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02. La situazione. Tutti perdono con informazioni digitali errate

Nuove opportunità d'interazione B2C si stanno rapidamente diffondendo. Si consideri che, alla fine del 2010, solo il 25% dei telefoni posseduti dagli americani erano smartphone, che la diffusione del 3G aveva superato la soglia del 50% e che quasi il 47% degli abbonati erano utenti connessi ai media. Infatti, la definizione stessa di "mobile" sta cambiando per l'introduzione di dispositivi tablet come l'iPad (“The 2010 U.S. Digital Year in Review,” comScore, Inc., 7 Febbraio 2011).

Il report "2020 Future Value Chain" segnala l'enorme impatto che le tecnologie dei consumatori avranno sui beni di consumo e sul settore delle vendite. Le esigenze dei consumatori stanno cambiando rapidamente come mai prima e il mercato si sta trasformando poiché la determinazione da parte dei consumatori del valore di un marchio passa dai prodotti alle esperienze. I consumatori si aspettano servizi che aggiungano valore alla propria vita rendendo le cose più facili. Vogliono un acceso diretto a contenuti e servizi sicuri tramite il loro dispositivo prescelto e pretendono soluzioni facili da capire, semplici da usare e veloci. Nella ricerca di prodotti prima dell'acquisto, sempre più consumatori cercano informazioni online che vadano oltre a quelle dell'etichetta. Infatti, secondi alcuni, circa la metà di tutte le vendite al dettaglio al giorno d'oggi avviene online o sono influenzate dal web (“Forrester Research Web-Influenced Retail Sales Forecast”, Forrester Research Inc., Dicembre 2009).

«Il numero di persone che ricercano i prodotti o che comprano tramite gli smartphone cresce a ritmi di migliaia e non dà alcun segno di sosta», osserva Sanjay Sarma, co-fondatore dell'Auto-ID Lab presso il Mit di Cambridge. «Allo stesso tempo, le fonti non autenticate si moltiplicano. È quindi fondamentale che si affrontino ora le carenze di questo settore».

In questo contesto in continua evoluzione, i consumatori basano sempre di più le proprie decisioni sulle informazioni digitali: dai siti di shopping, ai servizi di rating, attraverso i social network a cui accedono tramite i dispositivi mobile. Le informazioni che cercano spesso si estendono oltre a ciò che tipicamente è riportato sull'etichetta o sul packaging e comprendono dati nutrizionali più dettagliati, come allergeni e l'accreditamento etico. Purtroppo, le esperienze deludenti sono fin troppo comuni ogni volta che i consumatori cercano di accedere alle informazioni digitali sul prodotto, con una percentuale significativa di richieste che non producono risultati o che forniscono dati incompleti o inesatti. Lo studio di GS1 UK evidenzia la gravità della situazione. La ricerca ha esaminato la qualità delle descrizioni dei prodotti e le immagini disponibili in tre applicazione generiche di proprietà di terzi. Un totale di 375 prodotti alimentari sono stati selezionati in maniera casuale e scansionati utilizzando le tre applicazioni. GS1 UK e Cramfield School of Management sono stati, poi, in grado di valutare l'accuratezza dei dati disponibili per le applicazioni confrontandoli con i dati autorizzati dal proprietario del marchio.

Su un totale di 1125 scansioni condotte con tutte e tre le applicazioni, solo il 9% ha restituito una descrizione corretta del prodotto rispetto ai dati forniti dal proprietario del marchio. Un incredibile 87% delle scansioni non ha fornito alcuna immagine. E anche quando sono state inviate informazioni, nel 20% dei casi erano errate. Il risultato: una crescente frustrazione per i consumatori che vogliono solo un modo semplice per accedere alle informazioni sul prodotto.

Crowdsourcing e attività di B2C non coordinate generano informazioni digitali errate

Due questioni chiave sono alla base del problema: l'uso di crowdsourcing e di altri fonti non strutturate di proprietà di terzi per la raccolta dei dati e la vasta gamma di attività B2C non coordinate che attualmente avvengono su molti fronti.

In questo panorama digitale in rapida evoluzione, i proprietari di marchi non hanno più il pieno controllo delle informazioni e dei messaggi su cui i consumatori si basano, poiché gran parte delle informazioni disponibili via Internet è fornita da terzi o è crowdsourcing. Il crowdsourcing conta su grandi gruppi d'individui che collaborano e che possono insieme contribuire ad una condivisione comune di informazioni. Quest'approccio può funzionare bene con opinioni, recensioni o altre informazioni soggettive e non standardizzate. Tuttavia, per informazioni a livello nutrizionale e d'ingredienti, risulta inefficace e anche potenzialmente pericoloso se le informazioni che vengono raccolte provengono da molteplici e non verificate fonti piuttosto che dai proprietari dei marchi. Lo studio di GS1 UK rivela come queste incongruenze che ne derivano spesso confondano i consumatori e compromettano la loro fiducia nelle informazioni sul prodotto.

Il crowdsourcing si è evoluto fino a soddisfare il bisogno crescente dei consumatori per informazioni sui prodotti. Tuttavia, gli sforzi dei proprietari dei marchi per fornire questi dati in formato digitale hanno un ritardo significante rispetto alla domanda dei consumatori.

Allo stesso tempo, numerose iniziative e attività non coordinate si svolgono nell'ambito del B2C creando una maggiore complessità. Per esempio, gli organi di regolamentazione stanno aggiungendo nuove norme per fornire ai consumatori informazioni (ad esempio, dati nutrizionali e allergeni) e discutono nuove possibili infrastrutture, copie esatte delle strutture dati del settore già esistenti.

I creatori di applicazioni stanno sviluppando le proprie strategie, specifiche per le aziende e per il data-sourcing, al fine di supportare le applicazioni mobile dei consumatori, aumentando la sfida a livello di costi, complessità e integrità dei dati. In molti casi, i creatori di applicazioni - come Google, Microsoft e Amazon - e fornitori di telefonia mobile - come AT&T, Verizon e Vodafone - forniscono informazioni che, per loro stessa ammissione, non sono così accurate come quelle che i consumatori stanno ricercando. Infatti, secondo Mike Wehrs, CEO di Scanbuy, il 40% delle richieste mondiali, generate attraverso la scansione di codici a barre per la vendita dei prodotti e ricevute dall'applicazione ScanLife della società, non può essere associato a un prodotto in maniera precisa. Questo causa un'esperienza negativa per il consumatore e non aggiunge valore al marchio o al rivenditore.

Per ottenere informazioni sui prodotti più accurate, alcuni utilizzatori di GDSN (Global Data Synchronization Network) forniscono ora fonti alternative per la collezione dei dati sui prodotti da partner commerciali (ad esempio, i portali di rivenditori o produttori.) E alcuni rivenditori hanno sviluppato le proprie applicazioni per connettere i consumatori alle informazioni sui propri prodotti.

Iniziative nutrizionali convergenti proprie del settore – come l'Healthy Weight Commitment Foundation, la Childhood Obesity Surveillance Initiative (COSI) dell'Organizzazione Mondiale per la Sanità (Regione Europea) e le Nutrition Keys, un sistema di etichettatura nutrizionale sulla parte anteriore della confezione – hanno portato le organizzazioni locali dei membri GS1 (come Canada, gli Stati Uniti e l'Inghilterra) ad affrontare queste opportunità. Mentre ci troviamo nelle "prime fasi" del B2C, esistono per l'intera comunità (consumatori, proprietari di marchi e creatori di applicazioni) gravi conseguenze che possono derivare da dati di prodotto errati. Se non affrontato, il rischio di scarsa precisione dei dati sui prodotti crescerà notevolmente con il passare del tempo.

I consumatori hanno bisogno di informazioni di cui si possano fidare

In un mondo in cui la trasparenza cresce continuamente, informazioni sui prodotti non accurate e incomplete minano la fiducia dei consumatori nei prodotti, nei brand e nell'intera esperienza B2C. La fiducia è alla base del problema. Nell'analisi mondale di GS1, il 74% dei consumatori considera importante che le informazioni sui prodotti siano affidabili. Uno studio inglese ha inoltre riportato che il 50% dei consumatori ha dichiarato che quando utilizza canali digitali ha bisogno d'informazioni semplici – come una descrizione accurata del prodotto e un'immagine – per essere sicuro che il prodotto che intende comprare sia corretto.

La qualità dei dati è particolarmente importante quando riguardano questioni di salute, nutrizione e sicurezza dei prodotti in cui è elevata la probabilità di conseguenze negative sul benessere del consumatore. Quando le informazioni fondamentali fornite – come l'utilizzo del prodotto, i dati allergeni o nutrizionali – sono imprecise, si possono creare ripercussioni serie che possono minare l'intero sistema. Mentre le leggi sulla responsabilità del prodotto hanno, tra l'altro, ritardato il boom dell'utilizzo d'informazioni digitali sui prodotti, non è sbagliato credere che in un futuro non troppo distante le leggi che governeranno le informazioni sui prodotti rispecchieranno quelle che attualmente controllano l'accuratezza delle informazioni sul packaging.

I proprietari di marchi rischiano di perdere Brand Equity e vendite

La comunicazione tra i proprietari di marchi - siano produttori o rivenditori - e i consumatori è cambiata. Nel passato, i produttori promuovevano il proprio marchio ai consumatori attraverso la pubblicità, le agenzie dei media e i rivenditori. La principale fonte d'informazioni sui prodotti era sempre il proprietario del marchio. Ma il panorama è cambiato e cambierà ancora in futuro, poiché i titolari dei marchi non hanno più il controllo completo delle informazioni e dei messaggi su cui i consumatori fanno affidamento. Oggi i consumatori hanno a disposizione molte altre fonti d'informazioni, in particolar modo i social media online, su cui i brand hanno un controllo limitato o nullo. Quando i consumatori ricevono, attraverso queste nuove fonti, dei dati errati, ciò rappresenta, nella migliore delle ipotesi, un'opportunità sprecata di informare correttamente i consumatori sui propri prodotti. Nel peggiore dei casi, è un attacco diretto all'integrità dei marchi e mina la fiducia dei consumatori, fiducia che potrebbe risultare impossibile da recuperare.

Informazioni digitali errate possono, inoltre, portare a perdite nelle vendite poiché esiste un chiaro legame tra la qualità e l'accuratezza delle informazioni ricevute e il comportamento dei consumatori al momento dell'acquisto. Nell'analisi mondale di GS1 sui consumatori, il 38% di coloro che hanno risposto ha dichiarato che non comprerebbero un prodotto qualora non si fidassero delle informazioni visualizzate sul proprio smartphone. Anche se i consumatori desiderano ricevere informazioni da diverse fonti, hanno bisogno di conoscere e fidarsi dei dati che credono provenire direttamente dai proprietari dei marchi. I dati accurati dei proprietari dei marchi assicureranno, inoltre, che i contenuti forniti dai peer si basino su fatti reali, e aiuteranno a prevenire i preconcetti errati causati dalla diffusione tramite i canali dei consumatori e dei social network.

I creatori di applicazioni affrontano l'aumento dei costi e la perdita d'uso

Mentre una grande quantità d'informazioni è accessibile via Internet, una parte sostanziale è costituita da dati di terzi che sono spesso forniti da collaboratori non autorizzati invece che direttamente dal produttore, dal rivenditore o altre fonti di informazioni attendibili. Per i creatori di applicazioni che vogliono fornire informazioni accurate sui prodotti, i dati errati producono costi maggiori poiché il primo passo del processo è, per qualsiasi creatore di applicazioni, creare i propri database sui prodotti provenienti da diverse fonti. Costi addizionali e inutili si aggiungono poiché, se possibile, dovranno revisionare manualmente, editare, convalidare e correggere le informazioni.

Queste soluzioni point-to-point creano ostacoli interni per l'accesso al settore che richiede una soluzione scalabile basata su una fonte unica per l'affidabilità dei dati. La ricerca mostra che i consumatori smetteranno presto di utilizzare le applicazioni che forniscono dati errati o nulli. Più di un terzo dei consumatori intervistati dallo studio mondiale di GS1 ha dichiarato che non userebbe più un'applicazione qualora contenesse informazioni errate sui prodotti e il 26% di loro non userebbe più un'applicazione qualora non contenesse alcuna informazione sui prodotti.

Un'errata informazione digitale crea pericoli per i singoli soggetti coinvolti e mette anche in pericolo l'intera possibilità di connettersi con i consumatori in nuovi modi, con ripercussioni sui prezzi attuali oltre che limitare le potenziali opportunità di guadagno e di crescita nei nuovi canali.