consumi

02. Le nuove tendenze di consumo

Dopo due anni fortemente segnati dalla crisi economica, in questa nuova edizione si è inteso prestare una particolare attenzione alle iniziative e agli orientamenti che le famiglie italiane stanno sviluppando per raggiungere nuovi equilibri nella gestione dei loro budget di spesa. È certo che questi terranno ancora conto, in buona misura, dei molti segni negativi che hanno contraddistinto quanto è avvenuto nell’ultimo periodo, ma è altrettanto vero che superata la fase più acuta, gli italiani tendano ora a riorganizzarsi per affrontare un inedito scenario, nel quale occorre sperimentare metodi, occasioni, opportunità che in precedenza non erano state prese in considerazione o apparivano meno necessarie. L’Osservatorio di quest’anno segue dunque i percorsi di coloro che non si sono già lasciati la crisi alle spalle, che anzi in parte sulle spalle si portano ancora il suo peso, ma che non per questo sono rimasti chiusi nello scoramento, bensì si sono mossi a cercare nuovi sentieri o a riscoprirne di antichi e dimenticati. Le sfere del privato e della famiglia, del lavoro e del tempo libero, del commercio e del credito, sono argomenti qui rivisitati e aggiornati alla luce delle tendenze emergenti di quest’anno.

Il barometro del cambiamento

Nell’ultimo anno gli italiani avvertono un sensibile peggioramento dei servizi pubblici e dell’ambiente di lavoro. Migliora invece nel sentire comune l’offerta commerciale, in particolare quella web, grazie anche al sostegno delle organizzazioni di consumatori.
Consapevoli che il fondo è stato toccato, gli italiani guardano al futuro con maggiore fiducia e si attendono miglioramenti lievi sul fronte del settore pubblico e del lavoro, più marcati nella sfera della famiglia e delle amicizie.

Un punto di partenza, per avere il polso di una situazione generale del Paese, è quello di chiedere quali aspetti della vita sono ultimamente migliorati o peggiorati e quali previsioni si hanno al riguardo per il prossimo futuro.
Analizzando la percezione di cambiamento nell’ultimo anno (indice da -100 a +100) (Fig. 15), gli italiani avvertono un peggioramento sensibile nei servizi pubblici (-36), nell’ambiente di lavoro (-29) e, seppur meno marcato, anche nel tempo libero (-14).

Sostanzialmente stabile la situazione riguardante l’ambiente sociale (-6), l’offerta culturale (0) e l’impegno civile (+4). Un segno più chiaramente positivo contraddistingue le sfere relazionali della famiglia (+10) e delle amicizie (+13). Un certo miglioramento è stato recentemente avvertito anche per l’offerta commerciale (+12) e parallelamente per la presenza e le attività delle organizzazioni di consumatori (+14). L’offerta sul web è quella che ha segnato in assoluto il bilancio più positivo (+37.)

Da un punto di vista socio-demografico, sono ovviamente diversi i segmenti di popolazione risultati sensibili ai cambiamenti intervenuti nella società: gli individui nella fascia di mezza età e con lavoro dipendente hanno sofferto maggiormente il deterioramento dell’ambiente di lavoro e di riflesso sembra essere peggiorata anche la qualità del loro tempo libero. Gli anziani, invece, hanno patito maggiormente di un deterioramento dell’ambiente sociale, ma in compenso hanno avvertito meno insoddisfazioni sul piano culturale. I giovani, infine, si saziano maggiormente dell’offerta disponibile sul web, anche se lamentano una maggiore insoddisfazione riguardo ai servizi offerti dall’apparato pubblico.

Quali sono le previsioni di cambiamento per i prossimi 1-2 anni? (Fig. 16)
Nell’insieme il barometro è tutto rivolto verso un miglioramento, segno che per quanto possa essere lunga e faticosa la risalita, le famiglie italiane pensano che il punto più basso sia già stato toccato. Solo una lancetta sembra segnare aspettative pressoché nulle, quella dei servizi pubblici (+5).
Ancora timida anche la percezione di un miglioramento nell’ambiente sociale (+12) e in quello lavorativo (+15), ma è comunque un’inversione di tendenza.
Più marcatamente positive le attese riguardanti le offerte culturali e commerciali (entrambe +22), il ruolo delle organizzazioni di consumatori (+33) e in generale l’impegno civile (+23). Verso un deciso rasserenamento anche gli ambiti della famiglia (+37) e delle amicizie (+35). Infine, svincolata dal peso della materia, l’offerta sul web sbaraglia tutte le altre per aspettative di miglioramento nel prossimo futuro (+51).

Sono in generale le donne e i giovani a dimostrare maggior ottimismo verso i diversi temi che riguardano il futuro, ad eccezione dell’offerta su internet che suscita maggiori aspettative nel target maschile e dell’impegno civile che attrae maggiormente le persone fra i 30 e i 45 anni.

I riflessi sulle abitudini di consumo

Gli italiani sono intenzionati a continuare ad acquistare ma sono consapevoli che occorra farlo con sempre maggiore prudenza e informazione preventiva. In pratica, consumare sì ma senza abbandonarsi alle emozioni.
Se ci concentriamo sui beni durevoli, gli italiani non fanno distinzione tra i vari comparti quando si tratta di valutarne la necessità. In termini di desiderabilità, invece, i beni più appetibili risultano prodotti informatici e quelli del settore di TV, video e Hi-fi. A guidare la scelta d’acquisto, che si tratti di beni di largo consumo o di beni durevoli, è la qualità seguita a distanza dalla convenienza.

Se il barometro del cambiamento sembra in generale destinato a una risalita, pur se non uniforme nelle varie componenti che concorrono alla qualità della nostra vita, quali sono le conseguenze sul modo di affrontare i consumi per le famiglie italiane?
Per esplorare questo importante aspetto, si è misurato il livello di accordo con una serie di affermazioni che esprimono diversi modi di porsi di fronte agli acquisti (Fig. 17). La condivisione più elevata (misurata con un indice da 1 a 5) si registra per un gruppo di frasi che danno voce a un atteggiamento di sostanziale prudenza e lungimiranza. La maggioranza, infatti, rimarca che è importante “non fare il passo più lungo della gamba” (4.2) e che è sempre bene acquistare solo dopo aver fatto i dovuti confronti (4.1); da notare che l’accordo con entrambe queste asserzioni sale proporzionalmente con l’età.
Non bisogna tuttavia essere troppo rigidi con se stessi e pertanto i più sono anche d’accordo che uno sfizio ogni tanto sia salutare (4.1), purché si rinunci all’usa e getta, allo spreco come stile di vita e si facciano acquisti dopo avere attentamente valutato cosa realmente serve (indice 4.0, con una maggior sensibilità nel pubblico femminile).

Queste riflessioni sono generali, perché su un piano generale è stato avvertito il cambiamento: molte cose che prima erano garantite, infatti, ora non appaiono più certe (3.7) e così pure, il senso del necessario va rivisto, poiché alcuni lati del benessere erano diventati, più che altro, abitudini (3.8).

Si deve comunque continuare ad acquistare, certo, ma cercando di trovare un nuovo equilibrio e soprattutto con alla base una consapevolezza informata. Interessante, in proposito, notare come l’accordo con l’utilità di consultare preventivamente siti e blog (3.9), sia superiore all’idea di recarsi direttamente sul punto vendita per orientarsi nell’acquisto (3.3). Quest’ultima modalità resta per ora decisamente più radicata fra le consumatrici. Inoltre, per gli acquisti importanti, resta valido per molti lo spunto di non affidarsi unicamente al prezzo (3.8). Semmai, è preferibile acquistare di meno, ma quando lo si fa, concedersi il meglio (3.5).

Il clima pare dunque contrassegnato da un sincero sforzo di volgere al positivo, senza però ignorare i problemi (3.8). Non sono tutti d’accordo, infatti, che “crisi o non crisi, la vita è una sola ed è meglio godersela senza rinunce” (3.3). E si potrebbe aggiungere che nonostante il discreto successo in Italia dei libri di Sophie Kinsella (I love shopping), sembrano ancora pochi, in definitiva, coloro che ritengono il fare acquisti un valido rimedio contro la depressione (3.0). Insomma, uno sfizio, una coccola ogni tanto, ma un impulso frenato dalle briglie della ragione. Tuttavia, se in questa fase il consumatore pare piuttosto improntare i suoi comportamenti in base a elementi razionali, badando a non farsi contaminare troppo dalle emozioni, questo non significa che il desiderio non esista e che non si faccia sentire.
Lo dimostra l’analisi che, con una scala da 0 a 100, mette a confronto un indicatore di desiderabilità per alcune categorie di beni durevoli, comparandola con un’autovalutazione della necessità di un nuovo acquisto

Dal punto di vista della necessità, tutti i prodotti considerati restano contenuti in una zona intermedia, con un indice da 60 a 50: in testa l’informatica domestica, dove l’esigenza di rinnovo è dettata anche dal cambiamento dei sistemi operativi, dei software applicativi e dal moltiplicarsi delle periferiche, e in coda i piccoli elettrodomestici, che per loro natura, possono contribuire a migliorare la qualità della vita, ma certo sono lungi dal poter essere considerati indispensabili.
Ben più aperto il ventaglio della desiderabilità. Anche in questa classifica è in testa l’informatica domestica (75), seguita dagli elettrodomestici bruni (73). Poco al di sotto si trovano la telefonia mobile, l’auto/moto (entrambe a 70) e più staccati i mobili e i piccoli elettrodomestici (63). Chiudono la classifica dell’appetibilità il corredo per la casa, come stoviglie, biancheria, complementi di arredo (62) e gli elettrodomestici bianchi (60).
Ma al di là di queste specificità settoriali, è possibile identificare dei fattori guida nelle scelte d’acquisto degli italiani?

Naturalmente, i toni sono diversi a seconda che si tratti di beni di largo consumo o di beni durevoli (Fig. 19), ma in entrambi i casi, nonostante i postumi della crisi, la qualità risulta essere di gran lunga l’aspetto più importante (56% nella spesa quotidiana e 71% per prodotti destinati a utilizzi prolungati). Si nota che la sensibilità verso la qualità è sempre maggiore nel target femminile. Curiosamente, il Sud ritiene più importante questo fattore nella spesa di tutti i giorni, ma meno delle altre zone d’Italia quando si parla di beni durevoli.
Tutto ciò non significa, comunque,che il prezzo non sia considerato, bensì che in pochi casi venga eletto al rango di fattore guida: ciò avviene nel 22% per gli acquisti da supermercato (soprattutto prodotti commodity) e si riduce ulteriormente al 10% per i beni durevoli. La sensibilità al prezzo è sempre massima fra i più giovani e tende a diminuire nelle fasce più mature, dove solitamente la base reddituale è più solida.

Per i beni durevoli, a pari importanza con la convenienza, emerge il poter disporre, prima dell’acquisto, di informazioni sui prodotti (10%), fattore che si conferma al terzo posto anche nel largo consumo (8%). In entrambi i casi sembrano più gli uomini a coltivare maggiormente questa esigenza di raccogliere informazioni prima di recarsi sul luogo dell’acquisto.
L’estemporaneità, il gusto del momento, il puro e semplice “mi piace”, conta per il 7% nella spesa quotidiana e solo per il 2% se si tratta di scegliere veicoli, mobili o elettrodomestici.
Chiudono questa classifica l’affidabilità dell’insegna e le iniziative a punti o con fidelity card, che nel largo consumo pesano rispettivamente il 4% e il 3%. Nel settore dei beni durevoli la prima è un po’ più importante (5%), mentre la seconda è più marginale (2%).

Nuovi approcci al consumo

Le difficoltà economiche dell’ultimo periodo favoriscono l’emergere di nuove forme e iniziative di consumo.
Tra queste, raccoglie maggiori consensi la “banca del tempo”, seguita dal car-pooling e dai GAS, i gruppi di acquisto solidale.

Già nella scorsa edizione de l’Osservatorio si è avuto modo di affrontare come le difficoltà economiche dell’ultimo periodo abbiano portato molti italiani a ricercare nella famiglia il luogo da difendere ed entro il quale organizzare la propria difesa. In questa edizione ci si è spinti a esplorare quali iniziative (alcune nuove, altre semplicemente ripescate da epoche di minor benessere diffuso), hanno trovato terreno più fertile e costituiscono oggi un modo diverso delle famiglie di porsi nel confronto dei consumi, per mantenere il difficile equilibrio fra esigenze dei singoli componenti e budget.
Anche in questo caso, per misurare i fenomeni, è stato utilizzato un indicatore statistico da 1 a 5, che esprime il livello di interesse verso le diverse iniziative vagliate.

Fra quelle che dimostrano un maggior potenziale, troviamo lo scambio di competenze e servizi, cioè quel progetto noto anche, nelle sue forme più organizzate, come “banca del tempo” (3.9). Si tratta di una sorta di moltiplicatore del “fai da te”, nel senso che ciascuno può prestare gratuitamente il proprio sapere e ricevere in cambio l’altrui, in un interscambio dinamico di attività, fatto di lavori di manutenzione, di cucina, di sartoria, di ripetizioni a studenti, sorveglianza a bambini, ecc.. In questo modo, di fatto, alcune voci di spesa si traducono da reale esborso di denaro in una sorta di baratto de servizi. A farne più ricorso sono i giovani e in particolare le donne.

Un secondo tipo di soluzione che dimostra un certo potenziale (anch’essa con un indice di 3.8) è quella del car-pooling, ovvero della condivisione d’uso di un veicolo privato, generalmente un’auto, per effettuare insieme lo stesso spostamento sul territorio, suddividendone le spese e tenendosi compagnia.
Si tratta di un sistema nato sia con una finalità ecologica che economica e che ha avuto una più ampia possibilità di diffusione con l’avvento dei social network. Se prima erano solitamente colleghi di lavoro a organizzarsi spontaneamente per il tragitto casa-ufficio-casa, ora possono essere più persone che entrano in contatto sul web e scoprono di avere orari e obiettivi comuni di spostamento sul territorio. Più limitata, invece, l’appetibilità del vero e proprio car-sharing (3.2), cioè la possibilità di affittare un’auto per un tempo anche limitato (ore), rinunciando completamente all’acquisto e alla proprietà.

La proposta appare più interessante per coloro che fanno un uso saltuario della macchina e che quindi non hanno interesse a sobbarcarsene i costi fissi. Tuttavia, un serio limite è costituito dalla ancora scarsa capillarità dei punti dove è possibile ritirare e riconsegnare le vetture. Al momento, l’interesse è maggiore fra le persone meno giovani e nelle zone industrializzate del nord-ovest. Un altro fenomeno interessante è quello dei gruppi d’acquisto solidale (noti anche come GAS), cioè di libere associazioni di individui, che si costituiscono per creare un canale diretto fra chi produce e chi consuma, cercando di evitare il più possibile i vari passaggi intermedi della distribuzione (indice 3.7). Le finalità di un GAS possono essere diverse, ma quella prevalente è di avere un canale più diretto con una rosa selezionata di produttori (soprattutto nel settore agro-alimentare) per far sì che ogni euro della spesa sia destinato a garantire la qualità di ciò che si acquista e un’equa remunerazione di chi produce, limitando l’esborso per trasporti e stoccaggi. L’interesse per i GAS è maggiore nelle donne e nelle classi di età da 35 a 55 anni.

Accanto a questi gruppi con finalità eco ed equo-solidale, negli ultimi tempi sono nate anche altre forme di coalizzazione fra famiglie, questa volta più orientate a un mero risparmio sulla quantità. Si tratta, infatti, in questo caso, di consumatori che uniscono le loro risorse per chiedere ai distributori prezzi all’ingrosso.
L’interesse per questo genere di iniziative (3.6) è maggiore fra le famiglie con reddito più basso e esprime, infatti, un orientamento all’economia più che alla qualità.
La necessità di ridurre sprechi e destinare le risorse ad acquisti che si dimostrino veramente duraturi, si è inoltre incanalata in un’altra forma di cooperazione e scambio: quella dell’usato (3.4). Abbigliamento, calzature, giocattoli, ma anche biciclette, libri, computer, ecc., diventano rapidamente inadatti a soddisfare figli che crescono e che mutano irreversibilmente le loro esigenze. Così, se in passato erano i primogeniti a passare indumenti e giochi a fratelli e sorelle minori, oggi lo scambi si allarga anche al di fuori dei confini della famiglia. Sono soprattutto le donne, per ora, ad avere la maggior sensibilità per questo mercato del riutilizzo intelligente. Infine, un’ulteriore forma di utilizzo congiunto è quella del luogo di vacanze (3.4): ospitare e alternativamente essere ospitati in una casa di proprietà di famiglia o di conoscenti e amici, diventa un altro modo per evitare esborsi e scambiarsi i vantaggi di possedere un bene, non sempre utilizzato appieno.

Anche per questo, il web è stato determinante, nel creare siti di scambisti, che mettono a disposizione i propri appartamenti in Italia o all’estero. Così, la multiproprietà, che non ha mai avuto un grosso successo nel nostro Paese, sembra ora ritornare a interessare una parte degli italiani, come ennesima moderna forma autogestita del baratto.

Attese verso il mondo della distribuzione commerciale

Chiamati a valutare l’offerta commerciale nelle diverse categorie dei beni durevoli, i consumatori esprimono i consensi maggiori per i punti vendita di telefonia e in seconda battuta per quelli di elettrodomestici ed elettronica di consumo ai quali è riconosciuta un’evoluzione positiva negli ultimi tempi. Sostanzialmente invariati, invece, secondo la maggior parte degli italiani, i rivenditori di mobili e veicoli. Personale competente e una politica di prezzi onesta e coerente sono gli aspetti che conferiscono maggiore credibilità alla distribuzione commerciale.
Oltre 7 italiani su 10 preferiscono il punto vendita specializzato e orientato alla qualità piuttosto che alla convenienza.

Già dai primi dati fin qui illustrati risulta che le aspettative generali del consumatore nei confronti della distribuzione commerciale siano in lieve ripresa e si preveda un ulteriore rafforzamento per il prossimo futuro. Ma su quali elementi concreti si basa questa valutazione e quali settori di beni durevoli ne sono maggiormente coinvolti?
Per rispondere a questo quesito, si può partire dall’osservare come vengono valutate, nel loro insieme, le trasformazioni che hanno interessato l’offerta commerciale delle principali merceologie.

I pareri più contrastati riguardano i punti vendita di abbigliamento, giudicati migliorati per un 32% delle famiglie, ma rimasti uguali per un 43% e addirittura peggiorati per un 25%. Sono soprattutto le donne e in particolare le meno giovani, a essere critiche verso l’evoluzione di questo settore.

Il settore dei mobili e dell’arredamento sembra contraddistinta da una certa inamovibilità: ben il 52% non avverte sostanziali trasformazioni, mentre che invece nota cambiamenti (e sono ancora una volta decisamente più le donne degli uomini), vi assegna in maggioranza un segno positivo (33%), piuttosto che negativo (15%). I cambiamenti in positivo sono stati in generale più apprezzati nelle zone del Mezzogiorno. Non molto dissimile la situazione per i rivenditori di veicoli: quadro immutato per il 49% degli italiani, ma migliorato per il 38% e peggiorato solo per un 13%. Anche in questo ambito, sono le clienti donne a esprimersi in modo più critico, mentre la componente maschile riserva maggiori apprezzamenti.
In generale più positive le valutazioni sulla dinamica dei punti vendita di elettrodomestici ed elettronica di consumo: li trova migliorati il 59% dei consumatori, peggiorati il 9% e stabili il restante 32%. Sono le persone con livello di scolarità più basso ad avvertire i maggiori miglioramenti in questo settore, evidentemente reso loro accessibile nonostante la sempre più elevata componente di tecnologia nei prodotti.

Ancora più accentuata l’evoluzione percepita nel settore della telefonia, con un miglioramento avvertito dal 62% della popolazione, un peggioramento dal 7% e nessun particolare cambiamento dal 31%. Il giudizio è più lusinghiero fra i giovani delle grandi città.
Oltre a questo giudizio globale, i vari “modi d’essere” dei punti vendita, attraverso le iniziative adottate (Fig. 22), sono stati valutati dai consumatori con un punteggio da 1 a 5. Per una più agevole lettura di questi dati, si tenga conto che quando tale punteggio supera il livello 4, si esprime un forte gradimento del pubblico, da 4 a 3 l’accoglienza è sempre più tiepida e al di sotto di 3 si esprime una sostanziale contrarietà.

La competenza e la preparazione (anche) tecnica del personale sono una richiesta espressa a piena voce dal frequentatore di negozi che trattano beni durevoli (4.4) e non va letta in contraddizione con la possibilità di lasciar scegliere autonomamente il consumatore intervenendo solo su richiesta (3.8). In altre parole, meglio garantire una presenza discreta del personale di vendita, ma all’occorrenza, questo, deve essere in grado di rispondere esaurientemente anche alle domande del pubblico più esigente e preparato.
Una politica di prezzi onesta e coerente sembra oggi il miglior testimone di credibilità dell’insegna (4.4), ma resta alta la sensibilità verso la convenienza, attuata con sconti e ribassi (3.9). L’importante è che il prezzo non diventi l’unico fattore guida e che la chimera dell’“offerta imbattibile” non significhi rinunciare alle altre variabili del mix (2.7).

Per la comunicazione sono ancora validi i volantini e i depliant (3.5), in grado di raggiungere un target ampio e trasversale, ma è sempre più vincente disporre di un sito internet esauriente e aggiornato (4.0), soprattutto se ci si rivolge a un pubblico giovane, maschile e scolarizzato. Meno conclamato, dato il ciclo di riacquisto piuttosto lungo, appare il vantaggio che gli esercizi di beni durevoli possono avere attraverso le fidelity card (3.3). L’interesse verso questo strumento risulta comunque maggiore nel Nord-Ovest.

Per quanto riguarda il credito, di cui si parlerà più diffusamente nel terzo capitolo, esso resta per una larga parte dei consumatori un valido strumento, ma non certo il fine dell’acquisto. Pertanto, si può anticipare che anche verso l’offerta di finanziamenti a “tasso zero” o comunque con interessi molto ridotti, non si rilevano più, come in passato, indici di appetibilità particolarmente elevati (3.5). Parimenti, si nota anche come l’attesa si stia spostando dal marchio della finanziaria (3.4), verso una capacità di informare e responsabilizzare il cliente direttamente sul punto vendita (4.3). Se, infatti, una certa selezione dei brand finanziari presenti presso i punti vendita è già di fatto avvenuta, resta ancora in parte da percorrere la strada verso una più attiva e concreta opera di supporto ai clienti, nella scelta di formule che si dimostrino calibrate non solo sul presente di ogni famiglia, ma anche sui suoi progetti di uno sviluppo realizzabile e sostenibile.

Passando alla profilazione di un punto vendita ideale (Fig.23), questa è stata esaminata proponendo coppie di aggettivi con significato antagonista e osservando al riguardo l’orientamento più pronunciato.

La tendenza che emerge più chiaramente è quella verso punti vendita sempre più specializzati (77%) e sempre meno generalisti (16%). Quest’ultima modalità resta residualmente più apprezzata nel Sud.

Oltre a ciò, il fattore guida nei beni durevoli, si conferma essere primariamente la qualità (70%) e solo secondariamente il prezzo (9%), anche se soprattutto per i più giovani, resta un nervo scoperto.
Pur considerando che internet aumenta ogni giorno di importanza, al momento nella distribuzione commerciale resta fondamentale la tangibilità/funzionalità del luogo fisico dove un prodotto può essere esaminato e vagliato (67%), più che una capacità di relazionarsi in modo multi-mediale con i clienti (20%). Della prima modalità ne fanno richiesta soprattutto le donne e le persone più mature, la seconda interessa maggiormente un pubblico giovane, maschile, di reddito e cultura medio-alti.
Parallelamente alla tendenza sopra esaminata, soprattutto nelle zone del Meridione e sempre da un target maturo, viene preferito il negozio con la presenza di personale cui rivolgersi (61%), rispetto alla logica del punto vendita “fai da te” (25%), comunque più vicino allo stile di un pubblico giovanile e insediato nelle grandi aree industrializzate del Nord-Ovest.
Molto bilanciato appare l’antagonismo fra stabilità dei prezzi (52%) e periodi di offerta promozionale (41%), quasi che il consumatore desiderasse una cosa, senza voler rinunciare all’altra.
Meno chiare le scelte sugli opposti fra un’offerta “localistica”, cioè orientata a esigenze, gusti e tradizioni della cultura ospitante (51%) o “globalizzata”, cioè più in linea con successi e trend registrati a livello mondiale (37%). Ancora una volta la dicotomia sposa due profili diversi di consumatori: i “localisti” sono più anziani, più donne e più diffusi nel Mezzogiorno; i “global” sono tendenzialmente più giovani, maschi, culturalizzati e residenti nel Nord.

Infine, l’opposizione fra punti vendita grandi e piccoli vede una debole preferenza verso i primi (43 contro 37), anche se sottende in realtà due target contrapposti: più giovani e più uomini a favore delle grandi superfici e più donne e più anziani a favore del negozio tradizionale di dimensioni contenute.

Si tratta di dati e analisi che Findomestic effettua e raccoglie ogni anno sui consumi di beni durevoli, forte del suo posizionamento nel settore del credito al consumo che la colloca tra i primi player in Italia nel fornire credito alle famiglie, tramite prestiti personali, con finanziamenti erogati nel 2009 per 4.092 milioni di euro e un utile lordo di 62 milioni di euro.
Findomestic fa parte del gruppo BNP Paribas, che è il primo gruppo per depositi nella zona euro con oltre 14 milioni di clienti e oltre 4000 sportelli in Europa.

Per ulteriori informazioni:
AD HOC Communication Advisors: Daniele Biolcati 02 7606741 marina.beccantini@ahca.it
Findomestic: Stefano Martini 335 8123542 s.martini@findomestic.com
Oppure consulta il sito Osservatorio Findomestic