Mass market adieu!
Gli ipermercati non sono riusciti a difendersi dallo sgretolamento del Non Food. Lo rivela l'Osservatorio Non Food di GS1 Italy con Trade Lab
Se la digitalizzazione è la cifra di questo ultimo decennio tanto che è ormai talmente pervasiva da costituire la normalità, da essere ormai parte integrante e irrinunciabile di ogni processo i business, le sue conseguenze nel retail continueranno a farsi sentire per altri anni. Tra queste, secondo Zanderighi, la razionalizzazione delle reti di vendita, l’adattamento e l’innovazione per consolidare e differenziarsi. «Per quanto riguarda la razionalizzazione, vi è un tema di risorse finanziarie e di adeguatezza del servizio commerciale al processo di digitalizzazione per integrare i diversi canali», aggiunge Zanderighi. «Quanto all’adattamento e alla differenziazione, abbiamo settori nei quali le performance sono addirittura migliorate, altri in cui abbiamo assistito a un lento ma deciso declino».
Al capezzale dell’ipermercato
A soffrire più di tutti del combinato disposto della crisi economica e dell’affermarsi dell’e-commerce sono stati gli ipermercati. I pessimi risultati sono evidenti se si analizzano in particolare gli andamenti delle quote di mercato nell’ambito dei comparti non alimentari e l’attuale ruolo di questo canale all’interno degli stessi: nella gran parte dei settori le quote si sono ridotte, in alcuni casi anche in maniera drastica, e fatta salva qualche eccezione (cancelleria e giocattoli), il ruolo degli ipermercati nell’assetto distributivo è sostanzialmente marginale. «Gli ipermercati non sono riusciti a difendersi dallo sgretolamento del Non Food», nota Zanderighi «e la formula “tutto sotto lo stesso tetto”, alla base della massificazione dei consumi, ha pagato pegno».
Non solo. L’analisi di Pierluigi Bernasconi, ora amministratore delegato di Mondadori Retail, sui motivi della crisi dell’ipermercato aggiunge altri argomenti: «Negli anni in cui dominava, l’ipermercato ha sofferto di anestesia da troppo successo e, anche per questo motivo, gli specialisti del formato sono stati distratti dall’internazionalizzazione. Un altro aspetto è stata la scarsa velocità, che trova spiegazione nel fatto che le attività immobiliari hanno avuto il sopravvento, così le location che un tempo erano buone, forse oggi non lo sono più per le mutate condizioni sociali, demografiche, geografiche. Infine, credo sia mancato un adeguato investimento sulle persone». Su come uscirne, Bernasconi indica nel coinvolgimento efficace dei clienti attraverso le tecnologie digitali una possibile soluzione.
Per un approfondimento puoi scaricare lo Speciale Osservatorio Non Food: 10 anni di digitalizzazione o visita il sito web dell'Osservatorio Non Food di GS1 Italy.
Gregoire Kaufman, commercial e marketing director Carrefour, sostiene, proseguendo il ragionamento, che l’ipermercato ha perso la sua ragion d’essere, di rappresentare cioè tutti i tipi di clienti, dimenticando peraltro il ruolo sociale del punto vendita. «Che è principalmente un luogo d’incontro, dove ai prodotti si affiancano i servizi. Il mondo digitale aiuta, per esempio con il crm e i big data, a comprendere meglio i comportamenti dei nostri clienti che fanno l’80% degli acquisti con la carta fedeltà. Ma ciò che ha cambiato i rapporti con i nostri clienti sono i social media, che ci hanno permesso di ripensare a operazioni in real time sui punti vendita, di adottare un tono più amichevole, anche prendendoci in giro, passando da una comunicazione top down a una di tipo orizzontale, più mirata e meno massificata. La qual cosa consente di personalizzare le attività promozionali e di attrarre nuovi clienti, senza cannibalizzare quelli esistenti che avrebbero comunque acquistato quel determinato prodotto».
Più servizi all’orizzonte
Per gli “ipermercatisti” è giunto quindi il tempo di decidere quali strategie utilizzare per la propria offerta non alimentare e per gli spazi ad essa dedicati: al momento si parla di razionalizzazione della superficie, a favore di aree per il consumo fuori casa o di parti di galleria nei centri commerciali, o di corner espositivi a favore di alcuni brand noti, favorendo il fenomeno dello showrooming. Di sicuro trovare qualche soluzione è fondamentale, visto che il processo di contrazione appare strutturale.
Zanderighi sottolinea che la risposta va ancora una volta trovata nel consumatore, che non vuole algoritmi, ma vuole servizi: «l consumatori acquistano sia esperienze sia prodotti: da qui la crescente domanda per sessioni di benessere, i tutorial di make up e bricolage, i corsi di cucina, e valorizzano prodotti personalizzati o su misura, magari da vedere online e provare offline. Infine con l’e-commerce, che crea un eccessodi scelta, i consumatori premiano ben definiti retail concept». Per questo le performance economiche di un’impresa della distribuzione moderna Non Food non dipendono soltanto dalla capacità di attrazione commerciale della singola insegna, ma anche da quella complessiva del “contenitore” in cui è inserita e a cui contribuisce. Emerge il concetto di “polarità commerciale”, intese come luoghi di aggregazione delle realtà distributive con proposte di assortimento e servizi molto differenti e sempre più differenzianti, per lo più integrate con il mondo virtuale.
Secondo l’Osservatorio Non Food di GS1 Italy, se le aree centrali (centri storici e vie principali) restano i luoghi dove si concentra la gran parte della rete, comunque il loro appeal è in calo (46,6% rispetto al 54,9% di 10 anni fa). Trend opposto per le polarità commerciali (centri commerciali, parchi commerciali, factory outlet e altri poli), che oggi assommano il 46,7% dei punti vendita della distribuzione moderna non alimentare, specializzata e non, grazie a un’avanzata del 13% rispetto al 2007.
«In particolare i centri commerciali hanno cercato di superare gli effetti della crisi rivedendo il proprio posizionamento, aggiungendo alla tradizionale offerta di punti vendita (tra cui si inseriscono anche insegne straniere con una forte brand awareness) anche ristorazione, intrattenimento, servizi sanitari e nuove esperienze per il tempo libero, dando così vita a contenitori di nuova generazione E per i factory outlet si rilevano aumenti di superficie, upgrade dell’offerta e nuovi servizi, tanto da diventare vere e proprie mete turistiche. Il riposizionamento dei principali centri commerciali e dei factory outlet sarà la sfida anche per i prossimi anni» conclude Zanderighi.
A cura di Fabrizio Gomarasca