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C'è bisogno di un "new deal" tra marca e consumatori

L’agenzia Young & Rubicam ha presentato la settima edizione di Bav (acronimo di ”Brand Asset Valuator”), per dimostrare come anche la crisi potrebbe diventare il trampolino per rilanciare la fedeltà alla marca. Ma cos’è il Brand Asset Valuator lo ha spiegato Marco Lombardi, presidente di Young & Rubicam: si tratta di un’indagine focalizzata sul consumatore che l’agenzia sviluppa fin dal 1993 - data di un’altra crisi che aveva interessato il mercato globale - in più di cinquanta paesi, compresa l’Italia.
A livello nazionale la ricerca ha riguardato 2.620 adulti che hanno fornito la loro valutazione su 1.429 marche attraverso interviste effettuate in marzo.

«Il Bav ci permette di leggere la crisi come il possibile trampolino della fedeltà alla marca» ha precisato Marco Lombardi. «Fisiologicamente, la brand loyalty è andata calando nel tempo, ma gli anni di crisi hanno rappresentato la patologia di tale andamento, con brusche cadute cui hanno fatto seguito, usciti dalla difficoltà, momenti di ripresa».

Il primo grande insegnamento da trarre si rifà a una massima spesso dimenticata, ovvero che il passato insegna. Ma non è sempre così e molto spesso si preferisce tamponare anziché cambiare. Va inoltre tenuto presente che se le altre due grandi crisi che hanno interessato non solo l’Italia ma buona parte del mondo – quelle del 1993 e del 2001 – sono state considerate dagli esperti ‘“monotematiche” - rispettivamente da punto di vista economico e finanziario - quella che stiamo vivendo attualmente è più complessa, perché muove da entrambe le cause. E questo significa che altrettanto complesse dovranno essere le risposte. «La crisi del 1993 è stata soprattutto economica, accompagnata da un deciso calo dei consumi. In quel frangente le marche vincenti si sono rivelate quelle che hanno offerto soluzioni concrete al problema del ridotto potere di acquisto». E tra queste viene ricordata Barilla, che divenne ”famosa” per la rinuncia alle promozioni in favore di un nuovo concetto: “everyday low price”. Altri brand allora vincenti furono Danone e Ikea.
Nella successiva crisi del 2001 furono, invece, Consorzio del prosciutto di Parma, Dove e Coop a vincere tra i consumatori grazie alla credibilità del marchio, attraverso il quale riuscirono a riconquistare fiducia e fedeltà del consumatore finale.

«Oggi la crisi è doppia, finanziaria ed economica, e altrettanto duplice è l’impegno che la marca deve assumere. Accanto al “good value for money” bisogna coltivare equity e carattere. In altre parole, ciò di cui abbiamo bisogno è un ”new deal” tra marca e consumatori, guidato da tre regole base: l’essere autentici; il privilegiare i consumatori fedeli facendoli diventare il core target; l’abbinare l’ampliamento dell’esperienza di marca con l’innovazione».
Non solo pragmatismo dunque, ma anche valori: ecco cosa chiedono oggi i consumatori alla marca. Ed è ciò che ha fatto Barilla con l’ultima campagna (la famiglia del fondatore assomiglia alle famiglie dei tanti consumatori) o Telecom Italia, che in passato aveva scelto la figura di Gandhi e oggi fa da catalizzatore ai dialoghi della gente su grandi temi sul sito www.avoicomunicare.it.
Da qui anche la crescente importanza della responsabilità sociale nei nuovi rapporti con il consumatore, tema che tuttavia non sempre appare nell’agenda degli impegni aziendali e che molti imprenditori e manager sembrano dimenticarsene, ”ostaggi” più delle vendite o delle quotazioni in Borsa che del volere del loro interlocutore finale, il consumatore.

A cura di Barbara Tomasi