Le proposte della commissione Attali per il rilancio dell’occupazione, della crescita e del potere d’acquisto in Francia
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La commissione Attali ha presentato nell’ottobre 2007 le sue conclusioni provvisorie sulla distribuzione commerciale e sull’accesso all’alloggio e la mobilità residenziale. Il documento comprende una nutrita serie di proposte che dovrebbero permettere il rilancio dell’occupazione, della crescita e del potere d’acquisto. L’approccio liberale della commissione non ha mancato di suscitare polemiche, ma il governo francese ha già annunciato misure in linea con le proposte contenute nel rapporto.
La commissione Attali (dal nome del suo presidente Jacques Attali, noto politico e intellettuale, ex collaboratore dell’ex presidente della repubblica socialista François Mitterrand, di cui era stato consigliere) é stata costituita in Francia a fine agosto 2007 da un decreto presidenziale con l’obiettivo di avanzare delle proposte per “l’eliminazione degli ostacoli alla crescita economica”, per migliorare il funzionamento del mercato e aumentare il potere d’acquisto e l’occupazione.
Fra i suoi quarantatre membri si contano soprattutto alti dirigenti di imprese industriali e bancarie e alti funzionari pubblici, ma anche qualche economista e giornalista. Ne fanno parte anche due italiani: Franco Bassanini e Mario Monti. Dopo un mese e mezzo di lavori la commissione ha presentato un rapporto provvisorio sulle riforme per il settore del commercio nonché per il miglioramento dell’accesso all’alloggio e della mobilità residenziale.
Fra le proposte riguardanti il commercio figurano l’abolizione delle leggi Galland (sul divieto di sottocosto) e Raffarin (sull’urbanistica commerciale), une serie di misure in difesa delle piccole e medie imprese industriali e il rafforzamento del controllo delle posizioni dominanti della grande distribuzione a livello locale. La commissione riconosce che la legge Galland del 1996 ha favorito l’aumento dei prezzi dei prodotti di consumo. La definizione della soglia di sottocosto, fissata al livello del prezzo in fattura, e la non negoziabilità dei prezzi di listino, hanno determinato la diminuzione della concorrenza sui prezzi. Le negoziazioni fra produttori e distributori si sono spostate sui marges arrière, fatturati separatamente, che sono aumentati ma, non potendo in base alla legge essere dedotti dai prezzi in fattura, hanno causato l’aumento dei prezzi.
L’abolizione del divieto di sottocosto dovrebbe permettere la riduzione dei prezzi grazie ad una maggiore concorrenza fra i distributori. Secondo la commissione , questi dovrebbero rendere trasparente la fissazione del prezzo sottocosto e il consumatore potrebbe così approfittare di saldi tutto l’anno. Ma per ottenere tutti gli effetti benefici della riforma, la commissione propone anche di consentire la completa libertà delle negoziazioni commerciali eliminando il divieto di discriminazione delle condizioni generali di vendita. I distributori potrebbero così ottenere prezzi di cessione più bassi dai produttori senza ricorrere ai marges arrière e il loro potere di mercato sarebbe al servizio dell’interesse dei consumatori.
Anche la legge Raffarin del 1996, che impone l’obbligo di ottenere l’autorizzazione per l’apertura dei nuovi esercizi commerciali, avrebbe contribuito alla crescita dei prezzi al consumo non solo rallentando lo sviluppo degli hard discount, ma anche facilitando la costituzione di posizioni dominanti a livello locale da parte di alcuni grandi distributori.
Il rapporto contiene poi una serie di misure in difesa dei piccoli commercianti e dei fornitori indipendenti, che potrebbero essere messi in difficoltà dalle riforme. Per quanto riguarda i primi si propone di concedere alcuni servizi pubblici di prossimità (postali, di tesoreria) a quelli in zone rurali, di favorire il raggruppamento di quelli nei centri città, di aumentare e meglio orientare gli aiuti economici diretti al commercio di prossimità e di creare un marchio di qualità per il commercio di centro città. Per i fornitori indipendenti si propongono alcuni incentivi alla formazione, il rispetto di tempi di pagamento più rapidi, la creazione di istanze arbitrali tra fornitori e distributori e una serie di incentivi al raggruppamento economico per poter meglio negoziare con i distributori.
Per evitare il rischio di una ulteriore crescita delle quote di mercato degli attori attuali della distribuzione, la commissione propone infine un maggior controllo delle operazioni di concentrazione nel settore. Il rispetto e la sorveglianza della concorrenza dovrebbero essere assicurate da una unica autorità indipendente che dovrebbe assumere le competenze dell’attuale Consiglio della concorrenza ma anche quattro nuove responsabilità. Queste comprenderebbero il controllo concorrenziale esclusivo delle operazioni di concentrazione (oggi in parte affidate al ministro dell’economia), la direzione delle inchieste (svolte oggi dalla Direction Générale de la Concurrence, de la Consommation et de la Répression des Fraudes, del ministero dell’economia), l’iniziativa di fornire pareri sugli effetti concorrenziali di misure legislative e amministrative e infine la scelta della priorità degli interventi in funzione del loro impatto sul potere d’acquisto dei consumatori e del buon funzionamento dell’economia.
La commissione propone anche di rendere possibili le azioni di gruppo da parte dei consumatori, per consentire loro un accesso più facile alla giustizia e maggiore protezione. Le azioni di gruppo dovrebbero accrescere l’efficacia della giustizia evitando la moltiplicazione dei ricorsi individuali e dissuadendo le imprese dal commettere reati. Esse potrebbero inoltre contribuire a accrescere la fiducia dei consumatori nell’economia di mercato. Per evitare però le derive del sistema statunitense, il rapporto prevede anche una serie di limitazioni e di controlli all’esercizio di tali azioni.
Le proposte della commissione hanno subito suscitato vive reazioni e molte critiche soprattutto da parte dei produttori di marca, contrari alla soppressione del divieto delle vendite sottocosto e alla negoziabilità delle condizioni generali di vendita. Essi temono un’eventuale guerra dei prezzi fra i distributori, che si ripercuoterebbe a monte, mettendo a dura prova la loro capacità di controllare i prezzi al consumo e gli stessi prezzi di cessione.
Ma anche i distributori, che sono favorevoli alla liberalizzazione delle negoziazioni, sono contrari all’abolizione del divieto di sottocosto, temendo che la maggiore intensità competitiva provochi una riduzione dei loro margini.
Successivamente al rapporto della commissione, il governo ha elaborato un nuovo progetto di legge, approvato in parlamento nel corso del mese di dicembre.
La nuova legge Chatel mantiene il divieto di sottocosto ma consente la deduzione dal prezzo netto dell’intero ammontare della cooperazione commerciale, come chiedevano i produttori e i distributori. Non modifica però il vincolo di non discriminazione delle condizioni generali di vendita né gli obblighi di formalizzazione dei marges arrières, che sono graditi ai produttori. La legge introduce anche il nuovo obbligo a produttori e distributori di predisporre ogni anno una convenzione che fissi le condizioni di vendita e quelle relative ai servizi di cooperazione commerciale, una misura che sembra anticipare la riforma della negoziazione suggerita dalla commissione Attali. Questa prospettiva é stata confermata dal governo stesso che ha affidato una missione di studio sulle modalità di negoziazione a Marie-Dominique Hagelsteen, ex presidente del Conseil de la Concurrence. In tale occasione, il ministro dell’economia ha sottolineato che l’attuale progetto di legge é la prima tappa di una riforma più ambiziosa che dovrà eliminare il principio di non discriminazione delle condizioni di vendita. Ma le lobby stanno preparando le loro contro-argomentazioni, e l’esito non é garantito.
Quanto alla commissione Attali, il suo rapporto finale é atteso nel gennaio 2008 ed é facile prevedere che le sue nuove proposte, altrettanto radicali, susciteranno un altro vivo dibattito.
*Professore a Advancia-Negocia, Direttore del “Centre de recherche sur le commerce” (CRC)