L’omnicanalità con gli standard GS1
Dal workshop “Gestire l’omnicanalità”, l’ecosistema di standard, servizi e soluzioni GS1 a disposizione delle imprese per sviluppare, gestire e utilizzare i contenuti digitali nello scenario omnicanale
Barry è un orsetto di peluche. Che cosa sappiamo di lui? Quanto è grande? Di che colore è? Come è confezionato? Mi provocherà allergie? Come deve essere lavato e curato? Il suo tessuto è di provenienza sostenibile?
Ciò che esiste oggi in un'esperienza fisica quando si tiene in mano Barry e si legge la sua etichetta permette di rispondere alla maggior parte di queste domande chiave, all'istante.
Abilitare la stessa esperienza online significa fare in modo che la versione digitale di Barry corrisponda alla sua versione del mondo fisico. E per farlo, Barry digitale ha bisogno di dati.
Da un lato la trasformazione digitale, con il suo principale vettore, l’e-commerce. Dall’altro il consumatore alla ricerca di esperienze fluide e soddisfacenti per i suoi acquisti, ma anche sovraccaricato di stimoli, di informazioni sia online sia offline spesso contradditorie e tali da non determinare il passaggio finale all’atto d’acquisto. In mezzo, ci sono le imprese (retailer, ma anche l’Industria) impegnate a migliorare i processi interni e contemporaneamente anche il percorso d’acquisto del cliente, cercando di integrare le attività online con quelle fisiche.
«Si tratta di capire in che modo gli standard e le soluzioni GS1 – spiega Ermanno Bertelle, training manager GS1 Italy – supportano l’efficienza dei processi e la gestione e condivisione dei dati, nonché la loro rilevanza, rimasta intatta e immutata nel contesto omnicanale. Identificazione e interoperabilità secondo gli standard garantiti dal codice a barre rappresentano il punto di partenza di un discorso più ampio, al cui centro ci sarà il dato come asset e valore per le aziende che vogliono e devono approcciare il tema dell’omnicanalità, siano esse pure player fisici che si aprono ad altri canali, oppure siano esse pure player online che vedono nel canale fisico un punto di contatto necessario con il consumatore finale».
Figura 1 – L’ecosistema degli standard e delle soluzioni GS1 Italy per l’omnicanalità
Una sola fonte per tutta la filiera
Il contesto dell’e-commerce in Italia è quello di una crescita a due cifre, seppur con tassi di penetrazione ancora bassi. Ma, oltre ai numeri (per i quali rimandiamo agli articoli L’e-commerce traina il retail e Il futuro dell’e-commerce passa dal food&grocery), come ricorda Riccardo Mangiaracina responsabile scientifico Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, è «lungo la catena del valore che le imprese devono intervenire per migliorare il customer journey. Nel marketing, per esempio, il tema per le imprese è come aumentare la base dei clienti. A disposizione hanno due strade: raggiungere nuovi target, spostando e ottimizzando i canali di comunicazione, e trasformare in acquirenti chi utilizza internet solo a fini informativi, abbattendo le barriere all’acquisto, come i sistemi di pagamento, e migliorando il tasso di conversione con azioni di marketing personalizzato».
Non è cosa di poco conto se si pensa che su cento utenti che fanno una ricerca di prodotto su internet, solo 1,6 arrivano all’acquisto finale (sono 2,5 nel food & grocery). In mezzo ci sono quelli che abbandonano nelle varie fasi del percorso.
Proprio queste azioni richiedono una gestione ottimale di tutte le informazioni digitali dell’azienda. A partire dall’informazione di prodotto nei marketplace.
Se infatti l’identificazione dei prodotti nel retail fisico è fondamentale per tutta la catena del valore, nel momento in cui si sceglie di utilizzare i marketplace come uno dei canali a disposizione del consumatore finale, la necessità di identificarli correttamente è ancora più importante.
Oggi sono presenti sui marketplace 2 miliardidi prodotti, ma solo 440 milioni sono attualmente codificati con un GTIN (il codice univoco del prodotto contenuto nel codice a barre), aprendo il grande tema della contraffazione: un quarto dei prodotti venduti da Alibaba sono contraffatti. Ma spesso allo stesso codice corrispondono anche prodotti completamente diversi, con rischi per l’azienda produttrice e per il consumatore finale. Ma non è solo il codice del prodotto a necessitare di una identificazione univoca. Lo stesso vale per la loro rappresentazione iconografica.
«Video, still life, loghi sono oggi presenti in maniera destrutturata all’interno delle aziende, spesso frutto di caricamenti manuali in diverse unità operative. Una situazione – illustra Bertelle – che determina file non aggiornati, contenuti duplicati, inefficienze, perdite di denaro, relazioni non ottimali. L’ecosistema di soluzioni GS1 Italy offre la possibilità alle aziende di avere il pieno controllo di tutti i digital asset, affinché azioni di advertising, comunicazione e marketing, su qualsiasi piattaforma e in qualsiasi formato, siano ottimizzate e standardizzate. Le soluzioni sono Immagino e Condivido».
Immagino, il servizio che digitalizza le immagini del prodotto e le informazioni in etichetta, con oltre 110 mila prodotti, che rappresentano oltre l’80% di quelli venduti nella GDO italiana, con il processo di controllo, verifica e validazione da parte del produttore garantisce un dato di qualità, con immagini conformi allo standard GS1Product Image Specification.
Condivido è invece la nuova piattaforma DAM (Digital asset management) condivisa tra produttori e distributori in una logica many to many, attraverso la quale archiviare, organizzare e condividere i contenuti di marketing, evitare doppioni e garantire che siano sempre aggiornati, identificabili perché collegati al singolo prodotto con il GTIN e certificati da Immagino. «Oggi il consumatore ha accesso a una mole indescrivibile di informazioni e dati – aggiunge Bertelle – che devono essere di qualità e gestiti nella maniera migliore da parte dell’azienda, poiché rappresentano il suo asset digitale più importante e la discriminante per le scelte di acquisto del consumatore stesso».
Visibilità e trasparenza di filiera
Le piattaforme tecnologiche, i sistemi di pagamento, la logistica sono tre passaggi fondamentali della catena del valore nello scenario omnicanale. Basti ricordare che ogni anno vengono consegnati 320 milioni di pacchi solo per l’e-commerce per comprendere quanto complessa sia la gestione delle informazioni legate al prodotto.
«Da un lato si parla di informazioni statiche (i cosiddetti master data, le anagrafiche) sulle quali sviluppare i processi commerciali e logistici – commenta Andrea Ausili, data & innovation manager GS1 Italy – e informazioni dinamiche (ordini, fatture, consegne per esemplificare) che definiscono la tracciabilità del prodotto lungo il ciclo di vita). Anche in questo caso GS1 dispone di standard e mette a disposizione delle soluzioni».
Allineo è il servizio che si basa sullo standard GS1 GDSN®(Global Data Synchronisation Network), lo standard globale consolidato sviluppato da GS1 per la comunicazione e la sincronizzazione delle informazioni anagrafiche di prodotto tra i vari partner commerciali, che trova applicazione principe nel catalogo elettronico. Le anagrafiche vengono sincronizzate utilizzando una rete di data poolchegarantiscono che ogni aggiornamento introdotto da un produttore possa raggiungere tempestivamente tutti i propri interlocutori commerciali. EPCIS è uno standard open GS1 che abilita soluzioni e servizi di tracciabilità epuò essere usato con oggetti identificati da un codice a barre GS1.
«Nei processi B2B i principali benefici riguardano il miglioramento di visibilità e trasparenza lungo la filiera, il monitoraggio della storia di prodotto, la migliore accuratezza dei processi, mentre nel B2C vi sono un incremento di visibilità e trasparenza lungo la filiera, informazioni puntuali sulla storia del pezzo, una migliore accuratezza nel processo di vendita e nella gestione dell’inventario, un miglioramento nella tutela del consumatore e maggiori informazioni sul prodotto disponibili per il consumatore», aggiunge Ausili.
Tracciabilità, standard e blockchain
I dati EPCIS possono essere registrati in qualunque tipo di data base, compresa la blockchain, il registro distribuito e condiviso di dati raggruppati e memorizzati in "blocchi" concatenati in ordine cronologico, la cui integrità e immutabilità è garantita dall'uso di crittografia e da meccanismi di consenso che garantiscono la validità della transazione. Quali i rapporti tra gli standard GS1 e la blockchain?
«La gran parte dell’interesse sulla blockchain – spiega Ausili – è semplicemente associato alla possibilità di condividere dati tra aziende diverse: ma se per alcuni settori questo è un concetto totalmente nuovo, per settori in cui la condivisione dei dati è un tema noto e interessante, come la tracciabilità lungo la supply chain per le imprese della Distribuzione e del largo consumo, la blockchain riporta in evidenza quanto sia importante parlare dei processi e sottolineare la necessità di condividere dati superando i silos organizzativi. Il sistema di standard GS1 fornisce già un linguaggio globale di identificazione e condivisione dati, che può supportare aziende e settori che vogliono usare la tecnologia blockchain per sviluppare specifiche applicazioni di business. In altri termini la blockchain è un registro distribuito, condiviso e sicuro, mentre GS1 fornisce gli standard per le informazioni e le applicazioni di business».
Figura 2 – Le relazioni tra gli standard GS1 e la blockchain
«La soluzione tecnologica – prosegue Ausili – non deve quindi dimenticare che esiste la necessità di generare informazioni basate su processi e organizzazioni ben strutturate. L’interoperabilità tra ecosistemi è garantita da regole comuni, da standard, appunto. In particolare per gli ecosistemi blockchain sono quattro gli elementi principali: utilizzare gli standard GS1 per identificare gli attori, i luoghi e i prodotti; utilizzare EPCIS come linguaggio comune per la condivisione dei dati; definire i requisiti per i componenti di registro distribuito; stabilire una governance inter-ecosistema e tra un ecosistema e un altro».
Conserve Italia e la digital governance
«Nello scenario digitale – interviene Enrico Parisini, chief information officer Conserve Italia – i dati di prodotto caricati manualmente sono diversi da quelli comunicati, non vengono aggiornati. L’analisi del data-crunch è impietosa. L’ottimizzazione della supply chain si ferma alle bocche di carico del produttore. I dati di sell-out non alimentano sistemi previsionali condivisi. Esiste in sostanza un vero e proprio digital divide tra i comportamenti dei consumatori, quelli interni alle organizzazioni e i comportamenti nella relazione, che ci allontana dai bisogni del consumatore e mette a rischio l’intera filiera.
A migliorare questa situazione contribuiscono sicuramente Immagino e Allineo. Il primo costituisce un sistema standard che trasforma le informazioni in etichetta in informazioni su basi di dati informatiche utilizzabili da tutti, semplice in quanto le immagini digitalizzate sono facilmente condivisibili e conveniente, perché unisce gli interessi dei produttori e dei distributori».
Utilizzando Immagino, Conserve Italia ha ricostruito il portale interno dei prodotti, mantenendo costantemente aggiornati dati e immagini, con informazioni validate e immagini da utilizzare su cataloghi e, combinati con i dati esistenti sui sistemi ERP, produce schede prodotto complete e accurate.
«Tanto Immagino è fondamentale per la gestione dello scaffale fisico e virtuale – sottolinea Parisini – quanto Allineo riguarda i dati che servono per gestire i processi logistico gestionali. In particolare le aziende che hanno relazioni con retailer internazionali sanno benissimo che in Germania, per esempio, non si vende senza GDSN. In Italia tra i retailer è per ora operativo solo Conad, con Esselunga che sta partendo».
Il manager non nasconde che Allineo mette alla prova i processi interni, anche perché le aziende non sono abituate alla data governance. «La data governance è un processo complesso e inizialmente costoso soprattutto in termini organizzativi, ma gli strumenti di controllo assieme all’uso dei dati impone che questo processo venga sviluppato. Con il 20% dei prodotti rinnovati ogni anno delle oltre 4000 referenze in catalogo, siamo ben consapevoli che la condivisione dei dati aumenta la complessità. Ma diminuisce i costi e migliora la qualità, l’efficienza, l’innovazione e la competitività. L’informazione di prodotto è fondamentale. E senza digital non si può affrontare lo scenario che abbiamo di fronte», conclude Parisini.
L’omnicanalità di Esselunga
Nel consolidamento di modelli di omnicanalità più evoluti, il negozio fisico assume costantemente ruolo e funzioni diverse nella supply chain e nel percorso d’acquisto dei consumatori sia perché diventa, come spiega Valentina Pontiggia degli Osservatori digitali del Politecnico di Milano «un terminale logistico, con i vari servizi di click/drive & collect, di gestione dei resi o per la verifica online delle disponibilità di prodotti in store, sia perché si assiste alla sua trasformazione da luogo di transazione a luogo di relazione» E non è un caso che i giganti dell’e-commerce Amazon e Alibaba si siano installati anche nei negozi fisici. «Il successo dell’e-commerce ha trasformato il punto vendita in un luogo più ricco di funzionalità e significati – riprende Pontiggia – un punto di raccolta e utilizzo di dati, un contenitore di contenuti, ampliandone il perimetro».
Così lo store del futuro sarà sempre più omnicanale in quanto complementare all’e-commerce, digitale perché ricco di innovazioni, differente con nuovi formati e utile, nel senso che introduce nuovi servizi. «Se il punto vendita si collega più strettamente con i canali digitali, se in alcuni casi diventa un puro terminale logistico, naturalmente cambiano i parametri per valutare le performance dello store», conclude Pontiggia.
Stefano Piazzolla, responsabile marketing informativo Esselunga, ripercorrendo la storia del retailer multicanale da 18 anni, che nel 2018 ha realizzato con l’e-commerce un fatturato di 236 milioni di euro (tutta la spesa da supermercato online in Italia è stata nello stesso anno pari a 476 milioni di euro), identifica alcune chiavi del cambiamento in atto. Ma, sostiene, «i dati sono la benzina per la trasformazione digitale» e cita il passaggio dalla segmentazione alle micro-segmentazioni basate sugli stili di vita, della reportistica di negozio più e-commerce a una reportistica integrata, l’uso di un modello predittivo in ambito geografico. E il bisogno di prossimità si sta sempre più sovrapponendo alla continua ricerca di produttività, che ha portato Esselunga a essere uno dei best in class del retail mondiale, con una redditività di 15.872 euro al metro quadro.
«Ma se bisogna misurare la soddisfazione del cliente e non solo la produttività – chiarisce Piazzolla – allora vanno cambiate le metriche. È un processo lungo in discontinuità con il passato, che richiede di interrogarsi sui fenomeni più disparati, dalla composizione della popolazione, più anziana dove sono presenti i nostri negozi, al ruolo delle promozioni (il 40% dei consumatori italiani è propenso a cambiare negozio in funzione della promo), dalla sensibilità all’innovazione al crescente peso dell’away from home nei consumi».
I prossimi passi di Esselunga? «Il nostro ecosistema sta cambiando e occorre cominciare a misurare l’awareness e la user experience anche in ambito digitale. Anche i touchpoint esistenti andranno integrati meglio, con impatti anche organizzativi, non solo tecnologici. Si stanno facendo le prime sperimentazioni con i chatbot e con il riconoscimento vocale nel customer care, che gestisce un milione di telefonate all’anno. Per non parlare di quelle relative alla realtà virtuale e alle connessioni 5G».
Il dizionario globale dei dati
Il prodotto fisico e la sua rappresentazione digitale viaggiano quindi sempre più insieme, in maniera interconnessa, complementare e interdipendente. «Ogni prodotto fisico – chiarisce Ausili – ha degli attributi che lo definiscono. Finora sono stati attributi essenzialmente di testo. Con la trasformazione digitale e l’omnicanalità si arricchiscono di immagini, video, suoni. Per gestire questi contenuti è necessaria un’infrastruttura in grado di supportare l'archiviazione moderna e l'accesso ai dati.
Ecco. GS1, grazie alla sua posizione neutrale, ha cominciato a costruire questa infrastruttura. Prima come GS1 Italy con Immagino attraverso la digitalizzazione dei prodotti del largo consumo mettiamo a disposizione il loro gemello digitale.
Ora facciamo un passo avanti con GS1 Digital Link, un modo standardizzato per creare URL (indirizzi web) che contengono codici GS1 da associare a un prodotto per qualunque finalità. Creando URL standard è possibile estrarre da essi le informazioni rilevanti per supportare diversi processi. Il GTIN, per esempio, può indirizzare un’applicazione a fornire informazioni, contenuti digitali o supportare attività correlate al prodotto con quel codice. Se poi al GTIN si aggiungono altre informazioni come, ad esempio, il lotto o la data di scadenza, eventualmente un seriale, il GS1 Digital Link è in grado di supportare processi di tracciabilità. Infine, un’applicazione può eventualmente sostituire il sito collegato nell’URL con un altro più pertinente al contesto dell’applicazione. Per esempio, un’app di e-commerce può puntare alla pagina del prodotto nello store del retailer invece che a quella del produttore. E il punto d’approdo finale potrà essere un unico barcode sulla confezione del prodotto che semplificherà la condivisione di dati B2B e connetterà il prodotto ai consumatori facendone un canale media».
Un passo avanti verso un vero e proprio dizionario globale dei dati.
A cura di Fabrizio Gomarasca @gomafab