Regioni d'Europa: chi è più competitivo?
l'opinione di
La Commissione Europea ha appena pubblicato la prima edizione dell’indice di competitività regionale, Rci. Ispirato al Global Competitiveness Index del World Economic Forum (Wef), l’indice cattura, in undici pilastri e quasi settanta variabili, la competitività delle regioni europee a quello che gli statistici chiamano il livello Nuts 2. Per l’Italia corrisponde alle nostre regioni, in totale ventuno unità geografiche, visto che le province autonome di Trento e Bolzano sono considerate separatamente. Complessivamente, sono state analizzate 268 regioni appartenenti alla Comunità.
I pilastri dell’indice
Il concetto di competitività si è evoluto in tempi recenti. Inizialmente concepito e disegnato per la valutazione delle imprese, è stato in seguito esteso alla riuscita dei paesi, come accade con l’indice del Wef e in altri descritti nel rapporto della Commissione. L’indice regionale si situa a un livello intermedio e tenta di rispondere a importanti domande, quali ad esempio se sia maggiore la varietà all’interno dei paesi o quella fra paesi, quale sia il livello di eterogeneità delle regioni europee e quali siano i fattori che determinano queste differenziazioni. La filosofia dominante del rapporto è la necessità di misurare un certo fenomeno per poterlo comprendere e controllare, secondo l’insegnamento di Lord Kelvin: «if you can not measure it, you can not improve it».
I dati utilizzati provengono per la maggior parte da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea, ma anche dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), in particolare per quanto riguarda l’efficacia del sistema educativo di base (Pisa) e i brevetti. Altre variabili provengono dalla Banca Mondiale (Indicatori di Governance Globale, il Doing Business Index).
Gli undici pilastri sono mostrati in figura 1. Si va dai pilastri che descrivono i fattori di base di un’economia, a quelli che caratterizzano livelli più avanzati di sviluppo economico, come quelli legati alla capacità innovativa e al livello tecnologico della regione. Per ragioni di comparabilità, la pesatura di ciascun gruppo di pilastri nel calcolo dell’indice finale avviene in maniera diversa per paesi a diverso stadio di sviluppo (medio, intermedio e alto). Il fine è quello di rendere ciascuna regione comparabile con quelli di differenti livelli di sviluppo. Il livello di sviluppo è assegnato in base al prodotto interno lordo.
La posizione dell’Italia
Come se la cava l’Italia? Chi si aspettasse di vedere almeno alcune ragioni italiane nel pacchetto delle migliori, rimarrebbe deluso.
I valori dell’indice Rci variano fra zero e cento, e le regioni italiane non vanno oltre la quarta banda di colore in figura 3, corrispondente a valori fra il 49.5 e il 66 (Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Lazio e Liguria). Le regioni più in difficoltà si trovano nella seconda banda (16 - 33) e sono Molise, Basilicata, Calabria e Sardegna.
Ma cosa frena le regioni italiane storicamente considerate come le più competitive? Quali sono i fattori che incidono di più? Sicuramente i fattori che descrivono la qualità delle istituzioni, così come percepita dai cittadini, e l’efficacia del sistema educativo di base (fino alla scuola secondaria di primo livello), in termini di capacità acquisite dagli studenti. Altri pilastri, quelli che descrivono il mercato del lavoro e il livello di sofisticazione e innovazione del sistema produttivo, sono caratterizzati da un’elevata eterogeneità tra le regioni, con una separazione tra quelle del Nord e quelle del Sud.
Se poi conduciamo l’analisi per i singoli pilastri, troviamo spesso le regioni del Sud Italia nelle ultime posizioni rispetto a tutte le regioni europee. Le regioni meridionali ottengono un basso punteggio (inferiore al decimo percentile) in particolare nei pilastri che descrivono il livello d’istruzione e di apprendimento permanente della forza lavoro e l’efficienza del mercato del lavoro. Dall’altra parte, regioni come la Lombardia, il Lazio, Piemonte e l’Emilia-Romagna occupano posizioni d’eccellenza, superiori all’ottantesimo percentile, in aspetti relativi alla sofisticazione del sistema produttivo - come il livello di occupazione e creazione di valore aggiunto in settori high-tech e la presenza di distretti industriali.
Le conclusioni del rapporto della commissione europea mostrano la relazione tra il prodotto interno lordo (anno di riferimento il 2007) e l’indice di competitività regionale, entrambi normalizzati rispetto ai valori minimi e massimi regionali europei. Nel complesso, i due indici mostrano una relazione positiva. È interessante segnalare alcune realtà: le province autonome di Trento e Bolzano o la Val d’Aosta mostrano un livello di competitività inferiore rispetto alle proprie potenzialità. La competitività di Val d’Aosta e provincia autonoma di Bolzano è particolarmente penalizzata dal pilastro che rispecchia il livello d’istruzione e d’apprendimento permanente della forza lavoro, mentre la provincia autonoma di Trento ottiene uno tra i punteggi più bassi nel pilastro che descrive il sistema infrastrutturale della regione.
EU Regional Competitiveness Index 2010, European Commission, Joint Research Centre
(Tratto dal sito www.lavoce.info)