01. La codifica ieri, oggi e domani

Per approfondire il tema degli standard legati al mondo AIDC (Automatic Identification and Data Capture) e quanto possa essere strategica l’adozione di standard e linguaggi condivisi per creare un vantaggio a tutti gli attori della supply chain, Giorgio Solferini, fondatore di Accademia italiana AIDC e presidente di Alfacod, intervista tre esperte di GS1 Italy:

  •  Emanuela Casalini, barcode specialist.
  •  Linda Vezzani, GS1 visibility and RFID standard specialist.
  •  Giada Necci, new solution specialist. sul tema.

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Potete fare una riflessione personale sull’introduzione fatta?

Emanuela Casalini: «Quando parliamo con qualcuno, l’utilizzo di una lingua comprensibile ad un interlocutore, è fondamentale perché la nostra  comunicazione sia efficace; questo vale ovviamente anche quando parliamo di filiera, dove abbiamo attori diversi, processi diversi, merci che viaggiano, e di conseguenza tante informazioni. E ovviamente per garantire sia la qualità dell’informazione scambiata, ma anche che l’informazione sia puntuale, l’uso di un linguaggio e di regole condivise, come lo standard GS1 è molto importante».

Linda Vezzani: «Oggi giorno in un mondo così interconnesso, sul fronte di approvvigionamento, produzione logistica e distribuzione, l’interoperabilità è un presupposto imprescindibile. GS1, e GS1 Italy in Italia, cercano di diffondere un linguaggio globale che consenta alle imprese di comunicare meglio e più facilmente con tutti i business partner, abilitandole ad operare in un contesto internazionale e quindi ad essere più competitive nel mercato globale».

Giada Necci: «Sicuramente il tema della tracciabilità è sempre più sulla bocca di tutti, legato anche ad altri temi. Non è solo una questione di compliance alle norme ma la tracciabilità è connessa anche ai temi della sostenibilità e dell’economia circolare, al coinvolgimento dei consumatori finali nel conoscere la storia di un prodotto per esempio. E il settore healthcare, è sicuramente uno dei settori nei quali i processi di tracciabilità impattano molto ma c’è da dire che ormai ogni prodotto, di ogni settore, sia a livello locale che globale, non può farne a meno».

Mi sento in dovere di affermare che, senza il contributo di GS1, non ci sarebbe stata questa enorme diffusione del codice a barre. Dopo circa 50 anni questa tecnologia ha saputo stare al passo coi tempi e far fronte alle esigenze delle supply chain, sempre più digitali e trasparenti. Emanuela Casalini, in qualità di la specialista dei barcode; può svelare cosa GS1 ha in serbo per il futuro?

Emanuela Casalini: «È risaputo che il codice a barre è stato introdotto ormai da quasi 50 anni per garantire un riconoscimento accurato e rapido dei prodotti alle casse dei supermercati. Questa resta una delle ragioni principali di adozione di questo strumento, ancora utilizzato per identificare i prodotti venduti nei punti vendita fisici e online. Ma la sola identificazione non sempre basta. Stanno emergendo anche esigenze diverse, pensiamo alla tracciabilità, alla riduzione degli sprechi, alla sostenibilità, l’anticontraffazione o migliorare il servizio al cliente. Tutte esigenze che richiedono di avere disponibili informazioni aggiuntive; informazioni che devono essere anche raccolte, e per farlo in maniera automatica, uno degli strumenti utilizzabili è il codice a barre, che quindi può diventare il veicolo per molte informazioni.

Ovviamente, con un barcode tradizionale come l’EAN-13 questo non è possibile. Lo consentono altre simbologie, come per esempio il GS1 DataBar che però può assumere anche dimensioni importanti, al crescere delle informazioni codificate. Oppure i simboli 2D, in cui è possibile codificare tanti caratteri in uno spazio ridotto, e che permettono la lettura anche mediante smartphone, facendo diventare il barcode uno strumento non solo per la filiera, ma anche per il consumatore.

Questi simboli 2D sono già adottati largamente in alcuni settori, un esempio è il settore sanitario, ma GS1 guarda a questi simboli anche come importante soluzione di identificazione anche dei prodotti nel largo consumo. O anche a livello di cartoni o pallet».

Nei magazzini vengono introdotti sempre di più dispositivi di ultima generazione in grado di decodificare anche i codici 2D. Oggi è possibile far convivere, sulla medesima etichetta logistica, sia il codice GS1-128 sia il codice GS1 DataMatrix. È corretto spingersi oltre e pensare di usare solo il codice 2D o è ancora presto per farlo?

Emanuela Casalini: «Attualmente è consentito solo in alcuni casi, cioè per unità logistiche molto piccole. Non stiamo quindi parlando di pallet, per i quali il 2D (il GS1 DataMatrix nello specifico), al momento, può essere affiancato al GS1-128. Però in questi casi, il 2D può essere un veicolo per trasportare informazioni aggiuntive rispetto a quelle riportate nel barcode lineare. Consentendo quindi di rappresentare altre informazioni, in uno spazio inferiore a quello richiesto dal GS1-128. E questo è particolarmente utile per alcune tipologie di prodotto, per le quali c’è l’esigenza, anche normativa, di veicolare una grande quantità di informazioni (per esempio, nel settore ittico o in quello delle carni).

Invece, su quando il GS1-128 sarà sostituibile completamente con il 2D è presto per dirlo, in ogni caso si dovrà avere la certezza che la diffusione dei lettori 2D copra sufficientemente la filiera».

Rivoluzione al punto cassa negli USA: dal 2027 il vecchio codice UPC potrà essere sostituito da un simbolo 2D. Quando approderà in Italia questa rivoluzione?

Emanuela Casalini: «In realtà la data del 2027 non è una data solo statunitense, ma è una data condivisa da GS1 a livello globale ed è suggerita come data in cui il 2D diventerà una soluzione adottabile, in un sistema aperto, per l’identificazione dei prodotti. Questo evento, questa evoluzione, la possiamo sicuramente definire disruptive, perché rappresenta una grande innovazione. Ovviamente, questo non significa che il nostro vecchio EAN-13 e lo UPC, nel nord America, scompariranno, ma semplicemente che per l’identificazione alle casse potranno essere utilizzati anche simboli bidimensionali. E non per forza il GS1 DataMatrix, con gli Application Identifier che abbiamo imparato a conoscere con il GS1-128; potenzialmente si potrà utilizzare anche un QR code che riporta quello che noi chiamiamo GS1 Digital Link, un link strutturato secondo opportune regole, e contenente la chiave GS1 del prodotto (lo stesso codice numerico oggi rappresentato nel barcode)».

Ha nominato il GS1 Digital Link. Puoi dirci di cosa si tratta?

Emanuela Casalini: «Il GS1 Digital Link è uno degli ultimi standard introdotti nel mondo GS1. In breve è uno standard che va a definire la struttura di un link, per collegarsi ad una pagina web, struttura che prevede al suo interno l’uso del GTIN, ossia della chiave di identificazione GS1 che attualmente troviamo rappresentata nel barcode applicato al prodotto. Come ogni link consentirà il collegamento ad una pagina, pagina che dovrà essere specifica per quel prodotto, e nella quale il proprietario del brand, il distributore o un altro operatore avrà inserito informazioni sul prodotto stesso. Il link può poi essere veicolato attraverso un barcode, trattandosi di un link ci viene facile pensare al qr code. QR code che può essere per esempio utilizzato dal consumatore, per consultare curiosità sul prodotto, o avere informazioni di tracciabilità o sulla sostenibilità (pensiamo all’etichetta ambientale); ma qr Code che potenzialmente potrebbe essere utilizzato anche alle casse per l’identificazione del prodotto stesso, proprio perché trasporta al suo interno il GTIN».

Alfacod opera da 36 anni nel mondo del barcode e io in particolare da 40. Sai anche che due importanti specializzazioni di Alfacod sono la stampa dei codici a barre con ogni tipo di sistema digitale, e non, e la verifica della qualità del codice a barre stampato. Abbiamo finora parlato di quanto sia strategico il codice a barre naturalmente includendo anche i codici 2D. Questo implica che ogni azienda che produce codici a barre di qualsiasi tipo si debba porre le domande: “li sto producendo bene? Contengono realmente i dati che devono contenere? La loro qualità di stampa è adeguata ad essere letta da ogni tipo di lettore? Conosco e seguo le normative internazionali, tipo ISO, sulla qualità? Come controllo se ho stampato codici a norma o meno? Ci potrebbe dare la sua opinione in proposito?

Emanuela Casalini: «La qualità del codice a barre è fondamentale, perché da essa dipende il risultato finale della scansione; e sono tante le variabili in gioco, per citarne qualcuna potremmo dire la dimensione del barcode, il colore del simbolo, il posizionamento del barcode in etichetta. Purtroppo, spesso questi vengono considerati elementi di contorno, e non sempre, si dà la giusta attenzione a curare questi aspetti, correndo anche qualche rischio: il barcode non viene letto alla cassa o in magazzino, e quindi la merce viene respinta. Questo ovviamente porta una perdita di efficienza, rendendo il barcode inutile. Ovviamente, il nostro suggerimento è quello di seguire le indicazioni dello standard e di ricorrere alla verifica dei codici a barre prodotti, dal momento che questo è l’unico test in grado di valutare la qualità di un simbolo».

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