Voglio un centro di gravità permanente
Onestà, rispetto, responsabilità e libertà sono i valori-guida dichiarati dagli italiani (rispettivamente 50%, 46%, 41%e 40% delle risposte). E distaccano alla lunga la ricchezza (10%), l’ambizione (8%), il successo sociale e la carriera (ex aequo al 7%), forse perché ritenuti più impervi da raggiungere. Nella ridefinizione dei valori e nella ricerca di senso, gli italiani sembrano meno desiderosi di ottenere un riconoscimento sociale (indicato solo dal 5% degli intervistati) e più interessati alla religione e ai percorsi di spiritualità, con il 45% degli italiani che ammette di averli intrapresi o di avere intenzione di farlo.
Intanto l’immaginario collettivo attinge a piene mani agli scorsi decenni, quando il mondo era un posto migliore, pensano quasi sette italiani su dieci. Impazzano i remake televisivi e cinematografici, crescono esponenzialmente le vendite di vinili, il vintage diventa sempre più un’icona di stile e oltre un esponente su due della Generazione Z dichiara che, potendo scegliere, avrebbe preferito nascere all’epoca dei propri genitori.
Alla prospettiva verticale-spirituale e allo sguardo (nostalgico) rivolto al passato si accompagna una bella dose di ambientalismo. È cresciuta di nove punti percentuali la quota di italiani che ritiene che il cambiamento climatico sia un’emergenza causata da attività umane (73%) e il 36% crede che combatterlo dovrebbe essere un obiettivo prioritario. Anche nella propria quotidianità, giacché tre italiani su quattro si dichiarano disposti a fare la loro parte con comportamenti “green”, come l’uso di mezzi di trasporto alternativi, i limiti all’uso del riscaldamento domestico e la riduzione del consumo di carne rossa. Ma c’è anche quel 25% di italiani che sottolinea la difficoltà di riuscire a fare qualcosa, principalmente perché il cambiamento climatico è un problema troppo ampio per un singolo cittadino, perché ne teme gli effetti sul lavoro e l’economia, o lo ritiene potenzialmente svalutante nella competizione tra Europa e Cina. In questo scenario si inserisce anche quel 60% di manager europei che, in un generale greenlash (resistenza attiva alle politiche ambientali e di sostenibilità, ndr) istituzionale e imprenditoriale, indica la burocrazia ambientale come uno dei principali ostacoli alla competitività delle aziende e dei mercati.
Figura 2 - Greenspiration, gli italiani non rinunciano alla tutela dell’ambiente

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