Sostenere i consumi per tornare a crescere
l'opinione di
Pochi temi, come lo sviluppo dei consumi di un Paese, sono così penetranti la sua società da poter caratterizzare lo stadio di sviluppo e la prosperità della sua popolazione. Ecco perché quando parliamo dei consumi nel nostro Paese descriviamo in larga misura il nostro stato di salute e, soprattutto, le nostre possibilità di stare bene nel futuro.
Ma il tema è oggi ancora più di attualità in Italia. Lo è perché oggi più che mai la crescita dei consumi nel nostro Paese è strettamente legata alla sua capacità di rimettere ordine al proprio interno per tornare a crescere.
Se non riusciremo a fare questo difficilmente le imprese e la società civile italiana potranno guardare con ottimismo al futuro e quindi a investire con serenità in prodotti e servizi che contribuiscano a migliorare la vita delle persone.
Il quadro di riferimento
Nel 2006 il Prodotto interno lordo è cresciuto del 2,0% toccando i massimi dal 2000. Gli analisti hanno scritto che l’economia italiana è tornata a correre molto più velocemente di quanto ci si potesse aspettare, visto che le previsioni del governo si attestavano sull’1,6%. È un tasso di crescita che non si registrava da diversi anni, che insieme al buon andamento delle entrate e del fabbisogno dovrebbe alleggerire lo sforzo necessario per rientrare nei parametri di Maastricht.
L’industria italiana nella sua globalità, peraltro, nel 2006 ha archiviato una crescita dell’8,3% del fatturato e del 10,7% degli ordinativi. Sono senza dubbio le migliori performance registrate dal 2000.
Ed i consumi?
Secondo i parametri registrati da Istat, il 2006 si è chiuso con una crescita dell’1,3% delle vendite al dettaglio. I prodotti alimentari hanno chiuso l’anno con una crescita dell’1,5% e il non food dell’1,0%. Siamo ritornati agli stessi valori di spesa di 5 anni fa, considerando anche l’inflazione. Un anno non certo entusiasmante.
(Fig.1 - Spesa annua per famiglia di beni di largo consumo)
Le valutazioni sul 2007
Guardiamo ora che cosa ci riserva il 2007. Quest’anno la crescita del Prodotto interno lordo dell’Italia dovrebbe attestarsi (come sapete le previsioni non coincidono…) tra +1,4% e +2,0% contro l’1,9% del 2006.
Siamo certo ancora in crescita ma lontani dai tassi stimati per gli Stati Uniti (2,6%), per la Spagna (3,7%) o per la Gran Bretagna (2,7%). E comunque al di sotto del 2,4% previsto per l’Unione Europea a 13.
(Fig.2 - Gli obiettivi 2007 in Europa)
Per questo gli economisti consigliano di guardare con molta cautela al 2007. Sarà questo quindi un anno di rallentamento dell’economia, dopo un 2006 in cui è stato registrato un effetto di rimbalzo largamente dovuto alla favorevole congiuntura internazionale.
Evidentemente la domanda interna non è ancora robusta a sufficienza per sostenere da sola la crescita. E nel 2007 continuerà a svilupparsi sotto la media UE.
L’esame delle proiezioni 2007 elaborate dal Centro Studi Centromarca sull’andamento delle vendite Grocery - cioè relativi a beni di base come l’alimentare confezionato e la detergenza per la casa e per la persona – sono allarmanti. A febbraio, il progressivo delle vendite 2007 a parità di rete mostra un preoccupante segno negativo: - 4,2%. Segno meno anche a livello di aree Nielsen: dal -3,1 in Area 2 al -6,30 in Area 4. Questo trend negativo è un fatto senza precedenti. Lo è anche se comparato ad anni assai difficili come il 2004 e 2005.
È come se le famiglie italiane avessero deciso di tirare il freno a mano.
Nonostante il clima di fiducia sul Paese abbia registrato un miglioramento complessivo, in questo inizio d’anno pare si voglia soprattutto riflettere sui consumi per vedere quali effetti la manovra economica varata dal Governo andrà a determinare sui redditi delle famiglie.
In parole povere i consumi basici nel 2007 non stanno crescendo.
E non si riesce ancora a capire se questo trend sia un fatto micro-congiunturale o strutturale e quindi di lungo periodo. Ma ci sono anche altri elementi sistemici di grande rilevanza, relativi al 2007, che i centri studi ci evidenziano e dobbiamo tenere in forte considerazione:
1) il rallentamento del tasso di crescita del Prodotto interno lordo (Fig.3 - Le dinamiche del Pil);
2) l’incremento della pressione fiscale, che implicherà una riduzione della spesa reale per i consumi;
3) la mancanza di concorrenza in molti comparti che non favorisce certo il contenimento dell’inflazione.
Sul tema inflazione è bene ribadire in questa sede che industria e distribuzione hanno avuto in questi anni, ed hanno tuttora, un ruolo di grandissima rilevanza sul calmieramento dei prezzi, agendo sempre con grande senso di responsabilità e prudenza ogni volta costretti ad agire sui listini per effetto degli aumenti dei costi delle materie prime, dell’energia, dei trasporti, del rinnovo dei contratti di lavoro.
Mi preme ricordare che la molla dei prezzi alimentari alla produzione è stata a lungo compressa. Essi erano scesi dell’1,1% nel 2004 ed erano risaliti nel 2005 di un marginale + 0,1%.
(Fig.4 - Quote di spesa nel lungo periodo)
Anche i segnali di accelerazione rilevati dall’Istat in questo inizio 2007, oltre a fare riferimento a un comparto che pesa solo per il 16% sul paniere di spesa degli italiani, sono strettamente legati all’aumento anomalo dei costi energetici emerso nel corso dell’ultimo anno insieme alla lievitazione delle quotazioni internazionali di alcune materie prime alimentari.
Le azioni risolutive
Credo sia evidente che quella parte di ripresa che si riscontra oggi anche in Italia sia soprattutto dovuto alle nostre imprese. E per imprese intendo quelle che operano nei mercati in cui la concorrenza non è un principio teorico al quale ispirarsi, bensì un dato di fatto con il quale confrontarsi ogni giorno. E per imprese non intendo soltanto gli imprenditori, gli azionisti, i manager, ma anche e soprattutto tutti i dipendenti delle nostre imprese, che sono chiamati a contribuire con il prelievo fiscale in busta paga al funzionamento di un Paese ancora largamente migliorabile.
In questi mesi, come molti di voi, ho seguito con grande attenzione gli sviluppi in atto nelle scelte di politica economica. Ho apprezzato alcuni interventi messi in atto dall’esecutivo, ma credo che quanto è stato fatto finora non sia sufficiente per agguantare la ripresa globalmente in atto e soprattutto a determinare quel cambiamento strutturale che tutti noi auspichiamo e tanto stiamo attendendo. Normative arcaiche, burocrazia, frazionamenti di competenze imbrigliano l’attività imprenditoriale, in un contesto di riferimento caratterizzato da:
- elevato debito pubblico;
- insostenibilità del Welfare;
- bassa produttività;
- scarsa liberalizzazione dei mercati;
- ridotte dimensioni delle imprese;
- bassi investimenti in ricerca e sviluppo;
- forte peso della burocrazia.
L’Italia è oggi più che mai di fronte a un bivio. O si creano le condizioni perché le imprese possano competere al meglio delle loro possibilità oppure ci dobbiamo rassegnare a giocare un ruolo da comprimari, ad avere un tessuto industriale destinato ad indebolirsi e a produrre sempre meno ricchezza. Perché nel mercato globale le vie di mezzo sono destinate a sparire e ci sarà spazio solo per chi saprà competere ed eccellere.
Come sistema di imprese il mondo del largo consumo ha fatto molto in questi anni per migliorare i suoi livelli di efficienza e efficacia operativa, grazie anche alla collaborazione con l’esecutivo. Tuttavia resta ancora molto da fare e per questo crediamo sia fondamentale, vitale, rafforzare ulteriormente il dialogo con le istituzioni. Mi auguro che Indicod-Ecr, l’istituto di riferimento per oltre 30mila imprese industriali e distributive, che ho l’onore di presiedere in questo biennio, possa costituire sempre di più una cabina di regia per tutte le iniziative e i nuovi progetti che vadano ad aggiungersi a quelli varati con successo in ambiti come la tracciabilità o l’identificazione automatica dei prodotti attraverso la radiofrequenza.
Ed è chiaro che in mancanza di vere riforme strutturali e un clima socio politico più sereno il mondo delle imprese da solo non potrà cavalcare in modo duraturo i benefici della ripresa internazionale, con ripercussioni pesanti
- sulla competitività del sistema Paese;
- sull’occupazione;
- sul livello di benessere complessivo della popolazione.
I risultati delle ultimissime analisi sul sentiment degli imprenditori svolte dal Centro Studi di Indicod-Ecr ci dicono quanta sia alta l’attenzione del mondo del largo consumo sulle scelte di politica economica che influenzano ogni giorno i mercati sui quali operiamo.
(Fig.5 - Il giudizio sulla manovra economica)
Ebbene, i nostri manager ed imprenditori dicono chiaramente che le scelte di politica economica non stanno creando le condizioni per un cambio netto rispetto al passato, rinunciando così a dare la giusta intensità, la giusta forza anche ad interventi, per esempio quello sulla riduzione della tassazione sul lavoro, che vanno nella direzione giusta.
I nostri imprenditori non credono in una politica che da una parte afferma di perseguire obiettivi di rigore e sviluppo e dall’altra non fa seguire scelte strutturali capaci di modificare le cose.
In questo modo non si va da nessuna parte: né si rilancia la domanda né si favoriscono gli investimenti.
Raccogliamo la sfida per il futuro
Terminando la mia analisi basata su dati ancora largamente migliorabili e politiche di Paese ancora insoddisfacenti non posso non far emergere il fattore che da sempre contraddistingue chi fa impresa: l’ottimismo e la positività.
Colleghi delle imprese e stimati politici, rendiamoci conto dell’enorme capitale che si racchiude nel nostro Paese. Secoli di storia e di grande coraggio, di arte e di grande creatività, di impresa e di grandi risultati fanno dell’Italia un Paese di straordinaria rilevanza e soprattutto ancora di grande potenziale.
In questo momento in Italia, in Europa, nel mondo, si stanno creando le condizioni per una ripresa ma soprattutto si ridiscutono consolidati equilibri e si disegnano nuovi scenari. Mai come di fronte alle grandi sfide il nostro Paese in passato ha saputo trovare l’unità, l’impegno e soprattutto la passione per migliorare, per sacrificarsi, per vincere.
Raccogliamo la sfida e troviamo dentro di noi il coraggio del cambiamento. Questo Paese lo merita.
Mettiamo da parte gli interessi di pochi a favore degli interessi di molti, sfidiamo la momentanea impopolarità, stimoliamo un pensiero che sappia andare oltre l’imminente, ritroviamo valori alti della società civile e politica.
Non perdiamo questa straordinaria opportunità per riportare in alto il nostro Paese. Le future generazioni non ce lo perdoneranno. Insieme possiamo tornare a crescere e far prosperare l’Italia. Da soli non faremo niente.
*Sintesi dell’intervento alla ottava edizione del Forum Confcommercio “I protagonisti del mercato e gli scenari per gli anni 2000” - Cernobbio, 16/18 marzo 2007.
Dario Rinero è Presidente e Amministratore Delegato di Coca-Cola HBC Italia e Presidente di Indicod-Ecr.