In Francia arriva la legge anti-spreco
l'opinione di
Un articolo della legge sulla transizione energetica, adottata dal Parlamento francese in via definitiva il 26 marzo 2015, contiene alcune disposizioni sugli sprechi alimentari e la grande distribuzione, suscitando un vivace dibattito pubblico…anche in Italia.
La nuova normativa vieta ai negozi - di oltre 400 m² - di distruggere prodotti alimentari ancora consumabili e impone di consegnarli in priorità ad associazioni caritative come le banche alimentari, i “Resto du Cœur”, il soccorso popolare, il soccorso cattolico, il soccorso islamico, e tante altre associazioni locali. I prodotti non più consumabili dovranno essere utilizzati per l’alimentazione animale e infine, per la valorizzazione energetica, ovvero compost per l’agricoltura o la metanizzazione.
La legge inoltre mantiene le attuali defiscalizzazioni delle donazioni alimentari, ma le condiziona alla conclusione di accordi con le associazioni caritative.
Essa vieta anche l’applicazione della “data limite per l’utilizzo ottimale” (DLUO) a una serie di prodotti (aceto, sale da cucina, zucchero allo stato solido, gomma da masticare, zuccheri aromatizzati e/o colorati, vini e bevande alcoliche di almeno dieci gradi, frutta e verdura fresca non preparata, prodotti di panetteria e pasticceria normalmente consumati entro 24 ore). Infine i distributori non possono più opporsi, per via contrattuale, alle donazioni di prodotti di marca commerciale effettuate dai produttori. Le pratiche di distruzione dei beni alimentari prima della loro scadenza sono pesantemente sanzionate (fino a due anni di prigione), mentre multe più leggere sono previste in assenza di proposte di accordi per donazioni alle associazioni caritative.
I limiti della legge e i suoi effetti reali
La nuova normativa ha suscitato qualche perplessità sulla stampa professionale in Francia e sembra aver sollevato qualche commento eccessivamente entusiastico su quella italiana. Ci si può domandare infatti quale sarà l’impatto reale sugli sprechi alimentari di questi due articoli che impongono unicamente regole e sanzioni alla grande distribuzione. È stato osservato che, secondo i dati del Ministero dell’Ambiente e dello Sviluppo Sostenibile, le principali fonti di spreco alimentare sono i nuclei famigliari (67%), seguiti dalla ristorazione collettiva (15%) e dalla grande distribuzione organizzata (rispettivamente 11% e 5% secondo la Commissione Europea).
Le pratiche di distruzione dei prodotti prima della data di scadenza non sembrano poi essere particolarmente diffuse nella grande distribuzione, la quale ha piuttosto interesse a smaltire i suoi invenduti prima della scadenza tramite le promozioni. Queste ultime sono, tra l’altro, aumentate notevolmente negli ultimi anni, riuscendo a comprendere anche prodotti di forma atipica (la frutta e verdura “moche”, ossia “brutta ma buona”). Ormai da alcuni anni, la grande distribuzione francese ha introdotto buone pratiche aziendali per smaltire gli invenduti. La totalità degli ipermercati Carrefour e Auchan, per esempio, e il 95% dei negozi Leclerc, hanno firmato delle convenzioni con almeno un’associazione caritativa. Per ragioni anche d’immagine, le grandi catene sviluppano e pubblicizzano iniziative innovative “anti spreco”, che coinvolgono talora anche i produttori e i consumatori.
Va osservato, infine, che una parte dei prodotti divenuti non consumabili dovranno continuare ad essere distrutti per ragioni sanitarie (rischi di listeria, Escherichia coli, ecc.)
Insomma, con un certo opportunismo, il Parlamento ha fatto proprie alcune fra le migliori pratiche dei grandi distributori per estenderne l’obbligo a tutto il settore.
Certo la legge non é del tutto inutile: farà cessare la distruzione di una parte degli invenduti ancora commestibili, praticata occasionalmente da alcuni negozi, e soprattutto favorirà il loro recupero per l’alimentazione animale e la valorizzazione energetica.
Il dubbio è che non potrà determinare grandi mutamenti in questo settore, già all’avanguardia, e quindi la riduzione degli sprechi attuali sarà minima. Senza contare che la legge potrebbe avere un effetto perverso dal punto di vista delle associazioni caritative. C’è, infatti, il rischio che, imponendo controlli e sanzioni nei rapporti con loro, la normativa inciti le aziende a ridurre ulteriormente gli invenduti (tramite le promozioni) diminuendo cosi la quota di prodotti che potrebbe essere donata.
Per una vera lotta agli sprechi
Pur dichiarando che la lotta agli sprechi implica la mobilitazione e la responsabilità di una molteplicità di soggetti (produttori, trasformatori, distributori, consumatori e associazioni), la legge ha introdotto sanzioni a carico dei soli distributori. I quali hanno adottato da qualche tempo pratiche virtuose e contribuiscono agli sprechi meno di altri. Per ottenere davvero risultati importanti, sarà però nei confronti di questi ultimi – in particolare i consumatori - che dovrà agire il legislatore, magari con misure di tipo preventivo e con incentivi, piuttosto che mediante l’introduzione di controlli e sanzioni.
Un timido inizio della nuova legge in questo senso è l’aggiunta di una frase nel “codice dell’educazione” che impone di integrare la lotta contro gli sprechi alimentari nel percorso scolastico.