguenza i nostri retailer possono vantare un know how di prima grandezza. La differenziazione dell’offerta in funzione del bacino va però oggi implementata con più cura, cosa cui si presta il mondo del food, nel quale si può far leva sui prodotti tipici e locali, meno nel non food, ove la possibilità d’innovare è molto legata alle nuove tecnologie messe in campo dai fornitori».
Sia Marzoli che Pellegrini condividono l’opinione che le chance di una ripresa del format ipermercati siano scarse. Per Marzoli «La perdita d’attrattiva della sua offerta non food per la concorrenza esercitata dalle gallerie commerciali, e la riduzione del differenziale di prezzo con supermercati e superstore, hanno fatto venir meno gli atout principali di questo canale».
«Bisognerà tornare a ragionare sul significato di prossimità», aggiunge Pellegrini, «concetto che implica vicinanza di vedute, non solo vicinanza fisica. E la prossimità con una comunità la si può costruire in modi differenti. L’importante è che questa differenza sia reale e percepita, altrimenti il consumatore finirà per scegliere o il negozio dove i prezzi sono più convenienti o, a parità di prezzi, quello per lui più comodo e vicino».
A cura di Luisa Contri