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Il negozio si digitalizza, il digitale si umanizza

Gli highlights del retail internazionale presentati al Ki Best di Kiki Lab.

Quali sono i temi in agenda dei manager del retail internazionale? La più recente occasione per scoprirlo è stato Shop Talk Europe, che a ottobre ha riunito a Copenaghen oltre 2.300 partecipanti di 1.300 aziende di 50 paesi. A fornire alcuni highlights del convegno è Fabrizio Valente, ceo e fondatore di Kiki Lab nel corso dell’annuale appuntamento con Ki Best, il retail tour virtuale dedicato alle tendenze emergenti e ai casi innovativi e di successo, frutto delle visite a oltre 300 punti vendita nel mondo.

Ovviamente, il tema centrale è quello della rivoluzione digitale che, come racconta Valente, polarizza le posizioni tra i digifans e i digidoubt. Per i primi non ci sono dubbi: il 40% delle aziende Fortune 500 morirà in dieci anni e nel 2020 gli algoritmi influenzeranno un miliardo di lavoratori, tanto che l’85% di tutte le interazioni non sarà tramite umani, ma tra l’uomo e la macchina. Anche nelle organizzazioni sono in atto cambiamenti nelle funzioni: da Stitch fix, un servizio di personal stylist online, è comparso il Chief algoritme officer.

«L’intelligenza artificiale conoscerà l’individuo più di quanto lui conosca se stesso».

Sempre nel 2020 (cioè domani) il 50% dei messaggi digitali sarà vocale e il 30% delle aziende utilizzerà l’intelligenza artificiale almeno in uno dei suoi processi di vendita. In futuro, si dice, l’intelligenza artificiale conoscerà l’individuo più di quanto lui conosca se stesso e sarà in grado di compiere meglio qualsiasi scelta.

Intelligenza artificiale e robot

«Vi è un senso di urgenza pervasiva nell’affrontare l’innovazione – afferma Valente – ed è fondamentale da parte delle aziende un’accelerazione in questa direzione. Con lo sviluppo del riconoscimento vocale e con le learning machine si può vendere e comprare anche senza sapere usare un pc, un tablet, uno smartphone, come dimostra la partnership tra eBay e Google Home per Shopbot, l’assistente vocale che facilita lo shopping. Google, non a caso, ha cambiato la propria visione da “mobile first company” a “n.1 Ai company”.

E Ocado, primo operatore dell’e-commerce nel Regno Unito, fa leggere i messaggi ai robot (chatbot) che danno risposte immediate, fino  quattro volte più veloci, alle domande urgenti provenienti dai clienti».

In Italia si procede in ordine sparso, ma ad annunciare il prossimo utilizzo dell’intelligenza artificiale (con Watson di Ibm) è Pierluigi Bernasconi, ceo di Mondadori Retail che doterà inizialmente tre negozi di assistenti digitali che appoggiandosi su un predictive cognitive database saranno in grado di suggerire ai clienti dei regali da fare, di guidarli nel negozio e di indicare dei titoli adeguati al profilo del richiedente.

Il negozio coinvolge ed emoziona

Poi vi sono i dubbiosi, quelli per i quali il futuro del retail coincide con l’interazione umana, quelli che “non è vero che sarà tutto web al 100% e la supply chain dell’online costa il triplo di quella dei punti vendita”. Fatto sta che ci sono grandi gruppi che scommettono ancora sul retail fisico. Harrods afferma che la tecnologia non può sostituire i suoi bravissimi buyer, ai quali chiede nelle trattative di disconnettersi da tutto. L’americano Hudson Bay Group, poi, è entrato in Europa nel 2015 con l’acquisizione di Galeria Kaufhof da Metro: oggi un terzo del fatturato arriva dal vecchio continente.  «Le implicazioni per chi si occupa di retail design – commenta Valente – non sono di poco conto: lo show room si deve trasformare in uno spazio per coinvolgere ed emozionare i clienti (do room) e le strutture di vendita devono essere progettate non per durare, ma per cambiare, con la massima flessibilità».

«I robot cominciano a entrare nei punti vendita. Bisogna essere aperti a guardare il mondo qual è e non quale vorremmo che fosse».

In queste sfide anche la robotica può aiutare nel self-service, facilitando la navigazione nel negozio e sfruttando in modo ludico le fasi di disservizio (attesa, ricerca prodotti). «I robot cominciano a entrare nei punti vendita – aggiunge Valente – e a interagire con i clienti, perché se l’imperativo è quello di offrire servizio senza un eccessivo impatto sui costi, bisogna essere aperti a guardare il mondo qual è e non quale vorremmo che fosse. La robotica è un esempio. A patto, però, che non si utilizzino i robot per il marketing e poi scompaiono, che si consideri che l’effetto wow con il tempo cala se non ci sono evoluzioni interessanti, che vi sia un ritorno di esperienza reale».

È indirizzato su questa strada il “dinosauro” Media Markt, che sta testando in Spagna, Belgio e Olanda una serie di soluzioni digitali, come l’app con navigatore nel punto vendita, il robot che accoglie e accompagna in reparto i clienti, spiega i prodotti, addirittura sta in strada nei dintorni del negozio. Ed è in lancio lo shopping con la realtà virtuale.

Dall’online al brick&mortar

Anche gli e-tailer ormai vanno verso il negozio fisico, dopo che Amazon ha fatto da apripista. Spiega Valente: «Il percorso è sempre lo stesso. Prima si parte nell’online, poi si passa attraverso l’esperienza dei pop-up store, e successivamente si apre un punto vendita permanente da cui espandersi con altri negozi. Altro filo comune è che si moltiplicano i contatti, il numero di clienti e le vendite».

Ace & Tate è un e-tailer di occhiali che ha cominciato nel 2013, oggi ha 17 punti vendita in Olanda, Germania, Belgio, Danimarca e Svezia. La cosa stupefacente è che l’80% dei clienti sono nuovi e utilizzano i due canali.

Birchbox è nato nel 2010 con l’idea di vendere in abbonamento (10 dollari al mese) delle confezioni di prodotti di bellezza in formato mini a sorpresa per farli provare alle acquirenti per spingerle ad acquistare la confezione standard. Il concept ha fatto aumentare i consumi complessivi: dopo un anno le clienti di Brichbox avevano speso il 70% in più del gruppo di controllo. Forte è l’accento sull’integrazione online-offline per non creare conflitti: se ci si abbona al servizio dal negozio, si hanno dei benefici in più. Oggi ha un fatturato di 86 milioni di dollari in 6 paesi e due punti vendita a New York e a Parigi.

Il digitale si umanizza

PicNic in Olanda è un esempio di servizio per il food online lanciato nel 2015 e funziona solo da mobile. Attraverso la app si viene informati in quanti minuti avverrà la consegna, che è effettuata con un furgone elettrico. Particolare è la relazione che si instaura con i clienti: se cinque persone in una zona chiedono un prodotto, questo viene referenziato; le consegne sono gestite da personale interno che diventa come il vecchio lattaio, un conoscente. «È un cambio di paradigma: dall’ossessione per l’efficienza alla fidelizzazione con le relazioni, in un processo di semplificazione della vita quotidiana», spiega Valente. I risultati: durante il test ad Ameersfoot, un paese di 200 mila abitanti, i download arrivavano da tutta l’Olanda. E oggi PicNic è presente in 30 città, in ciascuna delle quali ha il 5% dell’e-commerce di food (in Olanda la media è dell’1%) e le vendite crescono del 5-10% alla settimana.

«Per affrontare tutte le trasformazioni in atto occorre avere una visione bifocale, con occhi saldi verso dove si sta andando, rispettando il dna delle singole imprese».

L’e-commerce ci ha abituati allo scaffale infinito, ma da Outfittery la pensano diversamente e propongono una scatola con abbigliamento personalizzato per uomo. Per evitare di ripartire sempre daccapo imputando le misure, lo stile, ecc., ci sono tre situazioni: buy (per chi ha le idee chiare), find (richiesta in una categoria), discover (per chi cerca un’idea). Il dialogo è costante con i clienti che possono inviare con Whatsapp foto di riviste come stimolo. Una volta ricevuto il prodotto, che contiene una nota scritta a mano dallo stilista personale, si è invitati a rilassarsi e a stappare una birra prima di aprire la scatola. Tanto che ora viene inserita una birra nella confezione.

«Per affrontare tutte le trasformazioni in atto occorre avere una visione bifocale, con occhi saldi verso dove si sta andando, rispettando il dna delle singole imprese e con il coraggio di innovare senza aver paura di sbagliare. Di fronte al negozio che si digitalizza il digitale si umanizza. È questa la strada della cross-canalità», conclude Valente.

A cura di Fabrizio Gomarasca