economia

Torniamo a dare i numeri

l'opinione di

Francesco Daveri

Con raro tempismo, in coincidenza con l’annuncio che l’economia italiana è in recessione, l’Istat pubblica ventiquattro tabelle che aggiornano le informazioni sulla crescita aggregata e settoriale dell’economia italiana fino al 2007. Alcuni dei dati più importanti sono riassunti nella tabella 1.

La tabella riporta dati relativi a tre periodi particolarmente significativi nell’attuale congiuntura, per l’economia italiana e per l’industria in senso stretto. Nella prima colonna, si trovano i dati sulla crescita del Pil, delle ore lavorate, del Pil per ora lavorata per il 2006-2007, un biennio in cui la congiuntura economica positiva aveva fatto ben sperare molti. Nella seconda e terza colonna sono invece riportati i dati medi per periodi di tempo più lunghi, in modo da confrontare l’andamento delle variabili depurando il più possibile dall’effetto delle oscillazioni cicliche. Ho quindi calcolato le medie prendendo come punti di inizio e di fine gli anni di picco massimo del ciclo economico: 1992, 2000 e 2007, anni che hanno preceduto le recessioni o almeno i rallentamenti significativi del 1993, del 2001 e del 2008. Le medie calcolate sono quindi almeno parzialmente depurate dall’andamento del ciclo economico.

Conferme dai dati

I dati della tabella 1 confermano alcuni fatti noti sulla crescita economica italiana. L’attuale rallentamento o recessione non è solo un episodio congiunturale ma, almeno per l’Italia, è la continuazione di un trend negativo di crescita che ha cominciato a manifestarsi con evidenza più o meno a partire dalla metà degli anni Novanta.
Nella tabella, i dati del 1992-2000 ci sembrano dati da età dell’oro: +2% di crescita del Pil e della produttività. Ma sono in realtà numeri assai più bassi di quelli registrati in Italia nei decenni precedenti. In questa luce, la ripresa 2006-2007 appare come una “ripresina”: nel 2006-07, anni in cui probabilmente l’economia italiana ha fatto meglio della “sua” media, il Pil è infatti cresciuto come nell’intero periodo 1992-2000, periodo che include anche la recessione del 1993. Vuol dire che la crescita sostenibile di lungo periodo per l’economia italiana è oggi probabilmente non lontana dall’1% annuo.

La tabella 1 ci indica anche che nel tempo è cambiata la natura del processo di crescita dell’economia italiana. Nel 1992-2000, la crescita del Pil era uguale alla crescita della produttività del lavoro (Pil per ora lavorata), a sua volta per due terzi indotta da una crescita della produttività totale dei fattori, cioè della rozza misura dell’efficienza che i macroeconomisti sono in grado di calcolare con i dati aggregati disponibili. Dopo il 2000, e anche nel 2006-2007, la crescita del Pil è invece solo trainata dalla crescita delle ore lavorate totali. Le leggi Treu e Biagi, che hanno portato a una accresciuta flessibilità nel funzionamento del mercato del lavoro, hanno anche indotto un netto cambiamento rispetto al passato: in Italia si è cominciato a creare posti di lavoro, brutti o belli che siano, per categorie che una volta stavano sulla porta del mercato del lavoro e non ci entravano mai. Si può fare di più, ma almeno oggi ci entrano: non è un risultato disprezzabile.

Infine, piuttosto sorprendentemente, il dato sull’importanza esclusiva dell’andamento delle ore lavorate per la crescita del Pil vale anche per l’industria nel suo complesso. Tutto ciò è in contrasto con molte delle osservazioni sentite negli ultimi anni sulla rinnovata capacità di innovare delle imprese italiane nel biennio 2006-2007. Se le imprese hanno ripreso a innovare, questo dovrebbe tradursi in buoni dati sull’andamento della produttività nel settore industriale. Invece, vediamo che la produttività mostra addirittura un andamento declinante nel biennio. O i dati Istat sono gravemente sbagliati oppure la buona o eccezionale performance di qualche impresa italiana ha in questi anni nascosto problemi di non poca entità per la maggioranza delle altre. In ogni caso, temi di grande rilevanza per la politica economica.

(*Tratto dal sito www.lavoce.info)