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Economia e consumi Largo consumo

Cosa ci rende un paese in crisi demografica e come provare a uscirne

La transizione demografica si è trasformata in crisi, in Italia, dal 1984. Invecchiate anche le “generazioni abbondanti”, abbiamo pochi potenziali genitori e pochi potenziali lavoratori. Per uscirne, ci sono due strategie, da attuare contemporaneamente

Tratto dal sito lavoce.info

Crisi demografica in Italia
Bartek - stock.adobe.com

La transizione demografica

Per un lungo periodo nella storia dell’umanità, fino a poche generazioni fa, il tasso di fecondità è stato attorno o superiore alla media dei cinque figli per donna. Un valore elevato? No, necessario per dare continuità alla popolazione compensando gli elevati rischi di morte. Al momento dell’Unità d’Italia, oltre un nato su cinque non arrivava al primo compleanno e solo meno della metà dei figli raggiungeva l’età dei propri genitori. Il passaggio dagli alti livelli di mortalità e natalità del passato a quelli bassi attuali è noto come transizione demografica. Si tratta di un cambiamento di coordinate del sistema demografico a cui corrisponde un abbassamento da cinque (e oltre) a due del livello di fecondità necessario per un equilibrato ricambio generazionale. Quando i rischi di morte dalla nascita fino all’età adulta scendono su livelli molto bassi, infatti, sono sufficienti due figli in media per sostituire i due genitori.

I paesi con tasso di fecondità sceso a due figli per donna e stabilizzato attorno a tale soglia tendono a perdere la struttura per età fatta a piramide (molti giovani e pochi anziani) e ad acquisirne una con base e parte centrale simile a un rettangolo. La punta in età avanzata si allarga e si alza, per effetto della longevità, ma la base rimane solida. Questo consente di investire risorse sulla qualità degli anni in più di vita grazie a una popolazione in età lavorativa che non si indebolisce.

Lo stesso risultato si può ottenere anche con un tasso di fecondità che scende poco sotto i due figli per donna, se la riduzione delle nuove generazioni è efficacemente compensata dall’immigrazione.

Da transizione a crisi

La “transizione” (passaggio da un vecchio a un nuovo equilibrio) diventa “crisi” demografica (squilibri crescenti) quando il numero medio di figli scende su valori molto bassi (sotto 1,5) e rimane a lungo sotto tale soglia. In tal caso, gli squilibri nel rapporto tra generazioni diventano sempre più ampi, dato che le nascite, oltre a diminuire per la fecondità molto bassa, vengono depresse dal fatto che i potenziali genitori sono sempre di meno. La struttura demografica perde la sua stabilità con una base che diventa via via più stretta rispetto alle fasce più mature.

L’Italia è in crisi demografica dal 1984, ovvero da quando il tasso di fecondità è sceso persistentemente sotto 1,5. L’impatto del crollo è stato tale che attorno alla metà degli anni Novanta siamo diventati il primo paese al mondo in cui gli under 15 sono scesi sotto i 65enni e oltre. Al centro dell’età adulta c’erano però ancora le generazioni abbondanti nate quando il numero medio di figli per donna era sopra a due. L’abbondanza di popolazione in età lavorativa ha portato la politica, anzi la classe dirigente in senso ampio, a sottovalutare la crisi demografica. Ma era evidente che a un certo punto le generazioni abbondanti sarebbero diventate anziane e quelle demograficamente deboli sarebbero entrate in età lavorativa.

Quel momento è ora arrivato. Lo scenario però nel frattempo è ulteriormente peggiorato per due motivi. Il primo è che le dinamiche più recenti della fecondità anziché evidenziare una risalita verso e sopra 1,5 figli per donna, hanno visto una nuova diminuzione (da 1,44 del 2010 a 1,18 del 2024). Il secondo è l’entrata in età riproduttiva delle generazioni figlie della denatalità passata, se così si può dire. La crisi demografica è, infatti, soprattutto crollo dei genitori, sia perché si riduce il numero delle persone in età da esserlo sia perché si riduce la quota di chi lo diventa. Ne derivano ancor meno nascite e genitori futuri.

Figura 1 - Numero medio di figli per donna, 2024

Fonte: Istat

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