Un'Italia disorientata: tra sfiducia globale e produttività stagnante

Benvenuti nell’età del caos, quella in cui l’ordine mondiale a cui eravamo abituati da decenni sembra arrivato al tramonto, in cui la leadership dei paesi che hanno guidato il mondo pare essersi sbiadita e dove l’orizzonte, coi suoi venti di guerra, si fa sempre più cupo e inquietante. Sembra passato un secolo dal periodo del Covid, quando gli italiani tirarono fuori un’inaspettata e serena capacità di resilienza. E lontano appare anche il post-pandemia, quando il mondo ripartiva guidato dalla voglia di tornare a vivere e fiorivano le aspettative di un futuro migliore. Oggi ormai gli italiani questa fiducia non la provano più.
Preoccupati dallo scenario planetario, privi di punti di riferimento istituzionali globali e appesantiti da una situazione economica che non consente voli pindarici ma costringe a concentrarsi solo sulle spese e sugli acquisti necessari e non rinviabili, gli italiani appaiono disorientati, sfiduciati e preoccupati. Così li dipinge l’anteprima del “Rapporto Coop 2025 - Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani”, il report che da dieci anni analizza e racconta l’evoluzione del paese e rappresenta il fiore all’occhiello di italiani.coop, il portale di ricerca e analisi sulla vita quotidiana degli italiani curato dall’Ufficio studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori-Coop).
AAA ascensorista (sociale) cercasi
L’Italia si affanna, non si siede, continua a correre. Ma, nonostante questo, resta ferma lì dov’era, vittima dei suoi mali storici, come la bassa produttività. Lo dicono i dati raccolti dall’Ufficio Studi Coop Italia ed elaborati nel Rapporto Coop 2025, che indicano una previsione di calo fino al -1,4% della produttività per ora di lavoro. Un fenomeno che va in direzione opposta rispetto al resto dell’Europa. E che ha costretto ogni dipendente a lavorare in media 38 ore in più l’anno nel corso dell’ultimo quinquennio per riuscire a mantenere il livello complessivo del reddito familiare. Ma con scarsa soddisfazione. Infatti, a parità di impegno orario, lo stipendio dei dipendenti si è svalutato del 4,5% rispetto al 2019, al netto dell’inflazione. È andata ancora peggio agli autonomi, i cui redditi lordi complessivi sono calati del -9,8% dal 2019 al 2024.
Dunque, se il valore del monte redditi supera (anche se di poco) quello del pre-Covid è solo grazie alla crescita delle rendite da immobili (+7,5%) e quelli da finanza (+6,5%). Uno scenario che ha un forte impatto sociale, visto che oggi il 50% della fascia più povera di italiani detiene solo l’8% della ricchezza nazionale, che per il 58% è saldamente nelle mani del 10% della popolazione. E anche se il numero degli occupati continua a salire (840mila nuovi ingressi), tra giovani costretti al poli-working e pensionati che si rimettono nel circuito professionale (8,5%), la richiesta si concentra su lavori e settori a basso valore aggiunto, alimentando la fuga all’estero dei laureati.
Tutte queste tessere compongono un mosaico statico, dove viene a mancare la forza necessaria per far ripartire l’ascensore sociale, “guasto” da anni. A risentirne è l’intero sistema economico nazionale, che ha perso lo slancio post-Covid, quando l’Italia cresceva più degli altri paesi UE: se allora l’avanzata del Pil sfiorava il +5%, oggi è scesa sotto il +1%. Per il biennio 2025-2026 gli analisti indicano un trend del +0,5%, ma gli opinion leader intervistati da Coop si fermano prudentemente a un +0,1% per il solo 2026.
Figura 1 - Paradosso Italia: cresce l’occupazione ma non l’economia

Tutto questo ha cambiato gli umori del Bel paese, facendo aumentare la preoccupazione e sviluppare una generale sfiducia sulle aspettative economiche, nella certezza che nulla tornerà come prima. Rispetto al 2022 cresce la quota di popolazione che prova timore (dal 20% al 39%) e inquietudine (dal 24% al 37%) e sta allerta (dal 16% al 25%). Ma questa corrente negativa ne provoca anche una positiva. Crescono le istanze di pace e rispetto dei diritti civili (condivise dal 63% della popolazione), quelle relative a maggiori attenzione e cura delle persone attraverso il contrasto alla fame e alla povertà nonché alle differenze e violenze di genere (lo chiede il 55% degli intervistati). Nel quotidiano degli italiani aumenta la richiesta di garanzia di un lavoro dignitoso per tutti e di riduzione delle disuguaglianze economiche (62%). Un’inquietudine rispetto alla propria vita di ogni giorno non ancora tale, però, da trasformarsi in rabbia né da mettere in discussione la pace sociale e la stabilità politica del paese, a differenza di quanto sta accadendo nelle principali nazioni europee, Francia in testa.
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