Anche nel largo consumo il marketing è già più mobile
Implementare progetti di mobile marketing in Italia è un’optional o è già imprescindibile? L’arrivo sul mercato di dispositivi mobile sempre più evoluti e di diverso tipo (l’anno scorso in Italia sono state vendute mezzo milione di tablet), basati oltretutto su sistemi operativi differenti fra loro, rappresenta un’opportunità o un ostacolo per chi intende presidiare questo nuovo canale di relazione con la clientela? A queste e altre domande ha cercato di dare risposta il convegno dal titolo Mobile marketing e oltre nel largo consumo: futuro o realtà?, organizzato il 24 maggio scorso a Milano dalla testata on line Distribuzione Moderna.
Cosimo Finzi, ricercatore di Astra Ricerche, ha presentato i risultati del terzo monitor sull’utilizzo in Italia del cellulare, strumento principe per veicolare progetti di mobile marketing. E dall’indagine - realizzata per conto dell’agenzia A-Tono intervistando 1.271 persone d’età compresa fra 14 e 65 anni - emerge che, in un’Italia in cui ci sono 1,55 sim a testa e oltre 15 milioni di smartphone, il cellulare è sempre più uno strumento di comunicazione e di scambio di dati.
«Fra il 2008 e il 2010», ha sottolineato Finzi, «è più che raddoppiato il numero delle persone che utilizzano il cellulare per navigare in internet, arrivando a superare il 39%. È addirittura quadruplicato, raggiungendo il 24,6% chi lo usa come un navigatore satellitare. Il fatto che oggi un terzo dei possessori di telefono cellulare pensi a un sms per contattare qualcuno, prima ancora che a una chiamata, riflette una svolta culturale nell’utilizzo di questo strumento. E ciò è ancor più vero fra i 14-24enni. In questa fascia solo il 41% pensa per prima cosa alla chiamata e già il 22% al post su un social network come terza modalità di contatto».
Che il terreno sia fertile per il mobile marketing è testimoniato anche da altre evidenze emerse dal monitor Astra Ricerche. Un terzo dei possessori di cellulari accede a internet spesso o a volte. L’11% è passato da un contratto a consumo a uno più evoluto, flat o semiflat per l’accesso al web e si è orientato su una spesa media mensile sopra i 10 euro. Diminuisce la percentuale di chi ritiene eccessivo il costo del collegamento a internet via mobile (dal 38,8 al 28,2%). Il 38% sa cos’è un’applicazione (o app), la forma più naturale d’accesso al web con lo smartphone, e un altro 20% ne ha sentito parlare. Il 40,4% ha scaricato una o più app (gratuite e non) e nel 72,9% dei casi l’ha fatto autonomamente.
Novità della terza edizione del monitor Astra Ricerche è stata l’aver sondato l’interesse del campione per tre tipologie d’attività di mobile marketing, interesse che è risultato consistente. La possibilità d’avere sconti e sfruttare promozioni collegando il numero di cellulare con la carta fedeltà del supermercato è stata infatti ritenuta abbastanza o molto interessante, utile, innovativa o divertente dal 71% del campione. Il 52% ha apprezzato la possibilità di scaricare un’app che fornisse stimoli e idee e che permettesse di chattare con persone che condividono i suoi stessi interessi. Il 58% degli interpellati ha infine accolto positivamente la possibilità di scaricare un’app che, individuata la sua posizione, gli fornisca informazioni utili.
«Ne deduciamo», ha concluso Finzi, «che il mobile marketing non deve essere considerato il futuro bensì un presente, abilitato dall’evoluzione tecnologica e da una connettività ormai all’altezza della situazione. Non mancano sul mercato agenzie esperte e utenti aperti alle iniziative di mobile marketing. Chi in azienda può decidere è dunque il caso che non esiti. In una fase storica in cui altre forme di comunicazione hanno difficoltà a raggiungere gli obiettivi o lo fanno solo a fronte d’investimenti elevati, la scelta del mobile marketing può dare risultati interessanti».
Indicod-Ecr condivide con Astra Ricerche la convinzione che il mobile marketing rappresenti già oggi un’opportunità a disposizione delle aziende dal largo consumo per arricchire l’esperienza d’acquisto del consumatore, per generare vendite incrementali e per fidelizzare e soddisfare ancora di più la clientela. La complessità legata all’eterogeneità dei dispositivi mobile sul mercato e dei loro sistemi operativi, un know-how non ancora adeguatamente diffuso e la preoccupazione per la rapida obsolescenza dei progetti ne hanno però fin qui frenato la pratica per industria e distribuzione. Indicod-Ecr s’è dunque attivata per portare ordine nella complessità, per quanto le compete. Estendendo la sua mission di sviluppo di regole e standard dall’ambito delle relazioni B2B a quello delle relazioni B2B2C, s’è concentrata su due applicazioni del mobile marketing abilitabili tramite standard GS1: il digital couponing e l’extended packaging. Per il primo Indicod-Ecr è in grado di studiare il processo e di suggerire come ricrearlo in formato virtuale. Per l’extended packaging propone invece una soluzione basata sullo standard GEPIR, il database delle aziende che hanno rilasciato i codici a barre dei prodotti, che può reindirizzare lo strumento mobile del consumatore verso il sito ove troverà le informazioni aggiuntive sul prodotto di cui ha letto il codice a barre (mono o bidimensionale che sia).
«Relativamente all’extended packaging», ha riferito Andrea Ausili, mobilecom project manager di Indicod-Ecr, «abbiamo da pochi mesi avviato un progetto volto a superare quello che è oggi un handicap: la scarsa attendibilità delle informazioni sui prodotti oggi reperibili sul web in conseguenza del fatto che non sono fornite soltanto dai produttori ma anche da una molteplicità di soggetti terzi e che sono rielaborate per app disegnate per dispositivi differenti. GS1 sta infatti lavorando alla costruzione di un database che contenga informazioni provenienti da fonti diverse, ma che siano attendibili in quanto verificate. Ci proponiamo insomma come trusted source of data, come local aggregator d’informazioni alle quali accedere da chi sviluppa nuove app».
Una rassicurazione sul fatto che la tecnologia in divenire non è un ostacolo all’implementazione di progetti di mobile marketing è giunta da Paola Battaglini, industry principal retail di Sap Italia, poiché già oggi case di software qualificate possono sviluppare app in grado di funzionare indipendentemente dall’ambiente software del dispositivo.
Battaglini ha riferito dei buoni risultati in termini d’incremento della fedeltà e dello scontrino medio ottenuti dalla catena francese Géant Casino attraverso l’attivazione di un progetto di mobile marketing, alla cui implementazione tecnologica ha lavorato la stessa Sap, che si avvale, fra l’altro, di un app di geolocalizzazione. Consentendo all’app di rilevare la sua presenza in un punto vendita della catena, il cliente ha l’opportunità di ricevere sul suo dispositivo mobile suggerimenti su dove trovare un prodotto o l’alternativa più economica dello stesso, oppure riceveva un buono sconto riservato esclusivamente a lui, valido in quel momento.
Agroittica Lombarda ha riferito dell’ottimo riscontro ottenuto rilasciando un’app per iPhone e iPad dedicata al suo prodotto più prestigioso: il caviale. Oltre a informazioni sulle diverse varietà e ai suggerimenti su come gustarlo, l’app di Agroittica Lombarda offre indicazioni sul negozio più vicino (nel raggio di 50 km) dove acquistarlo ai clienti che accettano di farsi geolocalizzare. «Ma nelle prime 5 settimane dalla sua attivazione», ha riferito Stefano Bottoli, direttore vendite di Agroittica Lombarda, «le nostre vendite on line sono incrementate del 25%. L’aumento più sensibile l’abbiamo riscontrato nel mercato statunitense, più avvezzo agli acquisti on line con carta di credito. Un risultato di tutto rispetto in un periodo economico non certo favorevole». L’esperienza di Agroittica Lombarda evidenzia anche come il rilascio di un’app dia una visibilità globale all’azienda che l’origina, in quanto può essere scaricata da chiunque ovunque si trovi.
«Gli operatori del largo consumo», ha osservato Giuseppe Caspani, direttore dell’agenzia specializzata in mobile marketing A-Tono, «e in particolare i retailer, non devono auto-imporsi dei limiti o farsi bloccare dalla complessità tecnologica. La creatology, come chiamo la capacità delle agenzie come la nostra di dare sostegno al cambiamento culturale nel modo di comunicare, ha già dimostrato la sua efficacia. Basti guardare al successo d’iniziative come quelle dell’americana Best Buy o di Original Marines o della svizzera Migros. Il mobile marketing, infatti, non si rivolge a un manipolo di fanatici dell’uso del cellulare, ma a una platea di consumatori sufficientemente smaliziati, disponibili a fornire delle informazioni su di sé in cambio di contenuti e servizi che lo interessano».
A Pierluigi Bernasconi, amministratore delegato di Mediamarket, è toccato il compito di richiamare l’attenzione della platea sulle indubbie opportunità, ma anche sulla complessità che la gestione di progetti di mobile marketing implica per le aziende, per come sono organizzate oggi. Ciò in forza delle molteplici attività d’interazione B2C e B2B che Mediamarket ha sviluppato.
«Attività», ha evidenziato Bernasconi, «che andrebbero legate da un fil rouge, perché la digitalizzazione fa risalire il contatto con il cliente all’interno dell’azienda. Quando si lavora con questi strumenti il front-end del retailer non è più l’addetto alle vendite del negozio o l’operatore del call center, perché la complessità delle problematiche e delle loro soluzioni va risolta da altri soggetti all’interno dell’organizzazione. E questo non è semplice in un’azienda tradizionalmente organizzata per funzioni: acquisti, vendite, marketing, pubblicità, e così via.
In una filiera in cui IDM e GDO ancora discutono di quanti investimenti è meglio destinare alla pubblicità istituzionale e quanti a iniziative in-store, come isole promozionali, shop in shop e presenza di promoter, il mobile marketing può apparire di là da venire. «L’evoluzione tecnologica e l’adeguamento anche in Italia della legislazione, come la recente abolizione del decreto Pisanu che impediva d’attivare reti wi-fi libere», ha osservato Bernasconi, «porteranno a un boom di questo nuovo modo di comunicare con il cliente in pochissimo tempo. È indubbio che il mobile marketing sia una materia in cui c’è ancora tutto da imparare e che sia un esercizio prima di tutto culturale. Ed è altrettanto vero che c’imporrà di metterci in gioco fortemente. Se oggi siamo noi aziende a cercare d’indirizzare le scelte dei consumatori, avvalendoci delle informazioni che avviamo su di loro, domani, con le nuove modalità di comunicazione via mobile, saranno i clienti a influenzare il nostro comportamento. Un cambio di paradigma che non siamo ancora preparati ad affrontare».
Alla domanda se il mobile marketing vada considerato futuro o realtà Bernasconi risponde dunque che è «un’incipiente realtà, da percorrere e anticipare, ma comunque da abbinare per il momento ai metodi tradizionali di comunicazione col cliente». Il mobile marketing andrà insomma integrato nella strategia di comunicazione dell’azienda e gli investimenti andranno spostati su di esso, anche in modo deciso, ma sempre mirato e misurando i ritorni dei singoli progetti. Due sono oggi gli aspetti critici del mobile marketing, secondo Bernasconi. «Il primo è la disponibilità dei dati sulla clientela. Dobbiamo infatti fare i conti con la normativa sulla privacy che ci impedisce di conservarli oltre un certo lasso di tempo. Il secondo aspetto è capire quali sono le informazioni che interessano per davvero al cliente». Il rischio di trasformarsi in scocciatori è sempre dietro l’angolo.
A cura di Luisa Contri