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Oltre il Pil. Come l’Europa può uscire dalla crisi

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Di quale sistema economico ci sarebbe bisogno per superare la crisi e, più in dettaglio, di quali scelte a livello d’Europa s’è parlato, il 10 maggio scorso a Milano, in occasione del convegno organizzato dall’università Bocconi e dal Corriere della Sera per la presentazione della terza ricerca del CReSV Bocconi dal titolo «Oltre il Pil: un nuovo concetto di valore. La sostenibilità dall’azienda al sistema paese». Convegno cui hanno partecipato il premio Nobel per l’economia 1989 e professore della Harvard University, Amartya Sen, e quattro rappresentanti delle istituzioni, del mondo economico e accademico italiano: Emma Bonino, vice presidente del Senato, Enrico Cucchiani, consigliere delegato e ceo d’Intesa San Paolo, Andrea Illy, presidente e amministratore delegato di Illycaffè e Andrea Segrè, preside della Facoltà d’Agraria dell’università di Bologna e presidente di Last Minute Market.

Più democrazia e unità politica per l’Europa

Introducendo la discussione Sen è ricorso alla metafora del gioco indiano dei serpenti (il pericolo) e delle scale a pioli (la salvezza) per analizzare i problemi dell’Europa e le loro possibili soluzioni.
«Alla base delle attuali difficoltà dell’Europa», ha esordito il premio nobel per l’economia, «c’è il fatto che ha messo da parte il suo spirito democratico, ha escluso il popolo dalle discussioni sulla cosa pubblica, ed è soggiaciuta alle pressioni di gruppi finanziari di una certa area dell’Ue e della Banca Centrale Europea e, indirettamente, a quelle delle agenzie di rating, che hanno un impatto fortissimo sui mercati finanziari, che i governi non possono permettersi d’ignorare. Il tutto senza neppure mettere in dubbio l’effettiva utilità d’implementare misure draconiane d’austerity».

Per cambiare questo stato di cose, secondo Sen, occorrerebbe una leadership politica coesa, che mettesse in discussione la visione campanilistica dell’austerità a tutti i costi, peraltro in declino con l’uscita di scena di Nicolas Sarkozy. Una buona politica che, per essere tale, non deve soltanto sapere cosa fare, ma anche quando farlo. Ridurre il deficit nel momento in cui l’economia rallenta a oggi non è riuscito ad alcun paese.

«Il secondo problema dell’Europa», ha proseguito Sen, «è l’aver scelto di dotarsi di una moneta unica, ma non anche di un sistema fiscale unico e di non aver fatto significativi passi in avanti nel processo d’unificazione politica».
Il premio Nobel è insomma un euro-scettico della prima ora in quanto ritiene che, con l’introduzione dell’euro, i paesi Ue hanno rinunciato alla loro indipendenza in fatto di politica monetaria e allo strumento dell’aggiustamento del tasso di cambio, che in passato ha consentito a più di un paese d’uscire da situazioni difficili.

Più attenzione all’individuo

«La gravità della crisi attuale», ha asserito Sen, «e il terzo grosso problema dell’Europa è quello d’aver fatto scelte sbagliate. La Grecia, da tempo afflitta da corruzione e da una cattiva gestione finanziaria, nel 2008 non era in una crisi così grave come quella in cui è stata costretta ora. Temo che una cattiva gestione della crisi possa contagiare anche l’economia americana nella quale le riforme, per altro di portata modesta, proposte da Barak Obama faticano a passare al Congresso».

Non potendo disfare quanto ha fatto nel recente passato, secondo Sen, l’Europa dovrebbe cambiare gradualmente rotta. «Dovrebbe cominciare col salvare le imprese e le banche in gravi difficoltà», ha osservato il premio Nobel, «per proseguire con una riorganizzazione economica di lungo respiro. Ciò richiede, però, un dibattito pubblico su quanto sia fattibile economicamente, eticamente e politicamente. Andrebbe insomma limitato il potere di decisione unilaterale dell’attuale leadership economica europea, a favore di un maggiore coinvolgimento democratico».

Le soluzioni per superare la crisi

Per evitare d’imbattersi in nuovi pericolosi serpenti, sempre secondo Sen, l’Europa dovrebbe innanzitutto favorire la crescita economica, per essere in condizioni di fare interventi di riduzione del debito. E soprattutto adottare politiche sociali illuminate, che tengano conto delle necessità degli individui. Dovrebbe insomma coniugare la teoria keynesiana dell’intervento pubblico per sostenere la domanda interna e favorire la piena occupazione, con quelle di Adam Smith e di altri economisti come Arthur Cecil Pigou, Paul Samuelson e Kenneth Arrow attenti anche alla giustizia sociale, ai deboli, ai poveri.

«Un ragionamento illuminato che tenga conto delle necessità dei cittadini», ha concluso Sen, «porterà i politici a capire cosa occorra realmente fare. Una posizione, la mia, ben lontana dalla teoria della prevalenza della finanza portata avanti dalle istituzioni finanziare centrali dell’Europa d’oggi, che impongono la loro visione dogmatica, ma campanilistica, che impatta sul mondo intero. Il sistema economico di cui abbiamo bisogno, ne sono convinto, deve coinvolgere sia una economia di ampie vedute sia una politica democratica omnicomprensiva come la intendeva John Stuart Mill quando parlava di governo attraverso la discussione».

Pro e contro dell’euro

Commentando le tesi di Sen, Bonino s’è dichiarata d’accordo con lui sul fatto che la debolezza dell’euro risieda nell’incompiutezza dell’unità politica europea. Unità per la quale continuerà a spendersi. Sulla situazione italiana la vicepresidente del Senato ha espresso la sua convinzione della necessità d’affidare il governo del paese a persone investite di questo compito tramite elezioni e la preoccupazione per il fatto che la paura, il nazionalismo, il populismo stiano intercettando il compenso degli elettori italiani.
Cucchiani, pur riconoscendo le carenze della moneta unica, ha richiamato l’attenzione della platea sul fatto che, comunque, l’euro ha contribuito a una crescita del 3,5% del Pil europeo, valutabile in 330 miliardi di euro, ossia grossomodo in 100 euro a persona. «Quanto alla politica o alla debolezza della politica», ha detto Cucchiani, «il problema maggiore oggi in Europa non è tanto quello dei tecnocrati al governo, quando quello del populismo che ha eroso quote di mercato alla democrazia e che ha portato a una visione di breve termine della politica. I tecnocrati sono sostitutivi, sono una necessità che compensa le carenze di meccanismi democratici che sono andati alla deriva». Cucchiani ascrive al populismo anche l’ostilità generalizzata nei confronti del mondo finanziario. «Non sono la finanza o le banche in sé a essere perniciose», ha concluso il ceo d’Intesa San Paolo, «ma la mancanza di controllo o la cattiva interpretazione del ruolo del banchiere».

La soluzione è nella sostenibilità

Segrè, per parte sua, ha osservato come la discussione sull’inadeguatezza del Pil si sia solo di recente focalizzata sul fatto che quest’indicatore non tiene conto del consumo e del deprezzamento del capitale naturale. «Questa crisi», ha affermato Segrè, «dovrebbe farci cambiare prospettiva. È tempo di porci il problema dei consumi eccessivi che generano una mole di rifiuti di difficile gestione e che rappresentano un costo economico e ambientale».

E se Segrè ha auspicato che l’economia diventi un capitolo dell’ecologia ossia della gestione del pianeta, Illy ha espresso la convinzione che una risposta ai problemi d’oggi potrebbe venire dall’adozione da parte di migliaia d’imprese di politiche di shared value, di generazione di valore per tutti gli stakeholder. «Mai come oggi», ha detto Illy, «risulta evidente che, così com’è, il nostro mondo è totalmente insostenibile. La crisi che stiamo vivendo non è esplosa nel 2009, ma nel 2001 con lo scoppio della bolla di internet. Da allora per 10 anni non c’è stata crescita e i tentativi dei governi di promuoverla con politiche monetarie si sono tradotti nell’acuirsi dei debiti degli stati.

Deficit che ora non sappiamo come ripianare. Un modo per tornare a crescere però l’Europa può trovarlo nell’investire in tecnologie ambientalmente sostenibili. Già oggi il 50% degli investimenti in energia sono in rinnovabili. Sono previsti un trillione d’investimenti in energia solare di qui al 2030. E nel 2014 arriveranno sul mercato almeno una decina di modelli d’automobili elettriche». Le risposte ecologiche è il messaggio d’ottimismo di Illy, ci sono in tutti i campi. Tutto sta ad avere il buon senso di prenderle in considerazione.

*tratto dal suo intervento durante il convegno «Oltre il Pil: un nuovo concetto di valore. La sostenibilità dall’azienda al sistema paese»