
Il 5 gennaio 2023 è entrata in vigore la Direttiva europea “Corporate Sustainability Reporting Directive” (CSRD). Da tanti considerata come un punto zero nella misurazione e della certificazione di sostenibilità, la CRSD obbliga le aziende a una rendicontazione dettagliata ed estesa del proprio impatto ambientale e sociale.
La portata innovativa della norma sta soprattutto in due elementi: la formalizzazione di un impegno che, fino a oggi, poteva anche esaurirsi in uno sterile esercizio di stile, ma soprattutto la chiamata a un’ampia partecipazione e a una maggiore responsabilità da parte di un numero crescente di imprese.
Nella CSRD si parla inoltre di “impatti diretti e indiretti” dell’attività, cioè non solo quelli direttamente generati dall’azienda interessata, ma anche da eventuali fornitori partner che potrebbero per dimensioni essere formalmente esclusi dall’obbligo di rendicontazione. Il coinvolgimento di grandi aziende si tira dietro una larga parte della filiera. In altre parola, la Direttiva europea CSRD stabilisce più che mai una stretta correlazione tra il raggiungimento degli obiettivi ESG (Environmental Social Governance) e un’ampia collaborazione di filiera.
Figura 1 - Le imprese coinvolte dalla CSRD


La rivoluzione sostenibile della CSRD
Rispetto a tutto quanto si è fatto finora – bilanci di sostenibilità, rating, certificazioni e così via – la nuova direttiva Europea rappresenta un “salto quantico”. «Fin qui sono stati usati sistemi di analisi e misurazione della sostenibilità realizzati su base volontaria, non sempre certificati, di solito centrati su quanto è stato fatto piuttosto che su quello che si intende fare», ha spiegato Daniele Testi, presidente dell’associazione SOS LOGistica e di Piano 23, in occasione di un recente webinar sul tema, organizzato da Osservatorio TCR.
Tra gli elementi che caratterizzando la direttiva CSRD ci sono invece:
- L’obbligo di revisione e certificazione da terza parte indipendente.
- Standard ESRS (European Sustainability Reporting Standard) uguali per tutti.
- L’analisi di doppia materialità (impatti dell’azienda verso l’esterno e viceversa).
- Gli obblighi minimi di rendicontazione.
- L’indicazione di obiettivi di sostenibilità e azioni previste.
- L’obbligo di coinvolgere gli stakeholder.
La direttiva prevede inoltre un graduale coinvolgimento di un numero crescente di imprese. Tempi e modi di questo allargamento sono però ancora da definire. La Commissione europea ha infatti di recente presentato una proposta (pacchetto “Omnibus”) di “alleggerimento” degli impegni rispetto alle prime indicazioni fornite nella Direttiva. In ogni caso, è quasi certo che in comparti coma la logistica e il trasporto molte imprese, se non tutte, saranno chiamate a fornire informazioni puntuali sulle proprie emissioni di gas serra e di inquinanti come SOX, polveri sottili e così via.
Quante emissioni producono trasporti e logistica
Conoscere quanta CO₂ viene prodotta nella propria catena fornitura diventa dunque imprescindibile per tanti. La norma ISO 14083 definisce questo calcolo come la somma delle emissioni prodotte lungo l’intera catena, che a sua volta è costituita da molteplici elementi detti TCE (Transport Chain Element), come i diversi hub (magazzini, Ce.Di., transit point), ma anche i possibili rientri a vuoto. «Calcolare le emissioni può sembrare semplice, ma passare da tonnellate a tonnellate/km si rivela complesso per molti – ha indicato Testi – Ci sono aziende che magari conoscono i propri consumi, ma non hanno quelli dei vettori. E raramente i dati sono disponibili con un click».
Figura 2 - ISO 14083. Calcolo delle emissioni di gas serra

Ridurre la complessità per gestire grandi volumi di dati
La sfida non sta tanto però nella raccolta dei dati di cui, anzi, le aziende sono sempre più spesso sommerse. «Alle aziende non interessa scambiare dati, ma avere informazioni utili al momento giusto», ha affermato nel suo intervento Giuseppe Luscia, ECR project manager GS1 Italy.
L’aumento della platea di imprese direttamente o indirettamente coinvolte dall’obbligo di rendicontazione CSRD evidenzia l’esigenza di gestire con efficienza grandi volumi di dati. «Sempre più saranno necessari strumenti che permettano anche alle aziende più piccole di raccogliere e comunicare le proprie informazioni – ha indicato Luscia – Che questo accada è anche nell’interesse delle grandi che devono dare rincontro rispetto agli Scope 3. In filiere come l’alimentare, questi ultimi pesano tantissimo».
Occorreranno poi anche un linguaggio comune standard, processi omogenei, confrontabili e, laddove possibile, automatizzati. «Lo scopo ultimo non è la rendicontazione fine a se stessa – ha concluso Luscia – ma anche e soprattutto portare le informazioni all’interno delle aziende perché siano utilizzate nei processi di miglioramento».
Gli strumenti GS1 Italy
GS1 Italy mette già oggi a disposizione delle aziende una serie di strumenti utili a migliorare le prestazioni di sostenibilità. Ad esempio:
- Ecologistico₂, il tool online che permette di simulare azioni per una gestione più sostenibile del network.
- Ecogentra, la piattaforma digitale, sviluppata da GS1 Italy Servizi e GreenRouter, per il calcolo della CO₂e e lo scambio di informazioni ambientali, basata su set di dati standard e certificata in linea con i principali protocolli internazionali.
Entrambi questi strumenti aiutano a risolvere in parte la complessità data dal dover gestire una molteplicità di relazioni da cui ottenere informazioni utili per il business.