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L'RFID conviene anche alla moda

La tecnologia RFID è conveniente. E nella supply chain del settore moda è molto conveniente. È questo il risultato del progetto di ricerca curato dal Board of advisors Fashion dell’RFID Lab dell'Università degli Studi di Parma.
Concluso nel dicembre scorso, dopo sei mesi di attività attraverso le visite sul campo di Ce.Di e punti vendita delle aziende del Board e la reingegnerizzazione dei processi nel RFID Lab, il progetto ha determinato il ritorno dell'investimento della gestione della supply chain di prodotti moda attraverso tecnologie RFID ed Epc.
La fase di analisi ha permesso di definire come il settore fashion sia caratterizzato da un lato, da un’estrema eterogeneità tecnologica tra le realtà che vi operano, e dall'altro da una serie di inefficienze logistiche e produttive, che si manifestano nell'incremento delle attività manuali e negli errori e di conseguenza dei costi complessivi logistici del prodotto.
A questa fase di analisi è seguita quella della reingegnerizzazione dei processi maggiormente influenzabili dalla tecnologia a radiofrequenza. Sono sostanzialmente una quindicina, di cui otto relativi al Ce.Di (ricevimento, stoccaggio, inventario, rifornimento dell'area picking, prelievo, picking & marking, spedizione) e sette al punto vendita (ricevimento, operazione antitaccheggio, inventario, replenishement, riprezzatura, check out e processi legati ai resi). L'impatto dell'adozione del RFID su questi processi, sottolinea il rapporto, è inversamente proporzionale al grado di configurazione tecnologica di partenza e per questo la ricerca si è concentrata sui due casi estremi (best e worst).

Il processo di reingegnerizzazione ha quindi individuato una filiera di riferimento composta da un Ce.Di e da 20 punti vendita con un flusso complessivo di 7,85 milioni di pezzi all'anno con il tag posizionato all'interno del cartellino prima della spedizione al Ce.Di. Per l'hardware, il software e l'integrazione con il sistema informativo aziendale, è stato calcolato un investimento di 1,37 e di 1,59 milioni di euro, rispettivamente per il caso best e worst, di cui il 20-25% presso il Ce.Di e il 75-80% presso i 20 punti vendita, mentre il costo annuo dei tag è stato calcolato in 656.000 €, ma ha originato dei risparmi di manodopera nei vari processi, variabili in funzione delle condizioni tecnologiche di partenza, e incrementi delle vendite pari al 7,5%.
Pur con un approccio decisamente cautelativo (0,08 € per ogni tag, al di sopra del minimo di 0,059 $ già registrato altrove), sono particolarmente interessanti gli indicatori di redditività economica dell'investimento, anche nel caso di una configurazione tecnologica inferiore (v. tabella). I vantaggi di ordine economico della tecnologia RFID, sottolinea il rapporto, non sono però tutti immediatamente quantificabili. È il caso dell'aumento dell’accuratezza in fase di ricevimento e spedizione, la possibilità di effettuare controlli estensivi sui flussi di prodotto, invece che a campione, la riduzione o eliminazione di errori di allocazione delle merci, la certificazione RFID dei colli imballati, con conseguente riduzione di contenziosi con i punti vendita, l'effettuazione di inventari puntuali, il tracking delle merci lungo la supply chain e la lotta alla contraffazione.

A cura di Fabrizio Gomarasca


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