02. Distribuzione, agricoltura, industria: un rapporto adulto
In questo suo farsi marca, per la MDD diventa centrale una visione di filiera, in particolare nei riguardi del mondo agricolo e agroindustriale perché, come osserva Roberto Della Casa, Docente di Marketing dei prodotti agroalimentari e Gestione delle imprese agroalimentari dell’Università di Bologna, la distribuzione moderna è cruciale per il mondo agricolo. Secondo Della Casa, che ha svolto una ricerca accurata su dieci circoscrizioni economiche e territoriali di natura distrettuale, nell’ultimo triennio la Gdo ha apportato 127 milioni di euro in più, contro i 100 persi negli altri canali, ma, aggiunge, «Siamo alla presenza di filiere dominate dai costi».
Per i dieci distretti individuati, di cui nove producono Dop e Igp, che generano il 61% del proprio fatturato in Gdo, i fattori critici di successo variano da una filiera all’altra (si va dalla Pera Abate dell’Emilia Romagna alle arance rosse di Sicilia, alle mele dell’Alto Adige al Parmigiano Reggiano, per citarne solo alcune). Ma in sintesi sono riconducibili a dover raggiungere livelli di concentrazione della produzione (da leggere come aggregazioni tra imprese a prescindere dalla forma giuridica) in grado di destinarla all’esportazione. Se infatti il problema è quello della redditività della filiera, non ha senso concentrarsi sul prezzo, ma occorre cercare sbocchi all’estero, come alcuni casi di successo insegnano. «Dobbiamo aumentare la capacità di esportare - afferma Della Casa - e mai come ora la MDD può svolgere un ruolo attivo nella ricerca e individuazione di nuovi target, nello sviluppare un marketing dell’esperienza, nel lavoro comune con l’agroindustria per ridefinire alcuni processi, studiare dei packaging intelligenti, sviluppare una logistica integrata».
«È arrivato il momento - commenta Francesco Pugliese - che mondo agricolo e distribuzione ragionino meglio e di più insieme per uscire dall’attuale situazione senza prevaricazioni. O ci mettiamo d’accordo su come semplificare le filiere e dare stimoli all’innovazione, oppure molte filiere scompariranno». E di rimando il presidente Coldiretti Roberto Moncalvo enumera i temi su cui confrontarsi: «Come vogliamo giocarci il futuro? In chiave tattica, badando solo al prezzo, oppure elaborando una strategia per valorizzare gli elementi veri del cibo italiano? I temi sono diversi: la qualità, la distintività, e non parlo solo di Dop e Igp, la sicurezza alimentare, la legalità, la sostenibilità ambientale e sociale. Questi sono temi fondamentali sui quali l’agricoltura italiana può veramente giocarsi il futuro».
Sono sfide ai quali anche l’industria non si sottrae, visto il peso che ricopre nell’economia nazionale e che Roberto Bucaneve direttore del Centro Studi di Centromarca e Procuratore Ibc sintetizza in qualche cifra: «L’industria dei beni di consumo rappresenta il 22% della produzione industriale, il 23,9% dell’occupazione complessiva, il 23,7% del valore aggiunto e pesa il 5% del Pil nazionale, ma questo peso non è riconosciuto dalle istituzioni. La crisi di questi anni, poi, ha depauperato la capacità competitiva di questo settore industriale (-14% il calo dell’occupazione, -10% gli occupati). C’è il rischio di una perdita di tenuta di una parte importante del tessuto economico e produttivo italiano».
Per questo Ibc, proprio nel momento in cui l’adozione della riverse charge sull’Iva può dare un colpo esiziale alla tenuta finanziaria delle imprese industriali e della distribuzione, ha scelto il palcoscenico di Marca per presentare il libro bianco sull’industria dei beni di consumo in Italia. Come fare riacquistare vigore, allora, alla fabbrica dei consumi? Utilizzando l’unica leva che l’industria italiana ha a disposizione: puntare a prodotti di maggiore qualità e occupare nicchie della fascia alta perché l’industria italiana ha capito che non può competere a livello globale sul prezzo. Lo affermano anche i consumatori intervistati da Ipsos, per i quali il prezzo è sì importante nel guidare gli acquisti, ma al primo posto vi è la qualità. È però una qualità declinata non solo nel valore intrinseco, ma in tutti i valori intangibili, come la produzione italiana, la marca, la sostenibilità.