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Efficienza e ambiente: i perché della logistica collaborativa

Superare il perimetro aziendale e adottare modelli di condivisione dei processi tra tutti gli attori della filiera. È questo, in estrema sintesi, il fine delle attività Ecr. E mai come in occasione del convegno organizzato da GS1 Italy | Indicod-Ecr sulla logistica collaborativa (“una leva sempre più strategica”) sono apparsi evidenti i benefici economici e sociali di un approccio in cui una intera filiera collabora per migliorare i risultati, non solo delle aziende che vi partecipano, ma anche dell’intera collettività. Lo ha ricordato in apertura Stefano Agostini, presidente e amministratore delegato di Sanpellegrino Nestlé Waters e consigliere di GS1 Italy | Indicod-Ecr sottolineando l’ormai indissolubile legame tra la responsabilità aziendale nello sviluppo dei progetti di efficienza e la responsabilità sociale. Entrambe rappresentano un vantaggio per i consumatori e i cittadini.

Nello studio Ecr condotto da Fabrizio Dallari, direttore del Centro di Ricerca sulla Logistica della LIUC Università Cattaneo, e da Gino Marchet, professore ordinario di logistica del Politecnico di Milano si capisce perché. La logistica collaborativa assicura a parità di flussi 750 milioni di euro di costi di trasporto in meno, 600 milioni di chilometri percorsi e con una saturazione dei viaggi vicina al 100% e unità di carico efficienti, il 47% di emissioni di CO2 in meno, vale a dire 510 mila tonnellate all’anno. a ciò si può aggiungere la potenzialità del largo consumo relativo all’Intermodability®: 450 mila unità di trasporto intermodali, pari a una riduzione annua di 70.000 ton delle emissioni di CO2.

«Ma - ha aggiunto Agostini - bisogna cambiare approccio, mentalità, avere il coraggio di cambiare il modo di lavorare insieme pensando al consumatore».

LAtlante della logistica e la mappatura dei flussi

Il cammino non è pianeggiante, ma le opportunità da cogliere sono importanti. Daniel Corsten, professore presso l’IE Business School di Madrid, ha infatti ricordato che il tema dell’ottimizzazione dei trasporti che Ecr Europe aveva sistematizzato negli anni Novanta non faceva menzione della logistica collaborativa che, invece, ha un impatto misurabile sul Roa delle aziende della filiera per quanto riguarda l'incremento delle vendite, la riduzione dei costi e degli inventari e ovviamente il miglioramento dell’utilizzo dei beni di trasporto. Un beneficio, afferma Corsten, che aumenta con il tempo e il livello di collaborazione. Più attori sono coinvolti più si misurano i benefici, ma la sfida vera è attivare una forma di coordinamento tra gli attori.

Fabrizio Dallari e Gino Marchet hanno, dal canto loro, calato l’argomento nella realtà italiana dando visibilità ai risultati di un lavoro durato cinque anni, durante i quali GS1 Italy | Indicod-Ecr si è impegnato anche sul tema della Intermodability®, il trasporto misto gomma-rotaia, con il primo treno Ecr pronto a partire entro la prossima estate.

Una realtà italiana che è stata prima mappata nei suoi flussi logistici e poi classificata in un’opera unica: l’Atlante della logistica, una mappa geografica aggiornata e un censimento dei principali nodi logistici presenti sul territorio italiano. «Con 9.400 punti di consegna superiori a 4.000 metri quadrati - ha detto Dallari - e altri 10 mila circa inferiori a 4.000 metri quadrati, 475 Cedi vicini ai mercati di riferimento, oltre ai magazzini degli operatori logistici particolarmente centralizzati nel Nord, l’Italia con i suoi localismi, specificità e frammentazioni ha un costo di consegna più alto di altri Paesi. L’Atlante ci consente valutazioni strategiche significative». Secondo i dati dei ricercatori, il largo consumo movimenta circa 2,8 milioni di colli l’anno e, i flussi sono ripartiti lungo la filiera secondo tre modelli: dal deposito centrale al punto di consegna (pdv o CeDi), passando attraverso un deposito periferico oppure un transit point. Ed è proprio il ruolo centralizzatore del CeDi a essere previsto in crescita sia dall’industria sia dalla distribuzione. Già oggi nel secco l’indice di centralizzazione è vicino al 90% (era del 77% nel 1994), al 60% nel fresco e al 91% nell’ortofrutta.

Dai rilievi sugli attori, sui flussi e sui nodi logistici Dallari rileva quali sono i fenomeni della mancata ottimizzazione della filiera: la congestione dello spazio disponibile in banchina determinato dall’elevata incidenza delle unità di carico a strati (arriva al 65% nel fresco dovuta alla limitata shelf life), la saturazione non ottimale dei mezzi di trasporto in partenza verso i CeDi e la complessità gestionale delle attività di scarico e di controllo perso i CeDi.

I costi del processo

A Gino Marchet del Politecnico di Milano il compito di evidenziare le maggiori criticità e di mettere a nudo alcuni luoghi comuni riguardanti l’attività logistica e finora poco attuata.

In particolare, sono tre i punti che ha evidenziato, analizzando alcuni casi di collaborazione tra industria e distribuzione e scomponendo il processo order to delivery in 6 fasi e 15 attività elementari

  1. Il costo del processo order to delivery non dipende dal valore unitario degli articoli. Infatti per ogni euro di valore unitario del collo si ha un aumento di 0,0014 euro del costo del processo. «Occorre superare la logica dello sconto logistico in percentuale sul valore e concentrarsi sui colli», ha detto, anche perché di fronte a uno costo medio di 0,399 euro/collo, il solo trasporto conta per 0,147 euro, il resto essendo ripartito sulle altre cinque voci di spesa del processo. Ma la variabilità di ciascuna di esse sul valore medio è molto ampia. Una di queste, secondo Marchet, va tenuta in particolare evidenza: quella relativa al mantenimento delle scorte, perché in prospettiva uno dei fattori di maggiore impatto sui costi sarà l’aumento dei piccoli lotti, in linea con l’evoluzione della domanda, fino a prefigurare una “logistica del pezzo singolo” come le vendite online ci insegnano. «Nei CeDi ci saranno prodotti gestiti a pallet e prodotti non gestiti a pallet, tanto che l’automazione del picking non è un orizzonte così lontano», secondo Marchet.

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 Fig. 1 -  Il costo del processo Order to delivery e le variabilità delle voci di costo

  1. L’attività di riordino contribuisce solo al 2% del costo logistico di filiera ma impatta su tutte le attività del processo order to delivery e dovrà essere un’area di prossimo intervento con lo sviluppo e diffusione di un modello di riordino ottimale di filiera.
  2. La frammentazione degli ordini costa sino a 3-4 volte in più rispetto a lotti più efficienti per la filiera, anche dal punto di vista della sostenibilità. «Bisognerà valutare nuove soluzioni di imballaggio, movimentazione e stoccaggio delle merci alla ricerca di maggiore efficienza», ha sottolineato Marchet.

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Fig. 2 - Il differenziale di costo per unità di carico intere e a strati

Utilizzando il Simulatore di Riordino Ottimo di filiera - SI.RI.O. - uno strumento che consente di valutare il differenziale di costo tra diverse ipotesi di riordino per una determinata referenza sviluppato da GS1 Italy | Indicod-Ecr e disponibile per le aziende della filiera, Marchet ha dimostrato che il «parametro più importante per la scelta del lotto di acquisto è il numero di colli per strato e, solo in second’ordine, il valore unitario del collo. Infatti, dall’analisi comparativa risulta che al diminuire del numero dei colli per strato e del valore del collo, aumenta la convenienza delle unità di carico intere e per valori di domanda inferiore ai 20 colli/mese, si rileva un sensibile aumento del costo del processo order to delivery sino a 1,5 euro per collo. Non vi è quindi significativa relazione tra valore del colle e costo del processo dell’ordine, anche se gli oneri finanziari sono direttamente proporzionali al valore del collo».

La supply chain dei freschi di Conad

I benefici della logistica collaborativa sono stati evidenziati da alcuni casi presentati da esponenti di industria e distribuzione. Tutti hanno ribadito il blocco di tipo culturale che ancora è diffuso e che si traduce in una scarsa propensione al cambiamento, in mancanza di fiducia tra gli attori coinvolti e in una comunicazione migliorabile soprattutto tra logistici e responsabili commerciali. «Mi piacerebbe che attorno al tavolo delle contrattazioni un giorno i responsabili commerciali fossero accompagnati dai responsabili della logistica», ha esordito Andrea Mantelli, responsabile supply chain di Conad, che però ha evidenziato anche che la ricerca di efficienza in un contesto più ampio, la consapevolezza di un processo logistico più maturo e allargato alla supply chain, la realizzazione di “piloti” collaborativi e la pubblicizzazione di risultati misurabili, nonché un ricambio generazionale auspicato sono dei potenti acceleratori dell’evoluzione del processo collaborativo. Illustrando la supply chain dei prodotti freschi di Conad, con particolare riguardo ai prodotti a marchio del distributore, Mantelli ha evidenziato i punti principali: la pianificazione della domanda con un programma di determinazione del forecast che consente di inviare giornalmente/settimanalmente l’evoluzione del dato previsionale ai fornitori, «strumento fondamentale per governare l’imprevedibilità della domanda»; un sistema di riordino da hub a fornitore, con l’ottimizzazione dei parametri logistici dell’ordine (eliminazione dei basso rotanti, allineamento delle anagrafiche logistiche, analisi dell’unità di carico più adatta); prenotazione degli slot di scarico e passaggio al pallet pooling; rapporto di condivisione con diversi fornitori del trasporto con regole e costi trasparenti. «Per quanto riguarda i prossimi passi - ha concluso Mantelli - le prossime aree di lavoro sono l’asset sharing, un progetto di efficienza dei trasporti primari, un allargamento dell’esperienza ai prodotti di marca, un miglioramento del riordino in tutto il sistema Conad».

La supply chain 2.0 di Nestlé Purina

Il cambio culturale da parte sia del distributore sia del produttore per applicare logiche win-win è auspicato anche da Marco Porzio, supply chain director of south european region di Nestlé Italiana che, anche lui, ha prefigurato l’evolversi della cultura aziendale verso la rottura dei confini esistenti tra le aree commerciali e quelle operative.

Nel ridisegno della supply chain di Nestlé Purina l’obiettivo principale è stato quello di recuperare efficienza nelle modalità di riordino, cercando di superare le consolidate logiche di ricerca dell’ottimizzazione solo di alcune parti della catena del valore, in particolare i livelli di scorta. I risultati hanno riscontrato «interessanti benefici economici - ha affermato Porzio - quando i modelli decisionali prendono in considerazione non solo i costi di una singola attività/fase ma anche i costi totali della filiera. Nel caso dell’order to delivery, le riduzioni di costo che si possono ottenere nelle aree logistiche/amministrative sono in grado di compensare ampiamente gli incrementi dei costi di mantenimento stock».

Il convegno ha inoltre offerto una panoramica sulle attività nell’agenda di Ecr Italia, presentata dai rappresentati delle aziende aderenti.

Il tema Intermodability® è stato affrontato da Marco Digiacomantonio, transportation manager Italy di Procter & Gamble. Paolo Rangoni, direttore supply chain di Carrefour Italia, ha offerto un approfondimento dedicato a “Modelli e costi di gestione dei Pallet”. Di “Optimal Shelf Availability” ha parlato Mauro Maiocco, value chain and customer relations manager di LOréal. A “Eccedenze alimentari e riduzione degli sprechi” ha dedicato il suo intervento Carlo Delmenico, direttore responsabilita sociale d’impresa di Sma.

I contributi e i risultati delle attività dedicate alla ricerca di efficienza nel largo consumo in ottica collaborativa, tra cui le esperienze di transport & asset sharing, i lavori sul trasporto intermodale, le analisi sui costi logistici di filiera e sulla mappatura dei nodi logistici, i progetti in corso e tutti gli strumenti e le informazioni utili alle aziende per attivare con successo i necessari processi sono presentati nel nuovo sito web “Logistica collaborativa” 

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A cura di Fabrizio Gomarasca